Il Messaggero, 12 febbraio 2018
«Il futuro? Portare il talent Idol in Italia». Intervista a Gabriele Immirzi
Gabriele Immirzi, 46 anni, mezzo inglese e mezzo romano, è la classica persona che sta nell’ombra e che decide un sacco. È il direttore generale di Fremantle Media Italia, la casa di produzione televisiva che, tra le altre mille cose, ha portato X Factor dalla Rai a Sky, trasformandolo nel marchio cool che è adesso, di Italia’s Got Talent (spostato da Mediaset a Sky) e della sola opera Rai Un posto al sole. Una carriera iniziata come giornalista al Corriere del Mezzogiorno, Immirzi molla tutto agli inizi degli anni duemila per mettersi in società con due suoi ex compagni di liceo: Lorenzo Mieli (figlio del giornalista Paolo) e Elena Recchia. Vogliono creare un canale televisivo, le cose vanno male, ma con la loro società di produzione, la Wilder, cominciano a proporre video ai siti dei giornali (seguono il G8 per La Stampa) e documentari. Nel giro di qualche anno la Wilder diventerà una delle realtà più innovative e interessanti del panorama italiano di produzioni televisive: mentre faceva Boris, Fox ne acquista le quote di maggioranza, successivamente rilevate dal colosso internazionale Fremantlemedia. E così i tre ex compagni di classe, in poco meno di 15 anni, si trovano a capo di una delle più grandi case di produzione televisive italiane.
Immirzi, avete fatto i soldi?
«Non piangiamo miseria, non abbiamo il problema di arrivare a fine mese. Ma i ricchi sono un’altra cosa».
Per esempio Simon Cowell, l’inventore di X Factor e del format Got Talent
«Ha avuto grandi idee. Ricordo una volta, lo avevamo come ospite per Italia’s got talent. Tra le sue richieste c’era quella di avere uno spazio esterno per fumare, lui è un accanito fumatore. Lo costruimmo apposta dietro al suo camerino, dovemmo decespugliare la zona, recintarla Simon arriva nel suo camerino, noi tutti fieri e lui: Oggi non ho voglia di uscire, credo che fumerò dentro, nel camerino!».
La sua vita professionale deve essere piena di aneddoti. Che cosa la colpisce di più in un talent, cioè in un personaggio?
«Molte delle persone che appaiono sullo schermo hanno un ego spropositato. E poi ci sono quelli che uniscono la grande professionalità con l’umiltà, il rispetto per gli altri. Gente come Fabrizio Frizzi. Ho un bel ricordo di lui: anni fa facemmo un prime time per la Rai. Andò malissimo e dopo due puntate venne chiuso. Ebbene, il giorno della chiusura in studio c’era un clima da funerale. E Fabrizio ci portò tutti a cena fuori: dal primo autore all’ultimo runner. Un signore d’altri tempi».
Dura la vita del produttore?
«Diciamo che non è una vita semplice. È divertente, ma abbiamo orari difficili. Show come X Factor, a conti fatti, fanno ballare circa 500 persone».
A proposito di X Factor, a che punto siete con la scelta dei giudici?
«Lasci stare, è una specie di sudoku. Il processo comincia con l’edizione in corso: è lì che cominciamo a ragionare con Sky sull’assetto dell’anno successivo».
Si mormora che Fedez abbia detto: O io o Levante. E infatti lui è già confermato
«Non mi risulta che Fedez abbia detto questo. Ma le confermo che Fedez e Mara Maionchi saranno nella giuria di X Factor 2018».
E gli altri due?
«Stiamo facendo le valutazioni del caso».
L’ipotesi Morgan esiste?
«No, lo escludo nel modo più assoluto. Morgan per tanti anni è stato un bravissimo giudice, ha una grande capacità affabulatoria, una cultura sterminata. C’è stima e amicizia. Ma non tornerà. Non abbiamo gradito alcune esternazioni che ha fatto dopo l’uscita dal programma».
