www.repubblica.it, 14 febbraio 2018
A vuoto l’assemblea di A
L’assemblea della Lega di A, convocata per oggi, giorno di San Valentino, è andata deserta. Come da previsioni. Non si è nemmeno costituita l’assemblea elettiva convocata per le 11 su richiesta di 8 società. Il vice commissario Paolo Nicoletti, dopo aver atteso circa mezz’ora, riscontrando l’assenza di tutte le società, ha definito non costituita la riunione. Nicoletti, d’intesa con il commissario Giovanni Malagò, impegnato in questi giorni in Corea per le Olimpiadi invernali, valuterà quando convocare una nuova assemblea. Il prossimo appuntamento potrebbe essere fissato per il 27 febbraio, al ritorno di Malagò.
Ha vinto oggi il gruppo di club riformisti (Juve, Roma, Inter, Sassuolo, Sampdoria, Benevento, Bologna e Fiorentina) che stanno con il commissario Giovanni Malagò e aspettano il suo rientro dalla Corea. Ha perso il gruppo capitanato da Cairo, Lotito, Preziosi e De Larentiis che voleva votare subito, con tanti saluti a Malagò... Cairo era il capofila di quel gruppo di presidenti (subito allineato Lotito) che voleva come ad della Lega l’avvocato spagnolo Javier Tebas, simpatie franchiste da giovane, ora a capo della Liga professionistica di Spagna. Tebas aveva chiesto 1.200 milioni all’anno netti per venire in Italia, più 600.000 (netti) per il suo assistente. Una bella cifra che aveva fatto storcere il naso a qualche presidente. Ma le attenzioni italiane hanno portato buono a Tebas perché la Liga di Spagna ha subito rilanciato: da 600.000 euro, quale è il suo contratto attuale, gli ha proposto uno stipendio di 1.200.000 fissi, più 250.000 variabili (come ha adesso). Non solo: c’è anche una clausola anti-Italia, vale a dire che se Tebas volesse licenziarsi non potrà lavorare in un’altra Lega per due anni. Insomma, a questo punto è possibile, probabile, che Tebas resti in Spagna sino al 2021. In corsa come ad della nostra Lega litigiosissima e commissariata da quasi un anno resta soprattutto Luigi De Siervo, ad di Infront Italia, che ha portato nelle casse 1.050 milioni da Mediapro. Molti club sembrano disposti a scegliere lui (ma non Cairo che punterebbe, con altri, su Sami Kahale, ex ceo di Procter&Gamble). Intanto passa in mani cinesi il controllo del gruppo audiovisivo spagnolo Mediapro, nuovo padrone dei diritti tv anche in Italia. A fare una offerta – stimata in 900 milioni di euro – sul 53,5% di Mediapro è il fondo cinese Orient Hontai Capital che – come riferisce la stampa spagnola – dovrebbe acquisire le quote di proprietà dell’imprenditore Juan Abello (pari al 22,5% del totale), del gruppo messicano Televisa (19%) e del cofondatore Gerard Romy (12%). Resteranno nell’azionariato, ma anche nella gestione del gruppo, altri due fondatori Jaume Roures e Tatxo Benet, ognuno con il 12%. Anche la società britannica WPP dovrebbe confermare il proprio 22,5%.Nel 2016 Mediapro ha fatturato 1,536 miliardi di euro (+1,7%) con un utile di 162 milioni.
Ma non c’è da eleggere solo l’ad in Lega, ci sono altre cariche che restano scoperte, a cominciare da quella del presidente. E qui è notte fonda. Si scontrano due partiti, sono stati bruciati sinora fior di nomi illustri (da Veltroni a Catricalà, da Vegas a Del Sette) e non solo da Lotito. Resiste comunque la candidatura di Umbergo Gandini, ora ad della Roma e per tantissimi anni braccio destro di Galliani al Milan. Gandini è sicuramente uno dei manager più preparati, conoscitore anche del calcio internazionale e dei diritti tv. Malagò ora dovrà riportare la pace. Il suo piano è questo: una Lega unita (e per questo parlerà con amici e nemici facendo affidamento alle sue doti diplomatiche), regole certe e la serenità sui diritti tv (tutto risolto entro un mese o poco più). La prima assemblea del presidente del Coni come commissario sarà il 27 febbraio, subito dopo il rientro dai Giochi invernali. Ma all’ordine del giorno, almeno al momento, non sono previste le elezioni. Si dovrà mettere prima mano allo statuto: per cambiarlo ci vogliono 14 voti, cosa non semplice, poi si passerebbe alla maggioranza semplice dalla terza votazione, vale a dire da 14 preferenze si andrebbe a 11, e queste dovrebbe facilitare un accordo sulla governance, evitando quello stallo che sinora ha paralizzato la Lega di A, e aveva paralizzato pure quella di B. Malagò, come detto, avrà un compito durissimo: ma ha preferito fare il commissario della Lega di A piuttosto che quello della Figc, incarico affidato al suo braccio destro Roberto Fabbricini.
Diritti tv: la Premier incassa cinque miliardi
La Premier League dovrebbe incassare di meno dalla vendita dei diritti tv nel prossimo triennio, rispetto a quello attuale, anche se il divario con gli altri campionato e l’Italia in particolare resta enorme. Dopo l’assegnazione dell’ultimo contratto, Sky ha mantenuto la posizione di main broadcaster delle partite in diretta, acquisendo quattro dei sette pacchetti disponibili per il triennio 2019-2022, con l’emittente BT che ha invece acquisito l’altro pacchetto portando nelle casse dei club inglesi un totale di circa 5 miliardi di euro. Con ancora diverse partite da mettere in vendita, nel prossimo triennio diventeranno infatti 200 le gare trasmesse contro le attuali 168, l’obiettivo è di arrivare a sfiorare i 6 miliardi.
Dove la Premier League si aspetta di continuare a incassare, invece, sono i diritti televisivi all’estero. È lì che si scava ancora più ampio il solco con gli altri campionati. A novembre è stato firmato un accordo triennale a partire dal 2019 con la PPTV cinese del valore di 700 milioni di dollari, 10 volte l’attuale contratto per i diritti televisivi cinesi. Anche l’emittente statunitense NBC ha pagato 1 miliardo di dollari per le sei stagioni dal nel 2015 fino al 2021-22. Nell’ultimo bando la Premier League ha attuato una strategia volta a modificare il numero e la struttura dei pacchetti offerti per far salire i prezzi, attirando giganti della tecnologia come Amazon e Facebook. Finora questo interesse non è riuscito a emergere, anche se Amazon potrebbe ancora partecipare all’asta per gli ultimi due pacchetti. Anche in Italia, si è parlato di un possibile sbarco di Amazon nel mercato dei diritti tv del calcio ma per il momento questo non è avvenuto. La capacità delle società tecnologiche di trasmettere lo sport dal vivo “è ancora agli inizi”, ha spiegato ancora Bridge, che indica negli enormi costi di produzione e nella ’concorrenza slealè dello streaming online illegale i fattori che fino ad ora sembrano sconsigliare l’ingresso di questi operatori.