Corriere della Sera, 10 febbraio 2018
La messaggera del dittatore non ama commettere errori
PYEONGCHANG È arrivata con il jet privato del fratello, chiusa in un cappotto nero con collo di pelliccia, calze color carne, stivaletti alla caviglia, capelli raccolti dietro la nuca da un fiocchetto a rosa, sempre nero. Poco trucco, lucidalabbra leggerissimo. Ha sorriso molto e parlato poco in pubblico Kim Yo-jong, la sorella del Maresciallo Kim Jong-un, la prima esponente della Dinastia nordcoreana a mettere piede nella Sud Corea nemica. La presenza di questa giovane minuta testimonia che il gioco tra Pyongyang e Seul è entrato in una fase decisiva. Successo o naufragio tragico.
Kim Yo-jong è l’unica donna nel Politburo del Partito dei Lavoratori nordcoreano, anche se formalmente non è lei a guidare la delegazioni nordista ai Giochi, la messaggera del Maresciallo non può che essere lei.
Incerta l’età: 29 anni, secondo il dossier del Tesoro americano che l’ha messa nella lista nera; o 30 o 31. Misteriosa come il fratello. Però qualche cosa di lei la sappiamo, perché da ragazza a fine Anni 90 fu mandata a studiare in un college in Svizzera, proprio con il fratello maggiore Jong-un. E varie intelligence hanno indagato su quegli anni spensierati. Yo-jong è cresciuta a stretto contatto con il fratello destinato a diventare leader, entrambi allevati da una coppia di zii e sorvegliati da una schiera di gorilla. Testimonianze sostengono che Kim Yo-jong a Berna fosse sempre seguita da alcune assistenti così premurose e apprensive che una volta, per un raffreddore, avrebbero ritirato la ragazza da scuola portandola direttamente in ospedale per giorni. Yo-jong fu iscritta al college di Berna sotto falso nome, spacciata per la figlia di un diplomatico. Pare che le piacesse molto la musica e andare a cavallo (ci sono foto di lei in sella). Il fratello maggiore in Svizzera si innamorò del basket. Un terzo fratello più piccolo, oggi defilato, è patito di Eric Clapton. I tre ragazzi Kim a Berna usavano tutti il falso cognome di copertura, Pak.
Per papà Kim Jong-il, Yo-jong, che ai tempi era paffuta a giudicare dalla foto del college, era «la mia dolce principessa». Dolce forse, principessa di sicuro nella dinastia, ma cinica e spietata. Non poteva essere all’oscuro della decisione presa da Kim Jong-un di far avvelenare il fratellastro a Kuala Lumpur l’anno scorso, perché siccome dirige la propaganda, deve averlo consigliato sulla gestione dell’impatto mediatico dell’assassinio.
Kim Yo-jong dal 2015 dirige il Dipartimento Propaganda e Agitazione del regime. Decide la strategia di comunicazione pubblica del Paese più chiuso del mondo. È il megafono della Dinastia Kim. È lei che gestisce l’immagine del Maresciallo e sceglie quali immagini di lui diffondere nel mondo. Ma è anche lei a decidere come alimentare il culto della personalità a uso interno, è lei che «agita» le masse di nordcoreani. E poi è stata vista dare ordini e fare cenni alle guardie del corpo del leader in diverse occasioni. Nel 2016 avrebbe consigliato maggior prudenza nelle uscite pubbliche del fratello per il timore che gli americani lanciassero una «operazione decapitazione». Ora gioca anche all’estero, in casa del nemico.