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 2018  febbraio 13 Martedì calendario

Poche truppe, mezzi fuori uso e instabilità. La Francia resta impantanata nel Sahel

È da cinque anni che le truppe francesi tentano penosamente di combattere il terrorismo islamico in una zona vasta come l’Europa, i cinque Paesi del Sahel: Burkina Faso, Mauritania, Mali, Niger e Ciad. È l’operazione Barkhane, emanazione di quella Serval che, tra il 2013 e l’anno successivo, riportò l’ordine nel Mali (una delle poche iniziative apprezzate di François Hollande). Dopo le insistenze di Emmanuel Macron, anche 470 soldati italiani stanno per arrivare in Niger, dove già ne stanziano 800 americani, mentre militari tedeschi sono attesi nel Mali. Intanto esistono (poche) forze dell’Onu, il Minusma, e si sta predisponendo (con ritardo e mezzi materiali per il momento insufficienti) una forza comune dei 5 Paesi dell’area (G5 Sahel). Alla fine, comunque, è sulle spalle dei 4500 soldati francesi che grava la speranza di combinare davvero qualcosa.

Ecco, come sta funzionando Barkhane? Abbastanza male. O, come dice Philippe Hugon, ricercatore all’Iris di Parigi, esperto dell’Africa subsahariana, «l’operazione non è riuscita a ridurre il jihadismo, ma solo a contenerlo». Decine di terroristi sono stati uccisi e tonnellate di armi distrutte. Ma la situazione resta caotica, con aree (anche nuove, come il centro del Mali) ormai fuori controllo e opinioni pubbliche avverse ai francesi, rispetto al sentimento di sollievo con cui li avevano accolti nel 2013. «Ci vorrebbe un progetto più ampio e internazionale o almeno europeo per lo sviluppo economico dell’area», continua Hugon. Non solo, pochi giorni fa Macron ha deciso di accrescere le spese militari, ma dopo dieci anni di ribassi a ripetizione. E così, quando è andato in Niger, poco prima di Natale, ha appreso che quattro dei cinque droni Reaper presenti sul posto erano inutilizzabili. Peccato, perché nella lotta contro i jihadisti del Sahel (gruppi minuscoli infiltrati nella popolazione) quegli apparecchi sono indispensabili (e meno male ci sono i droni della base Usa di Agadez, sempre nel Niger). Spesso i francesi devono agire di notte, mentre di giorno i ragazzini dislocati sulle strade principali dai terroristi li avvertono a distanza degli spostamenti delle truppe.
La situazione è particolarmente difficile in Mali, dove, fra l’altro, sono previste le elezioni presidenziali in luglio. A Parigi vorrebbero una soluzione alternativa all’attuale capo di Stato, Ibrahim Boubacar Keuta, giudicato inefficiente. E sembra che sempre a Parigi avrebbero preferito che i soldati italiani fossero venuti lì in Mali ad aiutarli. E non in Niger, una soluzione giudicata più facile.

COSE BUONE PER ANTEPRIMA