Corriere della Sera, 13 febbraio 2018
«L’anima nera del Sud in un delirio teatrale»
Il suo dio è il denaro, il suo obiettivo vendere la vita, il suo braccio armato il cinismo e la volgarità. «È il Calebbano. Personaggio di chiara ascendenza shakespeariana, demoniaco, manipolatore, uno dei tanti criminali legalizzati in circolazione» lo tratteggia Toni Servillo che ne indosserà l’anima nera per EterNapoli, melologo su testo di Giuseppe Montesano, musica di Fabio Vacchi, il 16 febbraio al San Carlo con la direzione di Donato Renzetti. Una prima assoluta per due voci recitanti (oltre a Servillo, Imma Villa) grande orchestra e coro. Una profezia visionaria ma non troppo sul nostro futuro e un grido di avvertimento sul nostro presente.
«Le immagini che visitano gli scrittori talora diventano realtà orribilmente spettrali – avverte Servillo —. E così EterNapoli è il progetto ultimo di un malavitoso di talento che avendo già sfruttato tutto lo sfruttabile decide di investire i suoi troppi soldi in un’economia virtuale per offrire emozioni virtuali». La vera ricchezza di Napoli è la cultura? si chiede Calebbano. E noi gliela daremo. Non quella asettica dei musei, bensì quella viva e palpitante della vita stessa. Basterà trasformare la città in un enorme parco a tema, una ribalta dove mettere in scena la storia che fu e dove tutto è in vendita. «Si potrà vivere in diretta l’eruzione del Vesuvio, la fuga da Pompei, la rivolta di Masaniello, indossare i panni di un camorrista cocainomane... Basta pagare».
Un grande reality, un Truman Show partenopeo senza freni né regole. «Napoli metafora del mondo di oggi, devastato da due grandi paure: lo spalancarsi della voragine morale e la perdita di significato del linguaggio – prosegue l’attore —. Così che verità e menzogna sono la stessa cosa». «Bello è Brutto e Brutto è bello» gli fa eco il coro, voce di un popolo senza più valori che, come le streghe di Macbeth, non distingue più tra caos e ordine, orrore e bellezza.
«Coro e Orchestra saranno al centro della scena – precisa Vacchi —. Il napoletano con cui il coro inneggia alle folli idee di Calebbano mi ha permesso un approccio materico con il testo. Una partitura densa, ritmica, trascinante, che, come spesso nella mia musica, affonda le radici in sonorità etniche, mediterranee».
Forma congeniale alla sua estetica, il melologo ricorre nella storia compositiva di Vacchi. «Mozart sosteneva che è l’incontro più alto tra musica e letteratura, senza che nessuna delle due scavalchi l’altra. Per me una stimolante occasione d’incontro con mondi non musicali, a stretto contatto con l’autore e l’interprete. E se con Montesano è un primo, bellissimo, incontro, con Toni è la conferma di un’intesa profonda sul piano artistico e umano».Anche perché con la musica Servillo mantiene un rapporto costante e fecondo. Che sempre al San Carlo ha dato voce allo Sconcerto di Battistelli e poi si è cimentato con l’Egmont, l’Edipus Rex, il Lelio. «E in futuro – anticipa – mi piacerebbe affrontare Manfred di Schumann». «Quando si sposa intrinsecamente al testo, la musica aiuta a ridare senso alle parole – conclude Vacchi —. Nello sfondo torvo della società opaca di EterNapoli ho voluto affidare questo compito a una donna in segno di speranza e richiamo a un’umanità degna di tale nome».
COSE BUONE PER ANTEPRIMA