Corriere della Sera, 11 febbraio 2018
«Caso chiuso: Pamela è stata uccisa». Altri due fermati, pronti alla fuga
MACERATA Un imbianchino di 29 anni, Innocent Osaghele. Un piastrellista di 27, Awelima Lucky e il fabbro Lucky Desmond, di 22. Tutti e tre nigeriani. L’hanno fatto loro, dicono gli inquirenti. Il 30 gennaio scorso hanno ucciso Pamela Mastropietro con un colpo in testa e due coltellate, poi hanno infierito sul corpo.
L’ipotesi al momento è quella di una violenza di gruppo degenerata. «Il caso è chiuso», ha annunciato ieri il procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, firmando i provvedimenti di fermo per gli ultimi due. Gravi indizi e pericolo di fuga: Awelima, ormai, stava scappando. Venerdì a mezzogiorno era già alla stazione centrale di Milano con sua moglie: nello zaino vestiti e soldi, pronto per fuggire in Svizzera.
I rapporti e i telefoni Caso chiuso. Il giorno del delitto i tre nigeriani – tutti richiedenti asilo – erano lì, in via Spalato 124. In momenti diversi sono tutti entrati in quella casa: lo dimostrano le celle telefoniche che hanno captato i segnali dei cellulari. È la casa al terzo piano dove viveva in affitto (a 400 euro al mese) Innocent Osaghele, l’ex imbianchino di religione pentecostale diventato in fretta pusher a Macerata.
La casa dove Pamela è salita l’ultimo giorno della sua vita, poco dopo le 11, con la dose di eroina e la siringa da 5ml.
Un imbianchino, un piastrellista e un fabbro. La prima cosa che gli inquirenti hanno chiesto loro è proprio che tipo di professione facessero in Nigeria, prima di arrivare in Italia coi barconi, anche alla luce dell’autopsia effettuata sul corpo della ragazza. Osaghele e gli altri due, fermati ieri, continuano a negare perfino di conoscersi. Ma nella rubrica telefonica del primo, Awelima Lucky è indicato come «Isha Boy». E in quella di Lucky Desmond lo stesso numero compare alla voce «Lucky 10».
Si conoscevano, eccome. E con quei tre cellulari, nel giorno del massacro, si sono telefonati. Il traffico è molto intenso, prima e dopo. Lo dicono i tabulati.
La ricostruzioneIl 29 gennaio scorso Pamela Mastropietro si allontana volontariamente, alle 14.30, dalla comunità terapeutica «Pars» nel paese di Corridonia, dov’era entrata per disintossicarsi il 18 ottobre scorso. Gli operatori non riescono a dissuaderla.
Il mattino dopo, intorno alle 9, si fa portare da un tassista peruviano, pagando 7 euro, fino ai giardini Diaz, la piazza di spaccio più nota di Macerata. Lì incontra il pusher Oseghale che però ha solo hashish, mentre lei chiede eroina.
Oseghale allora racconta di aver accompagnato la ragazza allo Stadio dei Pini dove «lavora» Lucky Desmond, che invece l’eroina ce l’ha e vuole 30 euro per una dose. Pamela lo paga e s’incammina insieme ad Osaghele: puntano verso la casa di via Spalato. Ma prima di salire, la ragazza si ferma anche alla farmacia Matteucci a pochi metri, entra e con 20 centesimi compra la siringa. La telecamera interna del negozio la inquadra.
Sono passate da poco le 11. Anche il tassista peruviano in quei minuti passa in farmacia a comprare una cosa per sua figlia che sta male, così la riconosce e vede che sta entrando insieme al nigeriano in quel portone.
Dopo il delitto Alle 22.30 di martedì 30 gennaio il massacro è ormai compiuto: Osaghele scende di casa con due trolley, uno è proprio quello rosso e blu con cui la ragazza si è allontanata dalla comunità. L’altro, invece, appartiene a uno dei tre nigeriani.
Nei due trolley ci sono i resti di Pamela. Osaghele chiama un camerunense che conosce e gli chiede di portarlo fuori città con le valigie. Quando arrivano vicino Pollenza, in aperta campagna, il nigeriano chiede di scendere, lascia le valigie quasi sul ciglio della strada e si fa riaccompagnare a Macerata. L’amico camerunense un po’ s’insospettisce. E quando il mattino dopo un passante fa il macabro ritrovamento, la notizia si diffonde e l’uomo corre dai carabinieri.
È il 31 gennaio, Osaghele e Lucky Desmond sono andati insieme a comprare dieci litri di candeggina in un negozio: ci sono dei testimoni che lo affermano. La candeggina serve per lavare via il sangue dall’appartamento. I tre cercano di cancellare ogni traccia. Ma ormai i carabinieri hanno individuato Osaghele e l’arrestano.
Lui, al magistrato, fa prima il nome di Lucky Desmond che abita in via dei Velini a Macerata e poi domenica scorsa, per la prima volta, agli inquirenti parla anche di «Isha Boy», cioè Awelima Lucky, che vive nel centro d’accoglienza «Hotel Recina» a Montecassiano.
Quest’ultimo, però, è già andato via di lì, ha raggiunto a Cremona la moglie, completamente estranea alla vicenda. Vorrebbero fuggire, ma è troppo tardi.