Libero, 13 febbraio 2018
Altro che uno sport da pensionati. Ho giocato a curling e sono a pezzi
State attenti: se stanotte doveste aver bisogno di un modo per combattere l’insonnia, non cercate la diretta di ItaliaCanada di curling al via all’una. E non solo perché gli azzurri, qualificati per la prima volta sul campo a 12 anni da Torino (il capitano è un volto noto di allora, Joel Retornaz), sfidano subito i campioni olimpici, ma, soprattutto perché che il curling è uno sport vero nonostante ricordi le bocce e si usino le scope. Lo abbiamo provato per voi: ci ha conquistato.
Appuntamento lunedì sera alle 21.30 a Sesto San Giovanni, a due passi da Milano. Al Palasesto mi accoglie Donatella Bennigartner, segretaria del Jass Curling Club ed enciclopedia vivente della disciplina. Mentre mi illustra i rudimenti, mi pento di aver pensato dal mio divano «sarà una passeggiata». Servono almeno tre mesi per essere presentabili, io in una sola serata ho capito questo: 1) Il ghiaccio è freddo, ma c’è chi gioca in maniche corte. 2) Il ghiaccio non è liscio, va bagnato per creare il peeble. Sono goccioline d’acqua che fanno scivolare le stone, che sono quelle enormi bocce di pietra con la maniglia. 3) Il ghiaccio fa attrito: la stone non viaggia dritta, ma ha bisogno di un tiro con l’effetto, che si chiama curl e dà il nome alla disciplina. 4) Sul ghiaccio non si scivola perché si gioca con delle pattine o delle scarpe speciali con una suola in teflon. 5) La stone pesa poco meno di 20 chili. Non è difficile da spostare, a meno che uno non debba portarsela in trasferta come facevano questi pionieri a inizio anni Duemila; quelle di Pyeongchang costano 520 euro l’una, sono prodotte solo con il granito di un’isola scozzese da un’unica azienda che ne costruisce otto al giorno. 6) Per giocare serve un fisico bestiale: si parte con un movimento difficilissimo, una specie di spaccata da mantenere mentre si scivola sul ghiaccio in equilibrio. 7) Mentre uno fa questo lavoro, gli altri spazzano (sweeping) per far andare più lontano la stone. Chi ti dice quando spazzare? Il capitano (skip) che urla da fine pista, ma anche chi ha lanciato grida da inizio pista. Insomma, ti arrivano un sacco di strilli, proprio mentre stai spazzi e hai la sensazione che le braccia ti vadano a fuoco. 8) Alla base di tutto c’è lo «spirit of curling», che vuol dire rispettare tutti e non barare. Non c’è il Var, ma solo un mega compasso per misurare le distanze.
I ruoli dei 4 giocatori in squadra sono fissi, a ognuno toccano due stone: c’è chi fa la tattica (lo skip) e chi muove di più i muscoli con la scopa. I punti si fanno piazzandosi il più vicino al centro del bersaglio disegnato in terra. La strategia è tutto o quasi: come negli scacchi o a biliardo, ogni mossa deve anticipare quella successiva. «Un giorno ho deciso di provare tutti gli sport a Milano, anche pole dance o trapezio acrobatico. Ma sono tornata solo qui», racconta Valentina, 30enne siciliana trapiantata a Milano. Roberto è stato trascinato dalla moglie: stavolta hanno portato anche la loro figlia adolescente, già conquistata.
Mentre cerco di addentrarmi nel gioco studiando Simone Margheritis vicepresidente e voce tecnica a Sochi 2014 per Sky mi trovo a parlare con Aldo, 67 anni. Sta compilando le statistiche di una partita del campionato interno, cioè annota quanto e come ogni tiro ha raggiunto il proprio obiettivo, che può essere quello di fare punti, mettere una guardia o bocciare altre stone. Aldo non ha mai giocato le sue anche non glielo permettono ma accompagna il figlio Andrea e gli piace l’ambiente. Come Giacomo, che a 17 anni ha lasciato il rugby per il curling: ha più tempo libero e si gode lo stesso il terzo tempo. Una regola non scritta dice infatti che chi vince paga da bere. Spirit of curling.