Si conceda di sognare: il suo giudice di X Factor da proposta indecente?
«Maria. Maria De Filippi».
Siete tutti pazzi di Maria, voi della televisione!
«Quella donna è un genio».
Un genio del male?
«No: un genio della tv. Non sbaglia un colpo. Ha un enorme istinto, una comprensione profonda delle persone. Quando l’ho conosciuta, mi ha colpito molto come ti ascolta, ti studia, ti vuole capire. È molto lucida e ha un’intelligenza particolare. E poi è una produttrice, rende la macchina perfetta. È la nostra Oprah Winfrey».
Eppure la De Filippi faceva Italia’s Got Talent su Mediaset e voi l’avete portato in Sky.
«Il format è di Fremantlemedia Il passaggio è stato brusco e al tempo magari non l’hanno presa benissimo. Ma uno dei nostri desideri è quello di ricominciare a lavorare con Mediaset».
Avete nuovi progetti?
«Sì: portare Idol in Italia: è il nostro terzo grande format di talent show. Tutto è incentrato sull’artista: non ci sono squadre, né competizioni tra giudici».
In American Idol i giudici sono nomi grandissimi dello showbiz. Avremo mai una big star come Laura Pausini in un programma italiano?
«Laura Pausini? Magari! Ma da noi la mentalità, il percepito della tv, sono diversi rispetto all’estero. Alcuni pensano che non sia appropriato per un artista andare in tv. Credono che sia sminuente. Ma sbagliano».
Ovvio che dica così: li producete voi questi programmi.
«Però devo riconoscere che è anche un problema di budget: non è un segreto, in America ci sono dei cachet incredibili».
A Katy Perry hanno dato 25 milioni di dollari per fare American Idol. In Italia su che cifre stiamo?
«Guardi, io mi occupo di contratti. Diciamo che spesso girano cifre astronomiche non vicine alle realtà. E poi show come X Factor sono un impegno grosso, processi lunghissimi che richiedono una presenza costante».
Senta ma non se ne esce dai talent show?
«Vanno avanti da anni, ma non sono esausti. Però è vero che nessuno capisce cosa sarà la next big thing dell’intrattenimento televisivo».
Lei che ne pensa? Di sicuro si è fatto un’idea.
«Ultimamente c’è la tendenza al reebot di marchi storici televisivi, insomma si tende a riproporre i grandi successi del passato come Rischiatutto e Sarabanda. Tra non molto infatti ripartiranno, a reti invertite rispetto al passato, La Corrida (su Rai) e Scommettiamo che (su Mediaset)».
Voi a che programma d’antan state lavorando?
«Ok il prezzo è giusto!, un altro nostro brand storico. Ci piacerebbe riportarlo in tv, ma di più non posso dirle».
Come spiega il mistero di Un posto al sole, la telenovela Rai che va avanti da 20 anni?
«È una macchina fatta da professionisti strepitosi, in un centro produttivo, quello di Napoli, in cui hanno un’attenzione pazzesca per tutto. Un’intera generazione italiana è cresciuta con Un posto al sole, è una presenza televisiva rassicurante ma il prodotto si è evoluto con i tempi».
Cioè mi sta dicendo non che lo guardano solo le casalinghe?
«Ma per niente! Pensi che tra qualche giorno sul set arriverà anche il conduttore televisivo americano Conan O’Brien, che è fan di Un posto sole da sempre. Non sappiamo se farà la comparsa o la guest star. A parte lui, comunque, il pubblico è molto eterogeneo e ampio: mi chiamano persone insospettabili, giornalisti, uffici stampa, gente del marketing, per protestare sulla trama, per chiedermi anticipazioni. Tenga conto che è un programma che fa due milioni di spettatori puliti puliti».
Anche lei schiavo dell’Auditel?
«Non schiavo. Vittima. L’Auditel non ti regala mai niente. Puoi avere il giusto (cioè quello più o meno ti aspettavi) o essere penalizzato. È quasi impossibile il contrario. Il che fa di te una vittima perenne».