la Repubblica, 10 febbraio 2018
Brigitte Macron, le fotografie e i reporter. «Non mi vedrete inciampare»
PARIGI Brigitte Macron si avvicina ai fotografi. «Uno dei vostri colleghi – racconta – mi ha finalmente spiegato perché mitragliate con i vostri apparecchi: non volete rischiare di perdervi lo scatto in cui inciampo, una mia eventuale caduta». I 5 fotografi stanno al gioco, provando a negare le cattive intenzioni. E lei, impassibile, aggiunge con un sorriso: «Avrete notato che non metto più i tacchi a spillo fuori dall’Eliseo». Il compito di una première dame si riassume forse in queste poche battute: evitare qualsiasi passo falso. Brigitte Macron l’ha capito una volta entrata al palazzo presidenziale dove si sono viste soprattutto mogli infelici, coppie in crisi, tradimenti, separazioni. In questi primi otto mesi non ha fatto errori, sfugge finora alla maledizione dell’Eliseo. È presente ma non troppo, attiva senza straparlare, radiosa e a suo agio.
La première dame arriva quando il vernissage è finito, restano poche decine di persone, solo due giornalisti. Esile, sempre magrissima, vestita di nero con sciarpa fucsia, caschetto biondo leggermente spettinato. È venuta al Castello di Vincennes per inaugurare la serie di ritratti “Détenues”, detenute, firmato dall’amica fotografa Bettina Rheims. «Ci conosciamo da dieci anni, non mi sono mai persa una sua mostra», racconta Madame Macron a Repubblica. «Ammiro Bettina perché è una delle poche donne in un mondo molto maschile», continua la première dame che si lancia in un appassionato elogio dell’artista.
«Eppure – continua – sarei terrificata all’idea di farmi fotografare da lei: coglie l’essenza delle persone, non le si può nascondere niente, sembra quasi stregoneria».
Passa davanti ai ritratti femminili che Rheims ha scattato nelle carceri francesi.
Sono volti feriti che tentano di sorridere davanti all’obiettivo.
Le chiediamo se vede un punto in comune nella galleria di volti.
«Sono donne diverse tra loro ma hanno qualcosa nello sguardo che le riunisce. Il dolore, la sofferenza». Alcune detenute usciranno tra poco, altre devono scontare lunghe pene. Il lavoro di Rheims serve anche a dare un sostegno in vista del reinserimento nella società.
«Sapevi quale crimine hanno commesso quando le hai fotografate?». «No – risponde la fotografa – le ho scelte senza saperlo, solo dopo me lo hanno raccontato». La première dame legge l’introduzione del giurista Robert Badinter che spiega come queste carcerate abbiano un bisogno semplice e fondamentale: tornare a essere guardate. Brigitte annuisce. L’ex insegnante è sensibile alle questioni sociali, si è occupata di handicap, autismo. «Non dobbiamo dimenticarle, sono donne come me e voi», ci dice uscendo. Non appena le facciamo una domanda più politica, Madame Macron glissa, passa la parola alla giovane ministra Marlène Schiappa, che l’accompagna.
Lo scrittore Philippe Besson conosce bene la coppia, ha firmato un libro su Macron (“Un personnage de roman”).
«Brigitte – spiega – ha il terrore è dire qualcosa che possa danneggiare il marito». Il romanziere prosegue: «Essere première dame è un lavoro impossibile, ma finora se l’è cavata piuttosto bene». Ha saputo incassare gli attacchi sulla sua età, la differenza rispetto al marito, o sulla lunghezza delle sue gonne.
Brigitte è padrona di casa all’Eliseo, svolge con eleganza il compito di rappresentanza, «le più belle gambe di Parigi», ha sentenziato Karl Lagerfeld.
Dietro le quinte, l’ex insegnante consiglia il marito («Lei è me, e io sono lei», ha detto una volta Macron). E risponde a tante lettere di donne che la vedono come un’eroina. Lo scrittore Besson la descrive come una «Madame Bovary che ha saputo sfuggire al destino piccolo borghese».
La storica Joëlle Chevé ha dedicato un libro su “L’Élysée au féminin”, nel quale è inclusa una delle rare interviste di Brigitte.
«Non farà certo la rivoluzione ma è riuscita a modernizzare il ruolo – commenta la studiosa non cammina più tre passi indietro al marito e appare come una donna felice, soddisfatta della propria vita, senza particolari inquietudini».
Laurence Pieau, direttrice di Closer, sostiene che l’ex insegnante ormai in pensione è diventata un simbolo femminista a sua insaputa. «Ha ridato fiducia a tante donne oltre i cinquant’anni che si sentono di nuovo forti e sexy».
Ogni articolo su Madame Macron, prosegue, fa vendere e tanto. Closer ha fatto fortuna sulla maledizione dell’Eliseo, pubblicando lo scoop su Hollande con il casco dall’amante. Con i Macron, conclude la direttrice, pochi gossip scabrosi in vista ma una favola da raccontare.