Corriere della Sera, 11 febbraio 2018
La svolta di Berlino: basta lezioni all’Europa
Nell’ottobre scorso, l’ultimo gesto di Wolfgang Schäuble prima di lasciare il suo posto da ministro delle Finanze di Berlino era stato incendiario: un documento distribuito ai suoi colleghi dell’area euro per prefigurare un nuovo inasprimento. Il vecchio politico cristiano-democratico proponeva di affidare una stretta vigilanza sui bilanci in Europa a un nuovo organo tecnico, nel quale solo Berlino e Parigi avessero diritto di veto; chiedeva regole per il default automatico dei Paesi in difficoltà; si offriva generosamente di accogliere in Germania i giovani disoccupati nelle economie sottoposte a un simile trattamento.
Non sono passati neanche quattro mesi da allora, ma almeno in superficie molto sembra cambiato. L’uomo che si prepara a prendere il posto di Schäuble a palazzo Detlev Rohwedder, la sede delle Finanze costruita nel 1935 per ospitare il ministero dell’Aviazione del Reich e il quartier generale di Herman Göring, oggi parla in maniera diversa. Il suo nome è Olaf Scholz, 59 anni, borgomastro socialdemocratico di Amburgo, un tempo vicino a Gerhard Schröder e al suo programma di liberalizzazioni del mercato del lavoro che oggi è detestato dalla base della Spd. In un’intervista a Spiegel come ministro delle Finanze in pectore della coalizione fra il suo partito e l’Unione di centrodestra, Scholz ha iniziato a parlare in maniera opposta rispetto a Schäuble. Non ha neppure risparmiato le critiche a quest’ultimo. «Non vogliamo dettare agli altri Paesi il modo nel quale essi si debbano sviluppare – ha detto Scholz —. In passato sicuramente sono stati fatti degli errori».
Non è difficile leggere nelle parole di Scholz il ricordo di come le politiche imposte da Berlino hanno contribuito a un crollo di quasi un terzo del reddito nazionale della Grecia. O un riferimento alla doppia recessione in cui è caduta l’Europa nel 2011, a causa della stretta di bilancio prematura dalla Germania per quasi tutta l’unione monetaria.
Allora la Spd, alleata di Schäuble e di Angela Merkel, aveva subito quelle scelte del proprio stesso governo senza fiatare. Oggi invece ha strappato il ministero delle Finanze a una Merkel disposta a molte concessioni pur di restare al potere. Per questo il nuovo ministro designato si sente finalmente libero di indicare un approccio diverso, meno drastico.
Resta da vedere se l’opinione pubblica e l’establishment tedesco stiano con Scholz o con Schäuble: il primo ha una personalità ancora relativamente poco nota ed è visto con sospetto dalla base del suo stesso partito; il secondo è quasi un eroe per milioni di tedeschi.
Resta da capire, prima ancora, quanto sia «grande» e solida la coalizione fra Spd, Cdu e Csu che in teoria dovrebbe governare la Germania fino al 2021. Quella cordata valeva poco più del 50% dei voti la sera delle elezioni nel settembre scorso e oggi nei sondaggi viaggia anche sotto quella soglia. Scivolata al 17% dei consensi, la Spd ormai è quasi raggiunta come secondo partito tedesco dalla forza di destra radicale Alternative für Deutschland. Quello che fu il più grande partito della sinistra democratica al mondo è in ebollizione e il referendum fra gli iscritti sull’accordo con Merkel oggi non ha un risultato certo.
Non c’è dubbio che Scholz sia sincero nell’auspicare una svolta di Berlino in Europa. Ma proprio per questo la pressione su di lui in Germania sarà enorme e la percezione dei propri interessi da parte dei tedeschi comunque non cambia: anche i più influenti economisti socialdemocratici, Marcel Fratzscher e Henrich Enderlein, difendono posizioni che in Italia suonano draconiane e inaccettabili.
Il nuovo tentativo di accordo di Merkel con la Spd ha dunque rimesso la politica europea in movimento. Che l’abbia già portata a un lieto fine per noi, resta ancora da dimostrare.