il Giornale, 11 febbraio 2018
«Ma quale divorzio breve. Ci vogliono anni per dirsi davvero addio». Intervista a Daniela Missaglia
Costume e diritto. Il mondo che si capovolge. «Una volta – racconta Daniela Missaglia – se una donna denunciava l’uomo che le aveva messo le mani addosso, nessuno le credeva. Oggi nessuno crede all’innocenza di lui». Il caso Weinstein è diventato un ciclone globale, ma le generalizzazioni e le campagne moralistiche possono fare molto male. Missaglia è uno dei più affermati avvocati matrimonialisti italiani, ma soprattutto non canta nel coro del politicamente corretto, quello che sai già come la pensa e cosa dirà. Lei non segue schemi manichei e lo dimostra nei suoi corsivi per il Giornale e ora nel suo ultimo libro, Ingiustizia familiare, appena pubblicato da Cairo. Un doppio atto d’accusa: contro un sistema giudiziario sempre in affanno e contro le troppe riforme pasticciate e inconcludenti, anche se presentate in pompa magna all’opinione pubblica.
Ecco, avvocato, nel suo pamphlet lei fa a pezzi il divorzio breve.
«Che non arriva in sei mesi, come promesso dalla legge: una modesta leggina, celebrata dai giornali».
E quanto tempo ci vuole allora per dirsi addio?
«Intendiamoci: se i due sono d’accordo, allora il calendario sprint può essere rispettato».
Ma se invece i coniugi scelgono la strada della separazione giudiziale?
«Se i due litigano e uno vuole tirarla in lungo, per rancore o per spuntare un appannaggio più alto, guai. Sono dolori».
Perché?
«Perché la legge è scritta male, sarebbero bastate due parole in più. Cosi hanno creato un pastrocchio. Si deve arrivare alla sentenza parziale di separazione giudiziale, poi comincia la causa di divorzio mentre quella di separazione va avanti sulla parte economica».
Risultato?
«I due procedimenti, la separazione e il divorzio, si sovrappongono e si accavallano con provvedimenti diversi se non contraddittori che durano anche anni e anni. Diciamo la verità: è cambiato poco o niente. Il divorzio breve si allunga come un elastico e ridiventa il divorzio lungo. Fra liti inenarrabili».
Un’occasione persa?
«Una fra le tante. C’era una volta la famiglia formato Mulino bianco. Ora questo modello è in grande difficoltà ma il punto è come fronteggiare le problematiche che si scatenano dietro le mura domestiche».
Emergenza delle emergenze: il femminicidio. Dobbiamo rassegnarci a un’interminabile Spoon River?
«Mi tocca ripetermi: è stata varata fra squilli di tromba una legge che ha inasprito le pene, ma le nuove norme non hanno fermato il massacro. Purtroppo ci vuole ben altro: polizia preparata, pm specializzati, processi veloci».
Nel testo lei cita una sentenza rivoluzionaria.
«Si, la corte d’appello di Messina ha condannato la procura di Caltagirone per l’inerzia assoluta nei confronti di una donna che aveva presentato numerose denunce ma poi è stata uccisa. Ecco, questo verdetto che punisce finalmente le responsabilità della magistratura, apre scenari inediti e ci permette di comprendere meglio la drammaticità del fenomeno. Ma questo non basta».
Quali sono le altre priorità?
«Nessuno ha la bacchetta magica, ma sono molte le tessere del puzzle da sistemare. Ricordo solo i braccialetti: non ci sono o scarseggiano, ma sarebbero fondamentali per monitorare le vittime e i carnefici».
Caso Weinstein, come regolarsi davanti a una rivoluzione ormai su scala mondiale?
«Una volta era la donna umiliata e offesa, veniva presa per pazza caso mai avesse osato raccontare cosa aveva subito. Oggi è l’uomo a ritrovarsi nell’angolo».
Quindi, come ci si deve comportare?
«Questa nuova sensibilità, apprezzabile, rischia di diventare un pensiero unico e di travolgere tutto. È un po’ come ai tempi di Mani pulite, quando il Pool scoperchiò il pentolone dei finanziamenti illeciti».
Scusi, ma che c’entra?
«Un reato fino ad allora semisconosciuto venne contestato a centinaia di soggetti. Oggi il copione si ripete: siamo circondati da ragazze che all’improvviso si svegliano e raccontano le molestie subite. Mi spiace, ma qualcosa non quadra. Io in generale non dò credito alle denunce che arrivano dopo anni e anni, quando l’eventuale illecito è ormai prescritto. In ogni caso, consiglio una buona dose di prudenza e nessun cedimento alla retorica dei tempi che annebbia la vista».