la Repubblica, 10 febbraio 2018
Un po’ icona della Pop Art un po’ Nosferatu. Il corpo del capo è tornato
Abbiamo lasciato Berlusconi alle prese con i vecchietti della casa milanese, vecchio tra i vecchi, seppure con il piglio dell’eterno puer con cui ha continuato a presentarsi davanti ai suoi sostenitori. Un Berlusconi in crisi, dopo la separazione da Veronica Lario, dopo il divorzio milionario e la vendita della sua macchina del consenso, la squadra di calcio del Milan, intorno a cui aveva creato la sua immagine di imprenditore vincente nel connubio tra sport, televisione e politica. Cos’è successo nei tre anni che separano la pena scontata e il suo ripresentarsi imperterrito sulla scena politica italiana?
Per raccontarlo bisognerebbe inoltrarsi nella storia politica dell’ultimo periodo, parlare dell’arrivo sul palcoscenico mediatico di Matteo Renzi, del suo progetto di rottamazione della vecchia politica, dell’improvviso ringiovanimento della classe dirigente italiana, almeno a sinistra, tra le file del Partito democratico. In questo frangente Berlusconi è apparso di colpo un uomo del passato, del Novecento. Un uomo finito.
Il suo corpo non era più lo strumento principale di comunicazione e di consenso. E pur tuttavia in un ulteriore sussulto aveva presentato il suo corpo in lotta con il male del XX secolo, il tumore, lotta che si era conclusa con una vittoria ai punti, almeno sul piano mediatico. E poi? Poi è arrivata la crisi della leadership politica di Renzi che l’ha rimesso in piedi, l’ha rilanciato come un possibile vincitore delle elezioni politiche del 2018. Ma che Berlusconi è quello che oggi si ripresenta sui teleschermi?
È un avatar nel terzo aspetto che questa figura mitologica possiede e che i telespettatori hanno colto al volo: l’icona. Lo è nel modo in cui è stata pensata nell’arte del XX secolo da un artista come Andy Warhol.
Berlusconi è ora l’icona di se stesso. Come ignorare le sue precedenti “discese”? Non solo ha unito il divismo dello spettacolo con quello della politica, ma ha creato la propria icona imperitura. Si cita, non si ripete. O meglio: si ripete citandosi, e in questo modo conferma l’aspetto d’icona che ha assunto.
Berlusconi non avrà sicuramente letto Jean Baudrillard, eppure egli pare l’incarnazione perfetta della teoria del filosofo francese per cui la fascinazione del divo è “fredda”, una forma di seduzione che caratterizza le merci nella società tardocapitalistica. Berlusconi è una merce fredda, che ha di continuo bisogno di rinnovare il desiderio dell’acquirente, di stimolare l’acquisto del suo elettore. Seduce ancora per questo. Si tratta di quella che Ugo Volli ha chiamato “la seduzione speculare”: ha bisogno del sedotto più ancora che questi del seduttore stesso.
Un potere che va attribuito al fascino feticista delle merci, a partire da quella merce delle merci che è la moda contemporanea.
Berlusconi come avatar, ma anche come mummia, nel senso religioso del termine. Una fotografia pubblicata sul quotidiano la Repubblica lo mostrava in tutta la rovina del suo volto di solito coperto dal cerone dei truccatori televisivi.
Non rughe, bensì pieghe del viso, che mostrano, come in un vecchio film espressionista dell’inizio del XX secolo, la natura recondita del personaggio stesso. Una specie di zombi, che tuttavia possiede il valore sacrale d’icona. Il corpo è come scomparso, o almeno sembra eclissato dal valere iconico del volto, da quella espressione immobile che l’apparenta a quel “qualcosa” che è insieme vivo e morto.
La sua identità di morto vivente la si coglie se si pensa alla figura di Nosferatu, così come lo ha descritto in un suo film Werner Herzog. C’è nel leader di Forza Italia un aspetto che si può definire vampiresco e che è stato sottolineato dalla ex moglie Veronica Lario nel momento in cui ha descritto i suoi festini, i bunga bunga di Arcore, attraverso le “figure di vergini che si offrono al drago”. Nei tre anni trascorsi dall’affidamento ai servizi sociali Berlusconi ha assunto sempre più questo aspetto anche fisico del vampiro, che si nutre del sangue giovane nella sua condizione di morto vivente.
In questo incarna ancora una volta con perfetta sintonia la realtà della politica italiana, meglio dell’Italia stessa: un Paese insieme vivo e morto.
Di questo è l’icona che riassume sia alla fine del XX secolo come all’inizio del XXI la realtà profonda del Paese. Il suo ritorno sulla scena dopo gli innumerevoli restauri del volto, i trapianti di capelli, le cure dimagranti e altri interventi, minaccia di trascinare con sé ciò che è ancora vivo nel corpo sociale, ciò che ancora si dibatte e mostra una vitalità residua: mutarlo nella condizione liminare degli zombi. Ci riuscirà? Non è facile dirlo, perché dopo l’ultima reincarnazione del Cavaliere è impossibile pronosticare che cosa accadrà.
Berlusconi dopo Berlusconi, il corpo del Capo dopo il corpo del Capo. Ancora.