La Stampa, 11 febbraio 2018
Al Brennero tentazioni austriache
C’è un problema al Brennero. Per l’Italia che guarda al voto il maggior grattacapo diplomatico viene dalle mosse di Vienna. Il governo del trentunenne cancelliere Sebastian Kurz non ha neanche due mesi di vita ma quanto dice e fa scuote l’equilibrio lungo la frontiera.
Il motivo è anzitutto la volontà di assegnare ad ogni abitante dell’Alto Adige un passaporto austriaco, dimostrando di considerarli dei connazionali. È un progetto politico che viene dal programma dell’ultranazionalista «Partito della Libertà» di Hans-Christian Strache e la coalizione di governo guidata da Kurz in dicembre lo ha fatto proprio. Dunque è una priorità del cancelliere.
Ma il problema viene dal fatto che stride con lo status speciale dell’Alto Adige, frutto del patto De Gasperi-Gruber del 5 settembre 1946 – pieno riconoscimento dell’autonomia amministrativa, linguistica e culturale della regione germanofona da parte dello Stato italiano – perché voler trasformare gli abitanti di tale regione in cittadini austriaci significa stravolgere quegli accordi.
A confermare tale volontà da parte di Vienna c’è la richiesta all’Italia di lavorare assieme alla proposta sui passaporti considerando Bolzano come un terzo, necessario, interlocutore.
L’idea stessa di un negoziato a tre fra Italia, Austria ed Alto Adige tradisce la volontà di ridefinire la mappa dell’Europa in una regione dove la Prima guerra mondiale causò immani distruzioni e il nazifascismo innescò feroci odii interetnici. Per non parlare dei volontari nelle Ss Bozen.
Se fino al 1918 erano stati gli italiani trentini a soffrire le imposizioni della corona asburgica e negli Anni Trenta del secolo scorso era stato il fascismo a opprimere i sudtirolesi obbligandoli a rinunciare alla germafonia, dopo la Seconda guerra mondiale il patto De Gasperi-Gruber ha generato un modello di convivenza interetnica da molti considerato esemplare.
Da qui la preoccupazione con cui Roma e Bruxelles guardano alle iniziative dell’Austria, rafforzata dalle indiscrezioni che rimbalzano da Vienna sulla creazione di «gruppi di lavoro» destinati ad affrontare le diverse questioni sul tappeto: dalla necessità dei nuovi cittadini sudtirolesi di svolgere il servizio di leva – che in Austria sussiste – alla necessità di farli votare alle elezioni nazionali fino al conseguente bisogno di modificare la Costituzione per acquisire nuovi cittadini sulla base dell’appartenenza etnico-linguistica.
A ben vedere, sulla tentazione di aggregare l’Alto Adige vi sono a Vienna posizioni molteplici: gli indipendentisti del «Partito della Libertà» sudtirolese perseguono a chiare lettere l’«unificazione» ma il ministro degli Esteri Karin Kneissl si dice contro «passi unilaterali» e il presidente della Repubblica Alexander Van der Bellen definisce l’«autonomia sudtirolese» un «modello esemplare per il mondo che non deve essere messo a repentaglio». In realtà, però, le fibrillazioni con l’Italia si moltiplicano: dalle accuse sui migranti che passerebbero illegalmente la frontiera del Brennero verso Nord ai crescenti disaccordi sull’Iniziativa centroeuropea, che riunisce 18 Paesi dell’Europa centro-orientale e balcanica.
L’impressione è di trovarsi di fronte ad un’Austria che, guidata da un governo di coalizione fra conservatori di Kurz ed estrema destra di Heinz-Christian Strache, esprima lo stesso vento ultranazionalista che tiene banco in molte capitali dell’Est, da Varsavia a Budapest, trovando nel Sud Tirolo un’opportunità per consolidarsi. La somma fra il riemergere di rivendicazioni etnico-linguistiche di sapore pangermanico e le contemporanee pulsioni anti-migranti crea però una miscela assai pericolosa lungo i nostri confini. Perché capace di trasformare l’Austria in un vicino insolitamente aggressivo e di contagiare l’Italia con gli odii etnici che provengono dalle pianure esteuropee. Sono tali e tanti motivi a suggerire che la vicenda dei passaporti austriaci per gli altoatesini è un nuovo campanello dall’allarme sull’indebolimento dell’Unione europea a causa del riaffacciarsi degli egoismi nazionali.