la Repubblica, 14 febbraio 2018
L’amaca
Gli ultimi comizi di Berlusconi (quello alla Confcommercio merita di diventare di culto) sono totalmente insensati e piuttosto allegri. Rimandano, più che al Caimano, a “Totò e Cleopatra”, con Totò totalmente fuori ruolo nelle vesti di Marco Antonio: malgrado le legioni e i paramenti non sembra Marco Antonio, sembra proprio Totò. Nel Berlusconi odierno il tragico è come estinto, prevale una svampita approssimazione fatta di cifre a caso, promesse assurde, vecchie battute da tabarin, vecchi fantasmi (i comunisti! i giudici!) però evocati quasi con cordialità, come compagni di cast. E un mucchio di altre cose dette, è evidente, tanto per dire, per far passare i minuti, per tornarsene a casa e levarsi finalmente il cerone spesso come un parquet.
È un uomo che comperò sentenze, e molto altro. È lo sdoganatore dei fascisti, il distruttore della cultura popolare italiana e il premier di nessun talento, e di nullo risultato, che portò il nostro Paese sull’orlo della bancarotta. Ora circola in versione amabile e senile, se incontrasse la nipote di Mubarak neanche se ne accorgerebbe, e ci si domanda se sia, questa sua versione soft, la sua innocua deriva o il suo ultimo inganno. Deve avere intuito che giocarsela da “moderato”, lui che non lo è mai stato, significa giocarsela, finalmente, da innocente.