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 2018  febbraio 13 Martedì calendario

Tim, vertice con i sindacati sulla rete. L’ad Amos Genish: Il perimetro del gruppo non cambia, lo scorporo per motivi tecnici

L’ad di Tim, Amos Genish, prova a rassicurare i sindacati sulle ricadute dello scorporo della rete, annunciato al governo e pronto ad approdare al cda il prossimo 6 marzo, insieme con il nuovo piano strategico. «Il valore complessivo non cambia e il perimetro del gruppo non è in discussione», avrebbe detto il manager ai rappresentanti delle principali sigle. Secondo Genish, infatti, la questione dello scorporo della rete non ha una valenza di tipo finanziario ma tecnico-regolamentare, e ha come interlocutore l’Agcm, l’autorità per le Comunicazioni cui il piano sarà indirizzato non appena verrà approvato dal cda. Una soluzione per rendere ancora più efficace la piena equivalenza d’accesso a tutti gli operatori.
Un argomento, questo, che ha però indispettito i sindacati. «Il tema del futuro della rete non può essere separato da quello di Tim, per l’influenza che il gruppo ha per il Paese. Non si può dunque ricondurre tutto a una questione puramente regolamentare ma occorre il pieno coinvolgimento del governo e delle parti sociali», dice ad esempio Marco Del Cimmuto, della Slc Cgil. Un concetto, condiviso dalle sigle in un comunicato.
Nel corso dell’incontro, durato un paio d’ore – con le lungaggini della traduzione simultanea, visto che Genish capisce perfettamente l’italiano ma parla in inglese – il manager israeliano ha ribadito i cardini del progetto per cui Tim avrà il 100% della società di rete. «Secondo Genish non è prevista la possibilità che la nuova società sia quotata in Borsa e non ci sarà una fusione con Open Fiber», dice Giorgio Serao, della Fistel Cisl. A sentire l’ad di Tim «qualora l’Agcom dia la sua disponibilità al modello (l’Autorità si esprimerà entro il 30 giugno), si tratterà di una nuova azienda del gruppo Telecom». Per questo motivo, «Genish non vede preoccupazioni dal punto di vista occupazionale». Del resto alla nuova società andranno circa 20 mila lavoratori quelli che già oggi si occupano di rete.
Nel corso della riunione il manager ha affrontato anche il tema degli appalti e dei tagli lineari richiesti ai fornitori: si tratta della richiesta di sconti dal 10 al 20%. Sul punto l’ad si è assunto la totale responsabilità, in linea con una maggiore equità dei prezzi. Sul punto ha detto che la decisione è solo sua sebbene si consulti anche con dei consulenti, tra cui ha ruolo principe tale Michel Sibony, uomo di fiducia spedito in Tim direttamente da Vincent Bolloré, patron di Vivendi, l’azionista che di fatto controlla l’ex monopolista. Secondo i sindacati però tali tagli in corso «rischiano di produrre pesanti riflessi produttivi ed occupazionali nell’indotto».
Insomma un incontro che più d’uno degli intervenuti definisce interlocutorio e che andrà approfondito dopo l’appuntamento del 6 marzo e nel corso dell’iter che durerà almeno un anno. Intanto si va aprendo un fronte sudamericano, visto che l’ad di Tim Brasil, Stefano De Angelis – secondo quanto riporta Bloomberg – avrebbe chiesto di rientrare in Italia per motivi personali entro luglio. Per la successione la scelta potrebbe ricadere all’esterno del gruppo come all’interno: in tal caso i «papabili» sono il direttore operativo Pietro Labriola e il direttore finanziario Adrian Calaza.