il Fatto Quotidiano, 14 febbraio 2018
Scuola, le maestre: «Picchiati dai padri degli alunni. A volte neanche li processano»
“Il genitore che mi ha aggredito ha avuto il rinvio a giudizio. Un mese fa c’è stata l’udienza dopo la quale ha avuto la messa alla prova: in pratica ora farà un anno di servizi sociali. Tra 365 giorni, se ci sarà un esito positivo, sarà prosciolto per estinzione del reato. Insomma, la farà franca”: Michele Ruscigno ha 57 anni e insegna Matematica al liceo scientifico di Matera “Dante Alighieri”. A fine 2016 è stato aggredito dal padre di una sua alunna durante l’orario di ricevimento dopo che gli aveva comunicato lo scarso rendimento della ragazza.
Trenta giorni di prognosi, proprio come per il professore preso a pugni a Foggia qualche giorno fa, dal papà di un su alunno. Dalla sua, ha la testimonianza di genitori e docenti presenti durante i colloqui. “È stato ben consigliato dal suo avvocato – spiega Michele – sarebbe stato impossibile negare l’aggressione con tutti quei testimoni. Ma nell’ultimo anno io ne ho persi almeno dieci”. Oltre il danno, la beffa: senza il processo ‘tradizionale’, il professore non può costituirsi parte civile e per chiedere il risarcimento del danno dovrà affrontare un processo civile, con relative spese legali e tempi lunghissimi. “Sono amareggiato, non si riesce a ottenere giustizia. Si tratta di reati veri e propri. Ormai la nostra categoria è in trincea”.
Una trincea molto lunga. Ad Aci Catena, in provincia di Catania, Nerino Sciacca gestisce una palestra. Fino all’anno scorso era un’insegnante di educazione fisica. Poi è andato in pensione. Nel 2014 è stato preso a calci e pugni dal padre di un’alunna chiamato, secondo le ricostruzioni e la stessa testimonianza dell’uomo alla stampa, dalla ragazza dopo che il professore l’aveva rimproverata perché parlava al cellulare a lezione. Sono ancora in corso le udienze preliminari, a settembre 2018 è fissata quella per il genitore. “Sarà ancora lunga e ci saranno sicuramente gli appelli”. E i genitori? “In 40 anni di insegnamento, 30 nella scuola di Aci Catena, ho attraversato generazioni e posso dire che questi casi sono isolati. Ho avuto grandissima solidarietà”.
Sciacca fa poi un’osservazione sulla sicurezza: “Nelle scuole non viene potenziata – spiega – le persone entrano senza controlli e a loro piacimento. Se ci fosse stata maggiore sicurezza nel mio istituto, un controllo in più all’ingresso, probabilmente tutto questo non sarebbe successo e io non sarei stato aggredito in quel modo”.
A Milano, Mario Caruselli nel 2014 è invece stato aggredito da un alunno del Liceo Tenca dopo un alterco in classe. Il docente fu prima sospeso dal preside, per aver usato parole eccessive nello sgridare il ragazzo, poi la sua sospensione fu annullata dal provveditorato. “Il vero processo l’ho ricevuto dai miei colleghi – racconta oggi – che pretendevano mi scagliassi più duramente contro il preside. È diventata presto una guerra politica mentre dopo le notizie di stampa sulla vicenda, i genitori del ragazzo mi hanno denunciato per calunnia”. Il problema, secondo i docenti, viene dall’esterno: “È il senso di impotenza verso la società che cerca il capro espiatorio più vicino – dice Caruselli – e l’esponente delle istituzioni più prossimo è proprio il professore. Lo vedono come colui che tiene chiusi in aula i propri figli per un futuro che non riserva loro nulla di buono”.
Intanto, a Foggia, ieri i rappresentanti dei genitori del Consiglio scolastico del Murialdo hanno espresso la loro solidarietà per il professore malmenato: “È possibile – scrivono – che un docente non possa fare un rimprovero verbale a un alunno senza rischiare di finire in ospedale? È mai possibile che un docente non si possa sentire più al sicuro nel suo posto di lavoro? Che esempio è stato questo genitore al proprio figlio e a tutti gli altri alunni?”.