La Stampa, 14 febbraio 2018
I buoni senza medaglia
Senza tante storie, tipo bonifici sbandierati in testimonianza di virtù e bonifici ritirati nottetempo senza arrossire, fate così: gettate una monetina nella fontana di Trevi. Nessuno farà caso a voi e farà di voi un eroe, ma sarà la cosa giusta. Le monete che non verranno rubacchiate da qualche applaudito saltimbanco finiranno col finanziare l’Emporio della solidarietà. Senza tante storie, senza gridare a collo gonfio e viso paonazzo che voi siete il bene e il resto del mondo è il male, quando c’è la raccolta fuori dai centri commerciali continuate a donare pasta, riso, olio, biscotti che finiranno sugli scaffali dell’Emporio della solidarietà. Oggi ce ne sono ovunque, in Lombardia, in Piemonte, a decine, tutti organizzati dalla Caritas. Sono supermercati gratuiti. Il primo è nato a Roma dieci anni e un giorno fa, ha aiutato quasi 26 mila persone, fra cui 2 mila bambini sotto i due anni, con merce per cinque milioni di euro. Sono single, coppie con figli, gente che vive per strada, bisognosi certificati che ottengono una tessera di credito a scalare. Una metà italiani, l’altra metà stranieri, di novantotto nazionalità diverse, perché se si decide di tendere la mano non la si tende prima agli italiani. La si tende e basta. Soprattutto evitando trambusti di trombette e tromboni. Senza tante storie, e senza esigere medaglie, o voti in cambio di spaventose purezze, perché una delle regole di vita da apprendere fra la seconda e la terza elementare è che i buoni si riconoscono perché non si fanno riconoscere.