La Stampa, 14 febbraio 2018
«Quando schiaccio il pulsante tu e mamma tenetemi le mani». La compagna racconta gli ultimi istanti del suicidio assistito di Dj Fabo
Il calvario definitivo è arrivato insieme ai due infermieri incaricati dalla Dignitas: un uomo e una donna. Mi hanno chiesto di spiegare con calma a Fabiano quello che stava accadendo, quindi impartirgli le istruzioni.
«Ora dovrai ascoltare la dichiarazione di volontà letta dall’infermiera davanti alla telecamera e, se vuoi, rispondere sì. Hai capito?»
«Sì.»
«Io sarò accanto a te mentre leggono».
Li ho fatti entrare. Durante la lettura, l’infermiera ha cominciato a piangere. Lei. «Quest’idiota piange», ho pensato cattiva.
«Ascolta, ricordati che in qualsiasi fase, sei sempre libero di fermare tutto», gli ho ribadito. «Hai capito, Fabiano?»
«Sì, ho capito».
«Hai tutto il tempo che vuoi per stare con chi vuoi tu, sei tu che detti i tempi».
«Ora voglio restare con la mia mamma», mi ha sussurrato. Poi, a turno, sono entrati Dani, Amal e Marietto. Alla fine mi ha chiamata e mi ha detto: «Quindi? Andiamo?».
«La fase successiva è la somministrazione del farmaco anti rigetto che ti daranno via peg, ma non è ancora il farmaco di fine vita. Non è deciso niente, ti puoi fermare ancora, anche dopo il farmaco anti vomito hai tutto il tempo che vuoi».
«Ho capito», ha annuito.
Quindi, ho chiamato quelli dello staff perché gli somministrassero il farmaco. Percepivo l’impazienza di Fabiano, mentre sentivo il peso di tutto il mondo spaccarmi la schiena.
«Dài, però: ci siamo?» mi ha domandato secco passati pochi istanti dall’assunzione dell’antiemetico. «Vale, voglio che quando schiaccio il pulsante la mamma mi tenga la mano sinistra e tu la destra. Com’è stato per tutta la mia vita. Non voglio nessun altro».
E così è stato, abbiamo messo il tavolino con sopra il pulsante all’altezza della sua bocca: «Ora devi dichiarare di nuovo davanti alla telecamera che questa è realmente la tua volontà, poi dovrai schiacciare il tasto. Hai capito?».
«Sì».
«È la tua volontà?»
«Sì».
«Stai tranquillo, io sono qua di fianco a te», gli ho detto.
La mamma ha appoggiato la testa sul letto mentre Fabiano apriva la bocca alla ricerca del pulsante che non riusciva a trovare, finché lo ha afferrato. Si è addormentato in 10 secondi. Ha chiuso gli occhi, mentre lasciava cadere la testa in avanti. Sono uscita dalla casetta, disperata, mentre non vedevo persone, ma soltanto ombre. La prima che ho incrociato è stata quella di Avy: «È andato», gli ho detto meccanica. «Adesso è libero», mi ha risposto. Sul momento l’ho odiato. Ma era vero. A pochi metri Cappato parlava al telefono avvolto nel fumo dell’ennesima sigaretta di Dani. Non avevano ancora capito che Fabiano era morto. Mi sono allontanata da tutti a passi sordi e davanti al laghetto artificiale ho pianto in faccia a quel fenicottero finto che avevo intravisto poche ore prima, sotto un sole che mi sembrava cocente.