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 2018  febbraio 13 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL PUNTO SU PAMELAREPUBBLICA.ITMACERATA - Stordita in salotto con un colpo alla tempia, uccisa con coltellate al fegato e poi trascinata sulla meravigliosa, grande terrazza con vista sui Sibillini: è lì, in quei quaranta metri quadrati annessi alla mansarda all’attico della palazzina rossa di via Spalato e inaccessibili da sguardi indiscreti, che secondo l’accusa ipotizzata dagli inquirenti il corpo di Pamela sarebbe stato fatto a pezzi

APPUNTI PER GAZZETTA - IL PUNTO SU PAMELA

REPUBBLICA.IT
MACERATA - Stordita in salotto con un colpo alla tempia, uccisa con coltellate al fegato e poi trascinata sulla meravigliosa, grande terrazza con vista sui Sibillini: è lì, in quei quaranta metri quadrati annessi alla mansarda all’attico della palazzina rossa di via Spalato e inaccessibili da sguardi indiscreti, che secondo l’accusa ipotizzata dagli inquirenti il corpo di Pamela sarebbe stato fatto a pezzi. Non ci sono finestre di altri appartamenti, di quello in cui viveva Innocent o di altri palazzi della zona, che affacino sulla terrazza.

La ricostruzione ipotizzata dagli inquirenti comincia a essere dettagliata. La procura sosterrà le accuse ai due fermati dei giorni scorsi, il 22enne Lucky Desmond e il 27enne Awelima Lucky, nell’udienza di convalida davanti al Gip, che la scorsa settimana nelle carte non aveva trovato prove sufficienti a giustificare l’arresto di Innocent Oseghale anche per l’accusa di omicidio volontario (la custodia cautelare in carcere era rimasta per le accuse relative allo scempio e al tentativo di occultamento del cadavere). Ma stavolta i magistrati sono convinti di avere raccolto sufficienti indizi di colpevolezza per superare l’esame del Gip. L’interrogatorio di convalida dei due, previsto per oggi, è stato rinviato a domani per consentire alla procura di presentare altri documenti a sostegno delle accuse.

Nell’appartamento sono state trovate tracce di sangue sia sulla terrazza, dove sono copiose, sia in vari punti del salotto, tra cui sotto un divano. Anche nel cestello della lavatrice ci sono tracce ematiche emerse al luminol: sarebbero state lasciate nel lavare i vestiti. Ieri il Ris dei carabinieri ha lavorato a lungo sull’appartamento cercando nuove impronte e tracce sfuggite ai primi accertamenti. Hanno rilevato anche alcune impronte lasciate con i piedi, e oggi saranno prese le impronte plantari anche al quarto indagato per attribuirle con certezza.

Sul ruolo di quest’ultimo, un quarantenne nigeriano, gli inquirenti sono però molto cauti. Il suo coinvolgimento sarebbe suggerito da alcuni contatti telefonici sospetti con alcuni degli altri indagati, ma gli investigatori sostengono di ritenere il suo ruolo del tutto estraneo o molto marginale, salvo prova contraria che dovesse emergere dagli accertamenti in corso. Per questo non ne avrebbero chiesto il fermo, e anzi l’uomo avrebbe collaborato aggiungendo particolari che confermerebbero il disegno dell’accusa nei confronti degli altri tre, e che lo escluderebbero completamente.

Restano invece aperti tutti i dubbi sul movente dell’omicidio: dal tentativo di stupro finito male al sacrificio rituale, ipotesi che gli inquirenti non escludono ma per le quali, al momento, non hanno prove. E resta aperta anche l’ipotesi che ci fossero altre persone nell’appartamento di via Spalato quando Pamela si è iniettata la dose, quando è morta (probabilmente per mano violenta e non per la droga, ma la conferma ufficiale arriverà solo al termine degli esami autoptici e tossicologici) o quando è stata fatta a pezzi e poi abbandonata, in tarda sera dello stesso giorno in cui è entrata nell’appartamento di via Spalato, nelle campagne di Pollenza.

Anche su quest’ultima fase, il tentativo di occultamento del cadavere della 18enne romana fuggita dalla comunità Pars di Corridonia, sono in corso ulteriori accertamenti: oggi verrà analizzata l’auto usata dal tassista abusivo camerunense chiamato da Innocent per trasportare i due trolley a Pollenza. L’uomo, quella sera stessa, dopo aver riportato Innocent in centro a Macerata tornò a Pollenza per curiosare su cosa contenessero quei due trolley che, ha poi raccontato in questura, Innocent non gli lasciò neppure caricare in macchina: "Ci penso io", gli avrebbe detto. Ma una volta aperto uno dei due, è fuggito inorridito e impaurito presentandosi solo il giorno dopo, nel pomeriggio, alla questura di Macerata.

LE PROVE CHE INCHIODANO I TRE
MACERATA - Ecco le prove che inchiodano Innocent Oshegale, il 22enne Lucky Desmond e il 27enne Awelima Lucky per l’omicidio di Pamela Mastropietro. Per gli inquirenti non ci sono più dubbi: sono stati loro, anche se non è escluso possano spuntare altri complici.

Quando Pamela Mastropietro è morta - martedì 30 gennaio tra le 12 e le 18, la finestra temporale è fissata come certa dagli investigatori - improvvisamente i telefonini dei tre uomini fermati per il suo omicidio hanno smesso di comunicare tra loro. Lo scambio di messaggi e telefonate è ripreso tra le 18 e le 19, quando due dei tre sospettati hanno lasciato la casa in mattonicini rossi di via Spalato. Non ci sono più buchi nella ricostruzione delle ore finali della 18enne romana e dei tre nigeriani che si trovavano con lei "al di là di ogni ragionevole dubbio". Tra le 12 e le 18 non comunicano tra loro perché sono insieme: stanno uccidendo Pamela, e stanno facendone a pezzi il corpo.

