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 2018  febbraio 14 Mercoledì calendario

Il fantasma di Kim Il Sung scuote il dialogo fra le due Coree

PYEONGCHANG Mancavano solo le maschere e i veleni all’Olimpiade di Pyeongchang. Il vuoto è stato colmato. E ora tutti in Sud Corea si chiedono: quello allo stadio del ghiaccio era lui? (vale a dire l’odiatissimo e innominabile Kim Il Sung). O non era lui? L’immagine è tabù al Sud, anche in tempi di dialogo.
Ecco la storia che ha aperto un caso molto dibattuto sulla stampa di Seul. Mentre giocava la Nazionale Corea, quella mista sotto bandiera della pace che schiera 23 ragazze del Sud e 12 del Nord, in tribuna le majorettes nordiste si davano da fare con canti, cori e balli, inesauribili anche mentre il passivo si faceva pesante e la rete della squadra di casa si gonfiava di dischi (è finita 0-8 sia con la Svizzera sia con la Svezia). A un certo punto, sconfortate dal risultato sportivo, le telecamere della tv sudcoreana si sono concentrate solo sulla banda di tifose professioniste. E forse hanno catturato la beffa. 
Le majorettes di Kim Jong-un hanno indossato tutte una maschera che ricordava molto, ma molto, la faccia del giovane Kim Il Sung, il dittatore che lanciando le sue truppe a Sud del 38° Parallelo nel 1950 scatenò la guerra fratricida, inchiodando la Corea alla divisione. Da Pyeongchang a Seul i sudcoreani non discutono d’altro: era il feroce stalinista Kim Il Sung l’uomo della maschera? Sono stati interpellati storici e politologi.
Le risposte non sono state univoche. La versione ufficiale è che si trattava solo di un bel giovane coreano da mostrare al mondo (qui al Sud c’è un detto: «Nam nam buk nyeo», «uomini sudisti, donne nordiste», che significa maschi bellissimi sotto il 38°, femmine da sogno sopra il 38°). Quindi, magari era un complimento delle pon pon ai ragazzi di queste parti. Ma resta la somiglianza inquietante. Possibile che si sia trattato di un gioco sporco? Di una provocazione? Che prima di lasciare Pyongyang le 230 ragazze pon pon abbiano avuto in dotazione le maschere Kim per fare il brutto scherzo ai sudisti?
Partiti e gruppi conservatori di Seul hanno gridato allo scandalo, al tradimento della fiducia accordata al Nord. Hanno denunciato la perfida propaganda nordista (che peraltro è diretta dalla sorella di Kim), lamentandosi per l’ennesima volta che l’Olimpiade sarebbe stata prese in ostaggio da Kim Jong-un, diventando i Giochi di Pyongyang, non quelli di Pyeongchang. Il Ministero dell’Unificazione di Seul è intervenuto per spegnere la polemica, sostenendo che le maschere rappresentavano solo un bel tipo coreano. È stato citato anche il «Talchum», la danza tradizionale coreana delle maschere. Funzionari della delegazione nordista avrebbero confermato che non c’era nessuna malizia nella rappresentazione sugli spalti.
I conservatori hanno replicato tirando fuori un vecchia foto giovanile di Kim Il Sung, che in effetti è piuttosto somigliante. «Era la maschera di Kim Il Sung, non mentite e non prendeteci in giro», ha detto l’onorevole Ha Tae-kyung dell’opposizione, puntando il dito sull’attaccatura dei capelli: «Non vedete che è identica anche quella?». Per non parlare del naso.
Sono stati interpellati docenti universitari, profondi conoscitori della realtà nordcoreana. Responso: «In Nord Corea, Kim Il Sung è una figura divina. Così come i cristiani generalmente non festeggiano con maschere di Gesù e i musulmani non indossano maschere di Allah allo stadio, c’è da credere che i nordcoreani non si azzardino a giocare con il volto del Fondatore. Ricordate che al Nord, dove i membri del Partito portano all’occhiello spillette smaltate con il viso di Kim, perderne una o commerciarla, porta dritto in campo di rieducazione», ha scritto su Facebook Cha Du-hyeogn, ricercatore dell’Asan Institute for Policy Studies.
Yang Moo-jin, docente dell’Università di studi sulla Nord Corea, aggiunge un’altra riflessione: «È probabile che con le maschere le cheerleaders nordiste abbiano voluto farci notare che di uomini belli ce ne sono anche al Nord e che il detto “Nam nam buk nyeo” va riscritto».