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 2018  febbraio 14 Mercoledì calendario

Montalbano, il commissario del mondo perfetto

È l’eroe della Sicilia finalmente “liberata” e, nel Paese delle inchieste mai risolte e delle condanne facili, Montalbano è l’unico investigatore che acchiappa i veri colpevoli e libera gli innocenti.
E cominciamo dal commissario – il solo! – che scopre la verità nel paese dei misteri e dei gialli irrisolti, dal poliziotto che non si accanisce mai sulle false piste nel paese dei casi ciclicamente riaperti (dal bandito Giuliano a piazza Fontana, da Pasolini a Meredith, a Yara, a Sarah di Avetrana...). Nelle sue storie, fateci caso, non troverete mai un’intercettazione e le sue indagini sono brevi e incisive, al contrario di quelle lunghe e costose della realtà italiana. A Montalbano piace restare da solo sul luogo del delitto e, quando interroga, intuisce, sente e capisce l’innocenza che tutela e custodisce senza farsi mai ingannare, neppure dalla bellezza delle donne.
Dunque ci piace così tanto perché nell’Italia dove le sentenze non sono mai definitive, Montalbano è “il poliziotto che non c’è”, quello dal quale vorremmo tutti essere protetti e dal quale persino gli assassini vorrebbero essere smascherati e arrestati.
Certo, sa anche mangiare, e innanzitutto la pasta, il commissario che l’Italia non ha, e saperla addentare “è meglio che leggere Dante” scriveva già Prezzolini prima ancora che Totò, in Miseria e Nobiltà, facesse dello spaghetto il dio degli affamati, Alberto Sordi trasformasse il maccherone nel simbolo dell’abbuffata forchettona del boom economico, e le tagliatelle diventassero la bandiera dell’Emilia rossa e delle feste dell’Unità. Ecco, Montalbano rende finalmente elegante la pastasciutta, restituisce dignità al pasto italiano letterario e cinematografico, che con lui non è più “una mangiata”.
E cucina Adelina, che non è la perpetua del Manzoni e neppure la fedelissima e vecchia tata di famiglia. Adelina è la mamma di un suo arrestato, una signora elegante che dovrebbe avvelenarlo come gli dice la bella ma petulante Livia, perdutamente nordica in un mondo dove finalmente la bellezza del Sud è etica, e il barocco e gli aranceti non sono neri scenari di mafia ma candori di Voltaire. Non lo avvelena ma lo nutre, l’Adelina maestra di arancini, a riprova che non c’è rancore ma pietà nella giustizia che noi italiani sogniamo e meritiamo.
Dunque, davvero Montalbano è il nostro “bene rifugio”, è la letteratura come atto mancato, è il mondo dove le donne sono belle e fatali, qualche volta assassine e qualche volta assassinate, vittime nude e provocanti come, lunedì sera, la bella Silvana, e mai sono le donne dello stereotipo meridionale, condannate a stare in casa alla conocchia per diventare a sera una macchina da riproduzione, non abitano più l’universo pesante e povero dove il maschio valeva meno di un asino e la femmina meno del maschio.
Montalbano è l’Italia del mare che accoglie e purifica, il mare delle spiagge solitarie e senza stagioni, non quello degradato a bidet che si affolla d’estate, non l’acqua dell’accidia e del lento torpore del pensiero meridiano, ma il mare delle emozioni e della memoria, l’acqua celebrata come una patria, l’acqua “che non ha forma” ha scritto Camilleri, ma prende quella del commissario che ritrova, nella solitudine della nuotata, la certezza di sé. Anche la puntata di lunedì scorso, la puntata record, seguita da 11 milioni di italiani, è finita appunto con una nuotata, perché l’acqua di Montalbano è quella dell’Ismaele di Moby Dick che si getta in mare ogni volta che “il mareggio” della vita gli diventa insopportabile. E ci piace che restituisca dignità ai cannoli, al colore nero, ai fichidindia... e che sottragga il più bel dialetto del mondo alla mafia e al pittoresco, a “Cuncetta, cala l’occhi ‘nterra”, al sottosviluppo e alla ferraglia di “uora uora arrivau u ferribotte” per promuoverlo a lingua della fantasia con la quale “acchianari” in cielo invece di “agghiuttiri sputazza” e senza “fari scrusciu” “sciusciari” una nuova vita alla letteratura. Antonio Sellerio mi ha raccontato che Camilleri non fa fumare Montalbano “perché vorrebbe, anche lui, non fumare e non aver fumato. Gli dispiace moltissimo che, sfruttandone il vizio, lo usino come allegro e irresponsabile testimonial di una presunta salubrità del tabacco. Lui lo sa bene che il fumo fa molto male e che la gente muore di fumo”. L’editore di Montalbano dice pure che la tecnica con cui è girata la fiction non è quella delle serie televisive ma “quella più antica della riduzione, con il linguaggio classico, leggero, morbido, luminoso e mai nervoso” e che così sarà “anche La mossa del cavallo che sta arrivando in tv e che molti giudicano il suo romanzo più bello. Camilleri è il maggior successo letterario italiano e Montalbano è il maggior successo televisivo italiano. Credo che gli studi su Camilleri debbano ancora cominciare”. A partire dalla liberazione di tutti i bei simboli siciliani orribilmente sporcati dalla mafia, dai luoghi comuni del sottosviluppo pittoresco che finalmente rovescia. Con Montalbano dobbiamo riprenderceli e difenderli come bandiere nazionali.