Corriere della Sera, 12 febbraio 2018
Nei collegi che decidono chi vincerà
«Se i figli trascineranno i genitori, da qui verrà una valanga di voti ai Cinquestelle». Siamo al Circolo del nuoto di Avellino, buona borghesia, il mio interlocutore è nipote di uno storico sindaco democristiano, conosce come le sue tasche la gente di qui. Dice che i figli non hanno più niente da perdere, mentre i padri sentono ancora un legame di riconoscenza verso un antico sistema di potere che però non ha più niente da spendere. Da questo dibattito interno alle famiglie meridionali dipenderà l’esito delle elezioni, se cioè ci sarà una qualche maggioranza in Parlamento o i Cinquestelle riusciranno a prendere abbastanza seggi da impedirle tutte. La sorte della prossima legislatura si gioca sul fronte del Sud.
Il «viaggio elettorale»
Certo è che se Francesco De Sanctis, il grande critico letterario, rifacesse oggi il suo celebre «Viaggio elettorale» in Irpinia del 1876, troverebbe una grande novità: la ribellione si è fatta strada persino nelle famiglie della classe dirigente, in quella borghesia intellettuale che dall’Unità in poi ha garantito la fedeltà del Mezzogiorno.Al Circolo mi avvicina uno dei soci, giovane, compito e disinvolto. Si presenta. È un professore universitario, candidato per i Cinquestelle nel collegio maggioritario. «Con rispetto e deferenza – mi dice – temo che voi dei media non abbiate capito niente». Mi promette che dopo la sua elezione al Senato, che dà quasi per certa, verrà a trovarmi a Roma per spiegarmi tutto. Più tardi mi dicono chi è: Ugo Grassi, preside del Dipartimento di Giurisprudenza a Napoli, andato sposo a una notaia, a sua volta nipote di una delle personalità più interessanti e colte del cattolicesimo democratico, il banchiere ed economista Pellegrino Capaldo. Praticamente il candidato grillino fa parte della famiglia più potente e rispettata di Atripalda, grosso centro alle porte di Avellino. L’altro candidato del M5S in zona è invece un imprenditore neanche quarantenne, di grande successo ma soprattutto di nuovo conio, un self made man, Michele Gubitosa, fondatore del gruppo «HS soluzioni informatiche», tanto per capirci l’azienda che ha garantito il funzionamento dei sistemi informatici dell’intera Expo di Milano, tra l’altro già presidente onorario dell’Avellino calcio. Siamo insomma in pieno establishment.Le scuole di pensiero
I sondaggisti si dividono tra coloro che pensano che gli italiani voteranno seguendo la lista, nella logica del proporzionale, e quanti credono invece che prevarrà la logica del collegio uninominale, e la gente sceglierà basandosi sul nome del candidato. Il risultato elettorale potrebbe variare non di poco a seconda di quale sistema avrà la meglio. I Cinquestelle partivano battuti nei collegi, perché i loro militanti sul territorio sono persone poco note. Si dice addirittura che il Rosatellum reintroduca l’uninominale, seppure per un terzo solo dei seggi, proprio per sfruttare questa debolezza. Pare chiaro che Di Maio e Casaleggio sono corsi ai ripari, cercando candidati esterni di peso. Ad Avellino ci hanno provato, e quasi quasi ci riuscivano, anche con Piero Mastroberardino, uno dei nomi più noti del vino italiano nel mondo, Lacryma Christi e Greco di Tufo. Se questo gioco gli riesce, il voto meridionale può far saltare sia la maggioranza di centrodestra sia le larghe intese.La conversione della borghesia meridionale è un fenomeno intrigante. Un professore di filosofia dell’Università di Salerno mi racconta un episodio: «Quando sono andato in ateneo a compilare la dichiarazione dei redditi, arrivati alla pagina del 2 per mille l’impiegato mi ha detto: l’avviso subito che non può destinarlo ai Cinquestelle, sono un movimento e non hanno depositato lo statuto come previsto dalla legge. Un po’ sorpreso gli ho chiesto perché me lo precisava. E lui mi ha risposto che tutti i miei colleghi passati prima di me volevano indicare i Cinquestelle come beneficiari».Il ceto protetto
I docenti universitari sono un ceto protetto, e benestante. Perché mai si schiererebbero con i grillini? «Perché anche noi non abbiamo niente da perdere, seppure in senso opposto ai giovani disoccupati. Siamo cioè così garantiti che niente di male ci può succedere. E quindi possiamo provare». Potrebbe essere una buona chiave di lettura di questa campagna elettorale: il Nord più prudente sull’avventura perché teme che le ricette economiche di Di Maio facciano disastri, il Sud garantito e/o dimenticato che invece è più disposto a rischiare.Fatto sta che al Mezzogiorno si avverte anche nei ceti intellettuali, nella burocrazia, tra gli insegnanti, un disagio politico che si fonde con un senso di rivalsa per la subalternità del Sud, e che potrebbe prendere la strada del M5S, tradendo così il vecchio blocco di potere. D’altra parte i partiti tradizionali, quelli che sommati potrebbero dar vita alle larghe intese in Parlamento, si presentano con il figlio di De Luca, il nipote di De Mita, la figlia di Cardinale e la moglie di Mastella. Quasi a rimarcare la continuità. E talvolta senza nascondere la contiguità. A Salerno, per esempio, nel collegio dove il Pd ha schierato Piero De Luca, il rampollo del governatore, il centrodestra ha scelto una desistenza di fatto, candidando un quidam de populo di Fratelli d’Italia che pochi conoscono.L’alternativa al sistemaAnche per questo l’elettorato meridionale, più che la competizione classica Centrodestra-Centrosinistra che gli permetteva pur sempre di scegliere all’interno dei poteri costituiti, stavolta avverte la corsa elettorale come una gara Cinquestelle-sistema. Può darsi che scelga il secondo, come ha sempre fatto. Oppure no.