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 2018  febbraio 13 Martedì calendario

Il Sudafrica prepara l’uscita di scena di Zuma il corrotto

Accadrà a Zuma quel che è successo ieri a un bracconiere vicino al Kruger Park: i leoni l’hanno divorato lasciando solo la testa e il fucile. In Sudafrica dicono che è tempo di Zexit. Il presidente Jacob Zuma sta per lasciare. Ha avuto dieci anni per depredare il Paese. L’ha fatto con l’aiuto e il silenzio-assenso di quelli che ora vogliono liberarsi di lui, sotto il manto dell’African National Congress che Nelson Mandela guidò alla vittoria sull’apartheid con le prime elezioni democratiche del 1994. 
I 112 membri del Nec, il comitato esecutivo dell’Anc, si sono riuniti ieri a Pretoria per decidere la sorte del settantacinquenne capo zulu diventato simbolo di corruzione. Anche se Zuma non ha l’obbligo di dimettersi, gli osservatori dicono che non potrà resistere a un verdetto di sfiducia. Dallo scorso dicembre il partito ha un nuovo leader, Cyril Ramaphosa, ex delfino di Mandela e attuale vicepresidente-rivale. Il mandato di Zuma scadrebbe con le elezioni del 2019. Ma il cambio alla testa dell’Anc ha aperto la via alla sua uscita anticipata. Il «Congresso» negli ultimi anni ha perso consensi, e la cosa più facile per recuperare è divorare il suo impopolare leader.
JZ è un maestro di sopravvivenza. Le accuse di corruzione precedono la sua salita al potere. Furono insabbiate e accantonate, perché agli amici dell’Anc faceva comodo così. Senso di impunità e nuove vette d’ingordigia. Cinque mogli e duecento capi di imputazione. Milioni spesi per rinnovare la residenza nel Kwa-Zulu Natal, la piscina pagata con i soldi pubblici e giustificata come bacino anti-incendio. Fino all’amicizia servile con i fratelli Gupta, così potenti da offrire il ministero delle Finanze a persone di fiducia.
Ha resistito per la sua astuzia. Non per niente era capo dello spionaggio dell’Anc. Prima si era fatto dieci anni a Robben Island, con Mandela. Jacob giocava a pallone nella squadra della prigione, da stopper. Uno sottovalutato: il suo predecessore alla guida dell’Anc e del Sudafrica, «l’intellettuale» Thabo Mbeki, si vide scalzato dall’«uomo del popolo» che sul palco ballava con il gonnellino di leopardo e cantava brani della lotta armata: «Portatemi la mitragliatrice». Lo stopper costrinse Mbeki a lasciare, con lo stesso gioco che oggi dovrebbe portare al potere prima del tempo Cyril Ramaphosa.
Zuma ha visto la sconfitta quando l’ex moglie Nkosazana ha perso la sfida con Ramaphosa per la testa dell’Anc. Jacob credeva che con lei al potere avrebbe avuto più chance di farla franca. Con il navigato Ramaphosa ci sono stati incontri riservati nei giorni scorsi. Zuma avrà chiesto un salvacondotto per evitare che dopo le dimissioni si aprano per lui le porte dei tribunali. Il prezzo della Zexit dev’essere parso troppo salato all’ex sindacalista che, quando Mandela scelse Mbeki come delfino, lasciò la politica per diventare uno degli uomini più ricchi del Sudafrica. L’immunità per mister corruzione non sarebbe un bel viatico per l’Anc in vista del 2019. Meglio sbranarlo in fretta.