Il Messaggero, 11 febbraio 2018
Coree, la mossa di Kim per il disgelo con Seul: «Vertice a Pyongyang» `
Settanta minuti di faccia a faccia tra la delegazione di leader del Nord e quella guidata da Moon Jae-in all’interno della Casa blu (il palazzo presidenziale a Seul), al termine del quale ieri si è aggiunto un altro prezioso tassello al delicatissimo mosaico della distensione tra le due Coree: Kim Jong-un ha esortato Moon a visitare Pyongyang «in tempi brevi». Seul ha specificato che la latrice dello storico invito, Kim Yo-jong, sorella minore del dittatore nordcoreano, «ha anche portato una lettera scritta personalmente dal fratello, nella quale Kim Jong-un esprime l’intenzione di migliorare le relazioni inter-coreane». Moon non ha ancora accettato. Il presidente ha risposto esprimendo la «speranza» che l’incontro abbia luogo quando si saranno create le «necessarie condizioni».
Il presidente progressista che si è battuto per trasformare Pyeongchang 2018 nelle Olimpiadi della pace è stretto tra la linea dura degli Stati Uniti contro Kim (sanzioni e, come extrema ratio, anche un attacco preventivo) e la determinazione di quest’ultimo a conquistarsi la sua deterrenza atomica. Dunque, prima di aprire ulteriormente a Pyongyang, ha bisogno di ottenere da Kim qualcosa di tangibile, un’interruzione del programma che mira a rendere Pyongyang una potenza nucleare. I media nazionali mettono in guardia Moon ricordandogli la «dura realtà» della sfida di Kim alla comunità internazionale (che gli ha vietato, inascoltata, di testare atomiche e missili balistici intercontinentali) e sottolineano che la strada del dialogo inter-coreano è ancora «lunga e difficile».
I PRECEDENTI
Gli ex presidenti sudcoreani Kim Dae-jung e Roh Moo-hyun incontrarono il padre di Kim Jong-un, Kim Jong-il, rispettivamente nel 2000 e nel 2007, tutte e due le volte a Pyongyang. Quella che ieri ha varcato le porte della Casa blu è la delegazione del Nord di più alto livello recatasi al Sud da quando, nel 1948, la Penisola occupata militarmente dal Giappone dal 1910 al 1945 venne divisa rispettivamente in uno Stato alleato dell’Urss e un altro fedele all’America.
Kim Yo-jong, che oggi ripartirà alla volta di Pyongyang, è stata il primo membro della dinastia dei Kim a recarsi a Sud del 38° parallelo dal 1953, quando l’armistizio di Panmunjom pose fine alla Guerra di Corea. E anche ieri, come il giorno prima durante la cerimonia d’inaugurazione dei Giochi, ha continuato a mostrare al mondo il volto presentabile del regime, scrivendo sul registro delle visite del palazzo presidenziale: «Spero che nei pensieri del nostro popolo Pyongyang e Seul si facciano più vicine e che in un futuro prossimo arrivino riunificazione e prosperità».
Per allentare la morsa delle sanzioni internazionali che l’Amministrazione statunitense vogliono sempre più dure (come annunciato dal vice presidente Mike Pence l’altro ieri a PyeongChang) e scongiurare l’attacco «per far sanguinare il naso» a Kim ipotizzato dallo stesso Donald Ttump, ora Pyongyang ha bisogno di Seul. Al punto che ieri il Rodong Sinmun – l’organo ufficiale del Partito dei lavoratori – ha pubblicato ben quattro fotografie del sudcoreano Moon (un inedito per il quotidiano, che celebra quasi esclusivamente atti pubblici, discorsi e virtù di Kim) definito «presidente», anziché, come al solito, soltanto «capo esecutivo». Con la sua fretta di dialogare con Seul, Kim sembra accennare alla possibilità di fermare (magari non ufficialmente) i suoi esperimenti atomici.
IL TENTATIVO
Moon potrebbe rischiare di andare a vedere a Pyongyang le carte del dittatore nordcoreano e – eventualmente ottenute rassicurazioni sulle sue intenzioni – fare poi pressione sull’alleato statunitense per convincere Trump a sospendere o ridurre numero e portata delle esercitazioni militari congiunte Stati Uniti-Corea del Sud, che Kim vive come preparativi di un’aggressione a Pyongyang. In questo modo si arriverebbe a una doppia sospensione, dei test atomici e dei giochi di guerra Washington-Seul, che restituirebbe la parola alla diplomazia dopo mesi di spaventose minacce reciproche. Quello che Cina e Russia propongono da tempo inascoltate. Finora.