Il Sole 24 Ore, 13 febbraio 2018
Piazza Affari, le famiglie «pesano» sempre di più
Aumenta il peso delle società a controllo familiare a Piazza Affari. Passa infatti dal 61 al 64 per cento il numero delle società italiane quotate possedute da famiglie. La situazione viene fotografata dal rapporto Consob sulla Corporate governance 2017 presentato ieri a Milano. Malgrado l’aumento del numero delle società a controllo familiare, secondo la stessa ricerca non aumenta però il loro peso sulla capitalizzazione totale della Borsa, che resta invece fermo al 33 per cento.
Questa contraddizione è spiegata da una caratteristica propria di Piazza Affari, che sta diventando la Borsa perfetta per le Pmi. A sostenere la crescita del numero di società familiari a Piazza Affari è infatti l’utilizzo di uno strumento come i Pir, che stanno agevolando le Pmi. Inoltre il mercato finanziario fa sempre meno paura alle famiglie imprenditoriali che hanno a disposizione altri strumenti – come il programma Elite – per “allenarsi” in vista dello sbarco sul listino. Ci sono infine le Spac, i cosiddetti Special purpose acquisition vehicle, che per loro natura sono perfetti proprio per portare in Borsa le famiglie che vogliono evitare procedure troppo complesse e lunghe.
Certo, al momento il peso maggiore in termini di valore borsistico arriva ancora da gruppi storici, non certo nuovi alla Borsa, come Fca, Luxottica, e Atlantia-Autogrill, controllate dalle famiglie Agnelli-Elkann, Del Vecchio e Benetton.
Ma in Borsa sono approdati negli ultimi anni, proprio grazie alle Spac, aziende come Fila, il famoso produttore di matite e prodotti affini controllato dalla famiglia Candela, e il gruppo ligure Orsero, colosso della frutta posseduto dall’omonima famiglia. Sempre grazie alle Spac si è quotata Lu-Ve Group, il cui controllo è detenuto dalla famiglia Liberali. E ancora le famiglie potrebbero essere i punti di riferimento di alcune prossime quotazione sull’Mta di Borsa Italiana: sono infatti attese le Ipo della pasta De Cecco, posseduto dalla omonima famiglia abruzzese, come pure quella dei telai Itema, colosso del tessile posseduto dalla famiglia bergamasca Radici.
L’anno di prova sarà però il 2018, dove il peso dei nuovi strumenti si farà sentire probabilmente ancora di più: gli istituti del voto plurimo e maggiorato con strumenti come i Pir potrebbero ancora di più invogliare le famiglie ad entrare nei listini. Secondo il rapporto Consob sulla Corporate governance, il trend delle neo quotate nel triennio 2015-2017 è andato piuttosto in senso contrario perché rispetto alla media di mercato «sono con minor frequenza caratterizzate da un modello di controllo familiare (28% contro il 64%) e con maggior frequenza controllate da istituzioni finanziarie (32% contro il 4%)».
Durante il convegno di ieri (organizzato da Consob, Assonime e Comitato per la Corporate governance), aperto dal Commissario Consob Carmine Di Noia, sono emerse alcune criticità principali rispetto alla governance (si veda anche Il Sole 24 Ore dell’11 febbraio) e riguardano oltre all’informativa preconsiliare i piani di successione (adottati solo in un caso su cinque) e l’adozione di criteri per l’indipendenza dei consiglieri non sempre ritenuti trasparenti.
Per quanto riguarda gli investitori istituzionali, questi sono azionisti rilevanti in 61 società (26% del listino), in flessione rispetto agli anni precedenti, anche se la quota media del capitale è sostanzialmente stabile intorno al 7%. È stato segnalato però come gli investitori italiani continuano a diminuire (14 società; 14 partecipazioni); quelli esteri si riducono lievemente (50 società; 61 partecipazioni). Ma sia esteri che italiani hanno partecipato più assiduamente alle assemblee. Ed è interessante vedere come questa aumentata presenza abbia comportato una crescita dei voti contrari e delle astensioni in assemblea rispetto al capitale rappresentato. «Il voto degli istituzionali è per circa i due terzi in favore della politica di remunerazione; voti contrari e astensioni interessano il 35% delle azioni in mano ad investitori istituzionali» viene spiegato nel rapporto Consob.
L’incontro ha segnato anche l’ingresso a pieno titolo nella governance dei temi della sostenibilità. Nell’ultimo triennio infatti numerose grandi società hanno istituito un comitato per la sostenibilità. Anche se nel corso di una tavola rotonda a cui hanno preso parte Tommaso Corcos (Assogestioni) Gabriele Galateri di Genola (Generali), Patrizia Grieco (Enel, Comitato per la CG) e Gian Maria Gros-Pietro (Intesa San Paolo) si è discusso dell’opportunità di delegare la materia “sostenibilità” o se non sia il caso di farne oggetto di un’assunzione di responsabilità dell’intero Cda.