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 2018  febbraio 14 Mercoledì calendario

«L’Italia? Più export di mobili. Noi primo fornitore della Cina»

MILANO «Per capire l’effetto distorsivo bisogna andare a Piacenza. Importiamo ancora tantissimo dalla Cina, come dimostrano i dati del centro distributivo di Ikea». Emanuele Orsini, 44 anni, è da circa un anno presidente di FederlegnoArredo, l’associazione dei produttori di mobili, cucine, arredi. Si dice soddisfatto dei dati preconsuntivi 2017 della filiera che rappresenta. «Ma – ammette – le piccole imprese risentono ancora moltissimo della concorrenza cinese a basso costo e sono appesi alla proroga del bonus mobili».
Esportiamo tanto, importiamo tanto: possiamo contestare l’economia globalizzata a corrente alternata?
«Giusto, ma attenzione. Dei 500 milioni di prodotti che arrivano in Italia ogni anno, 350 sono di fattura cinese. È un dato incontestabile di cui Ikea si giova per proporre prezzi concorrenziali alle famiglie. Ecco, al netto delle cento grandi imprese del made in Italy, che hanno volumi e dimensioni internazionali, c’è una base di nostri associati che rischia di sparire».
La Cina però sta trainando le nostre esportazioni. L’Italia è il primo fornitore di mobili con 481 milioni di euro di produzione. Un successo che testimonia forse anche la loro apertura?
«Sì, ma conta soprattutto il nostro approccio. Che in questi ultimi anni è cambiato, anche grazie al supporto dell’Ice. Finalmente agiamo come sistema, siamo portatori di una cultura che viene capita dai loro buyer. Non sottovaluti l’effetto dirompente del Salone del Mobile che abbiamo replicato a Shanghai».
Abbiamo finalmente attenuato il fenomeno della contraffazione?
«Attenuato sì, ma non cancellato. Abbiamo agito dal basso, lavorando sulla cultura dei nostri acquirenti e alzando ulteriormente di gamma i nostri prodotti, ma l’ Italian sounding esiste ancora, eccome. E l’Europa, mi faccia dire, ne è corresponsabile perché non ha una voce sola».
Per la legge sul made in?
«Sì, è ancora divisa in due. Spaccata tra la sua anima commerciale e la sua anima produttrice, di cui noi siamo i principali testimonial. Una legge sull’etichettatura fatta come si deve ci gioverebbe. Servirebbe a ricostruire l’intera filiera e noi avremmo solo da guadagnarcene».
Eppure i dati del Centro studi di FederlegnoArredo dicono che l’intera filiera ha registrato una produzione di 41 miliardi, con una crescita dell’1,4%
«Vero, sono cresciute soprattutto le esportazioni registrando un aumento del 2,2% rispetto al 2016 con circa 16 miliardi di euro pari al 39% della produzione totale. Nell’arredo questa percentuale arriva addirittura al 53. Un successo, ma possiamo ancora crescere».
Siamo grandi produttori e per questo continuiamo ad importare grandi quantità di legname. Non abbiamo materia prima?
«Tutt’altro. Ne abbiamo eccome. Ma non abbiamo una strategia nazionale sulla gestione delle aree boschive. Pur avendo appena fatto una buona legge forestale dopo 50 anni siamo ancora fermi. Peccato. Soprattutto perché potremmo attivare 180mila posti di lavoro in aree depresse, come quelle appenniniche».