L’inchiesta, intanto, resta "apertissima". Lo ha ribadito il procuratore Giovanni Giorgio, che ieri in un comunicato ha "precisato meglio" il senso delle parole con cui aveva accolto i giornalisti dopo una notte di interrogatori nella caserma del Comando provinciale dei carabinieri di Macerata: "Il caso è chiuso", aveva detto alle telecamere. Ma il senso di quelle parole è che per la procura non ci sono più dubbi su cosa sia successo a Pamela: Innocent, Lucky e Awelima hanno ucciso insieme, e insieme hanno fatto strazio del corpo della ragazza. Separatamente, poi, si sono occupati di ripulire casa e di allontanare il corpo della ragazza dalle loro vite in modo così maldestro da essere rapidamente acciuffati. Ma le indagini vanno avanti spedite e, anche se al momento non risulta, i carabinieri agli ordini dei colonnelli Michele Roberti e Walter Fava non escludono affatto di poter trovare altri uomini coinvolti nell’omicidio e nello strazio del corpo di Pamela.

Le prove che inchiodano i tre nigeriani, e che hanno spinto la procura a procedere con i fermi degli altri due indagati, sono sempre più solide e partono tutte dal telefonino di Innocent, l’affittuario dell’appartamento in via Spalato in cui Pamela è stata assassinata. Analizzandolo, i tecnici incaricati dalla procura trovano due numeri di telefonino utilizzati per una lunga serie di telefonate e di messaggi che si interrompono proprio nelle ore in cui Pamela stava morendo, e in cui il suo corpo veniva fatto a pezzi. Di uno scoprono rapidamente tutto: appartiene a Lucky Desmond, e Innocent scarica subito su di lui la colpa.

Quando i carabinieri lo interrogano in caserma, anche nel suo cellulare trovano registrato in rubrica il numero del terzo nigeriano coinvolto. Nei telefoni di Lucky e di Innocent, Awelima ha due nomignoli diversi. I carabinieri, che nelle ore in cui Pamela moriva hanno accertato la presenza di tutti e tre i telefoni agganciati alla cella in cui si trova l’appartamento di via Spalato, tracciano i movimenti del terzo cellulare e scoprono che ha lasciato Macerata appena dopo il ritrovamento del corpo di Pamela. Lo rintracciano a Milano, e allertano i colleghi che lo fermano in stazione Centrale: sta per partire per la Svizzera con sua moglie, ospitata in una comunità nel fermano e totalmente estranea alla morte di Pamela.

I tre negano tutto, e Awelima dice di non conoscere neppure gli altri due. Ma il cellulare e le rubriche telefoniche provano che sta mentendo. I carabinieri sanno che tra le 12 e le 18 i loro telefonini agganciano la cella di via Spalato in prossimità della casa di Innocent. Appena confrontano le impronte digitali con quelle trovate in casa, trovano quello che cercano. Erano lì tutti e tre.

Tra le 18 e le 19, però, Lucky e Awelima se ne vanno. Per gli inquirenti è chiaro che hanno finito il lavoro atroce sul corpo di Pamela. Il professor Cingolani, il medico legale, dice che per fare una cosa simile in condizioni ottimali e con strumenti adeguati avrebbe impiegato almeno dieci ore. Ma loro sono "almeno" in tre, per gli inquirenti, e fanno presto. Alle 22 Innocent chiama il suo conoscente, il tassista abusivo camerunense, e prenota l’auto. Nel frattempo, mentre riprendono messaggi e telefonate con Lucky e Awelima, Innocent deve aver finito il lavoro preparando i trolley.

Il tassista abusivo lo accompagna nelle campagne di Pollenza. Innocent scende, abbandona le valigie e chiede di essere portato in centro. Il tassista, incuriosito, torna a dare un’occhiata alle valigie. E’ notte, ne apre una e vede l’orrore. Spaventatissimo, se ne va e solo nel pomeriggio del giorno successivo, ore dopo il ritrovamento del corpo, si presenta in questura a raccontare quel che sa. Per gli inquirenti è solo un testimone prezioso, estraneo al delitto.

Facciamo un passo indietro. Torniamo alla sera del 30 gennaio: il telefonino di Innocent rivela che tornerà a dormire a casa. L’indomani mattina esce e va, accompagnato da Lucky, a comprare altre confezioni di varichina per finire il lavoro di pulizia della casa. Awelima intanto lascia Macerata: va a prendere la moglie, sta scappando ma non farà in tempo a lasciare l’Italia.

Restano alcune domande senza risposta, per ora. La prima, la più importante, è il movente. Per gli inquirenti il sospetto è che Pamela sia stata uccisa perché, dopo essersi drogata, non ha accettato di avere rapporti sessuali con i nigeriani che l’avrebbero violentata e uccisa. Per ora non ci sono prove della violenza, solo forti sospetti perché nello straziare e ripulire il suo corpo hanno dedicato una particolare attenzione a fare tutto ciò che potesse cancellare le tracce di un eventuale stupro.

Lo stesso hanno fatto sul collo: forse hanno provato a strangolarla, e hanno cercato di cancellare anche quella prova di violenza. Ma dal corpo di Pamela non hanno potuto cancellare due elementi che potrebbero inchiodarli all’accusa di omicidio volontario: la botta in testa all’altezza della tempia, e le coltellate al fegato. Per il medico legale sono state inferte quando era viva, e sono letali. Ma saranno le lunghe analisi scientifiche in corso ad accertarlo, e a scrivere la parola fine.