la Repubblica, 14 febbraio 2018
Igor, l’ombra dell’Isis. «La sua banda portava i terroristi in Europa»
Valencia La banda di Igor lavorava per l’Isis. La novità, che getta una nuova ombra sull’intera storia della latitanza di Norbert Feher (così si chiama veramente Igor il Russo), arriva a quasi dieci mesi dal primo degli omicidi confessati. Quello del barista di Budrio, Davide Fabbri. Ed è contenuta in una segnalazione che l’Unidad de drogas y crimen organizado ( Udyco) ha affidato ai carabinieri di Bologna. Secondo gli investigatori spagnoli Feher era organico ad un “gruppo criminale d’élite” che ha fatto entrare in territorio europeo dal Nord Africa pericolosi estremisti islamici.
La scoperta
Bisogna tornare ai giorni caldi della caccia all’uomo dopo l’assassinio di Valerio Verri, il secondo della lunga striscia di sangue firmata da Igor. Nella primavera scorsa. I carabinieri hanno ormai capito che le tecniche militari adottate per catturarlo sono state un errore: meglio sarebbe stato condurre solo una indagine tradizionale. Ripercorrono a ritroso l’intero fascicolo. Tra le vecchie mail di Igor e i suoi messaggi Facebook ci sono frequenti scambi con alcune persone di nazionalità marocchina, geolocalizzati tra Bologna ( zona stazione), Milano (hinterland), Valencia e Malaga. In particolare Igor inviava loro foto della refurtiva rubata nelle campagne del Ferrarese, chiedendo se la merce potesse interessare. Da un controllo incrociato dei nomi con il nucleo radiomobile di Milano, salta fuori un controllo di routine datato 2016 a due automobili: nella prima c’erano alcuni dei magrebini delle mail, nella seconda Igor stesso e una ragazza di Ferrara. La pista è buona. E porta in Spagna.
I carabinieri avvertono il nostro ufficiale di collegamento a Madrid, il quale gira all’Udyco i nominativi. Dopo poco, la risposta: quei magrebini sono oggetto di un’indagine. Finanziandosi col traffico di hashish hanno importato presunti terroristi in Spagna, accompagnandoli fino in Francia e in Belgio. A Molenbeek. Non risulta che la banda si affiliata all’Isis, ma di certo hanno fornito documenti fasulli e supporto logistico.
Il ruolo di Norbert
Una banda d’élite, dunque. Con cui Igor lavorava “a contratto” nel suo periodo spagnolo dopo aver lasciato l’Italia nell’autunno del 2015. «Ho conosciuto una ragazza attraverso una rivista di annunci personali, sta a Valencia, la raggiungo». In realtà i magrebini spagnoli gli facevano fare il corriere. Era violento e affidabile: l’uomo giusto per prendere i carichi di hashish dal porto di Gibilterra e trasportarli per mezza Europa fino all’ “hub” di Amburgo. E da lì, gestire la delicata fase della consegna agli altri corrieri internazionali.
Igor rimane in Spagna almeno fino al giugno del 2016. Ritorna a Ferrara, si fa ospitare per qualche giorno da vecchi compagni di cella. Fa in tempo a farsi controllare dai carabinieri a Milano, ai quali mostra documenti falsi mentre è in compagnia di alcuni membri della banda, poi sparisce di nuovo. Ricompare nel marzo del 2017 a Consandolo quando rapina una pistola Smith& Wesson a una guardia giurata. È la vigilia degli omicidi.
Il mistero della scomparsa
Inizialmente i carabinieri sospettano che siano stati i magrebini a proteggere Igor durante la caccia all’uomo in quell’“Aspromonte piatto” che sono le valli del Mezzano, e ad aprirgli la via di fuga verso l’estero. Ma i fatti successivi suggeriscono altro. Come sappiamo, Igor è tornato a Valencia. La banda, però, lo ha mollato. Il serbo con la doppia identità ha l’Interpol alle calcagna, lo cercano per duplice omicidio. È una roba seria, rischia di compromettere tutto il business. Difficile ritenere che lo abbiano aiutato proprio loro, nei giorni indiavolati della caccia in Italia. Può probabile che si sia arrangiato da solo, magari con l’appoggio di qualche clan nomade con i quali era in contatto.
Il pasticcio spagnolo
Inizia così la seconda vita in Spagna di Igor il russo. Non si sa esattamente quando è arrivato, nell’interrogatorio davanti al magistrato spagnolo dopo la cattura lui dirà settembre 2017. La Guardia Civil si imbatte in lui ad ottobre: è uno dei senzatetto che si presenta al comedor social, la mensa dei poveri, a Saragozza. Le sue generalità, ai militari non dicono niente. La Policia Nacional (corpo civile) che sta collaborando con i carabinieri, infatti, non ha condiviso nessuna delle informazioni provenienti dall’Italia con la Guardia Civil, che è un’organizzazione militare. La conseguenza di questa strategia, come vedremo, sarà tragica.
Ripudiato dalla sua banda, senza un rifugio dove andare, Igor fa l’unica cosa che sa fare: nascondersi. Il 5 dicembre il Lupo torna a recitare l’antico copione. Si trova in una masia ad Albalate del Arzobispo. Il proprietario 72 enne trova la porta chiusa dall’interno e chiama il fabbro. Provano a forzare la serratura ma Igor sbuca fuori e spara con la sua pistola: colpisce il vecchio, che cade a terra fingendosi morto, e ferisce a un braccio il fabbro che sta scappando. La Guardia civil raccoglie una manciata di bossoli di fabbricazione italiana. C’è dunque un uomo che si nasconde nei casolari, ruba cibo e spara con una pistola con proiettili italiani. Eppure questo non suggerisce alcunché ai militari spagnoli, che niente hanno saputo della possibile presenza di Igor in Spagna.
L’ultima fuga
Per giorni il Lupo vaga nella zona, spostandosi in bicicletta. Lascia tracce del suo passaggio in una attrezzeria al Bentorillo, dalla quale ruba 12 lattine di birra, una bottiglia di Bourbon, una di Gin Bombay e sei uova. Prima di cambiare covo ricarica la batteria del telefono. Il 14 dicembre, l’atto finale.
Viene sorpreso da un pastore, José Luis Iranzo, mentre dorme in un casolare lì vicino. «Ho sentito un rumore, mi è sembrato quello di una pistola che viene caricata», dirà Igor nel suo interrogatorio. Spara per primo, spara all’ombra che intravede. Uccide il pastore. Gli ruba il pick up Mitsubishi che ha sul cassone una bici, con quello torna a un vecchio covo per prendere le sue cose ma qui viene intercettato da due agenti della Guardia Civil. Braccato, il Lupo replica lo schema dell’imboscata, lo stesso che ha usato per uccidere Verri: parcheggia il mezzo a lato della strada e si allontana tenendolo sotto tiro. I due, Victor Jesus Caballero e Victor Romero, vengono investiti da una fatale pioggia di fuoco. Le vittime di Igor salgono a cinque. Ora ha tutta la polizia spagnola che lo insegue. È notte. Per otto ore si illude di potersela cavare, ma alle tre della madrugada, nella zona di Canatavieja incrocia due pattuglie. Si ferma. Forse ha avuto un incidente, o forse lo simula e prova l’ennesima imboscata. Scende dal veicolo, ma le guardie non si fermano. Dopo un po’ si allontana con la bicicletta, fa duecento metri e prosegue a piedi.
I poliziotti lo troveranno poco prima dell’alba, addormentato, le mani incrociate sul petto che stringono due pistole. Nel sangue un tasso alcolemico del 0,46 per cento.