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 2018  febbraio 11 Domenica calendario

Città del Capo senz’acqua. Assalto alle sorgenti e i ricchi si scavano i pozzi

Alle prime ore dell’alba il parcheggio di Letterstedt Road, nel quartiere multietnico di Newlands, è già colmo di macchine. Armati di taniche da 25 litri, Abdel, sudafricano di origine tunisina e centinaia di persone si dirigono verso la sorgente di Kildare Road, da cui sgorga acqua da più di tre secoli. Un flusso continuo che ha origine dalla maestosa Table Mountain, la montagna simbolo di Città del Capo. Fino a pochi mesi fa uno storico birrificio locale la usava per produrre birra per i tifosi di rugby che ogni sabato accorrono a Newlands per supportare gli Stormers, la squadra locale. Oggi, invece, si è trasformata in un luogo di pellegrinaggio per Abdel e migliaia di Capetonians (gli abitanti di Città del Capo), costretti a mettersi in fila per rifornirsi d’acqua potabile a causa della grave siccità che ha quasi essiccato i bacini che riforniscono la metropoli sudafricana. A poco o nulla è servita la pioggia che è caduta ieri.
Di questo passo, fra 90 giorni, le case di 4 milioni di persone saranno a secco. Sarà il «Day Zero», attualmente previsto per l’11 maggio, la data apocalittica in cui il Comune chiuderà le condutture dell’acqua e dai rubinetti di casa non uscirà neanche più una goccia. «Siamo molto preoccupati, non c’è mai stata una crisi come questa», racconta Abdel prima di mettersi in fila per riempire 10 taniche per tutta la sua famiglia. Il piano d’emergenza è già pronto: 200 punti di raccolta, gestiti dall’esercito, disposti lungo tutto il perimetro urbano. Ogni cittadino potrà prelevare un massimo di 25 litri a testa. La metà di quello che il Comune ha imposto ai residenti già dal 1° febbraio, ma rispettato solo dal 40% della popolazione. Docce da un minuto e mezzo, una lavatrice a settimana, limitazioni che pesano ancor di più dato il periodo estivo, ma obbligatorie per cercare di evitare quello che sarebbe il primo caso al mondo di una grande metropoli senz’acqua.
Pressione bassa
Susan ha messo la sveglia all’alba per fare rifornimento insieme ai suoi due nipotini. «Da ieri mattina alle 8 è iniziato il razionamento, la pressione in casa è molto bassa e la scuola è stata chiusa», racconta mentre, in fila, aspetta il suo turno. Una processione ininterrotta. Chi entra con le taniche vuote, chi esce con contenitori di ogni tipo stracolmi d’acqua. A regolamentare il processo, Mxolisi, un 23enne sudafricano che vive a Khayelitsha, una delle baraccopoli di Città del Capo. «Ero disoccupato, ma dal 1° febbraio, grazie a questa crisi, ho trovato lavoro in un’agenzia per la sicurezza privata a cui è stato appaltato il controllo di questa fonte», racconta mentre dispone le persone su due file. «La gente ormai viene anche di notte, qualcuno fa il furbo, prende più acqua degli altri, ma al momento la situazione è ancora sotto controllo, anche se ho paura che con l’avvicinarsi al Day Zero si scateni una guerra» afferma Mxolisi.
C’è chi ci guadagna
Anche per Joe ed i suoi colleghi la siccità sembra una manna dal cielo: sono stati contattati dal birrificio locale per aiutare gli anziani a caricare le pesanti taniche d’acqua. Una per una le mettono all’interno di una carriola fino al parcheggio adiacente alla fonte. Le mani occupate dalle brocche impediscono l’utilizzo compulsivo degli smartphone, così, nelle lunghe file, si inganna il tempo familiarizzando. Una pratica non comune in una nazione, sulla carta «Arcobaleno», come la definì Nelson Mandela, di cui si celebrano i 100 anni dalla nascita, ma ancora divisa su basi etniche e razziali. Bianchi, neri, colorati, indiani, ebrei, musulmani per una volta uniti da una causa comune. «Dio ha creato questa fonte affinché tutti insieme ne usufruissimo e questo evento sta aggregando la città» spiega Nasser, un pensionato di fede musulmana. Per Lebo, una giovane nera madre di due figli, poter venire alla fonte è un lusso che spiega a Light, una 60enne bianca di origine afrikaner, «qui l’acqua scorre ed è potabile, dalle tubature delle baraccopoli, che ci sia la crisi idrica o meno, esce a singhiozzo ed è malsana, per noi è normale vivere senz’acqua».
In una Città del Capo ancora segnata dalla divisione dell’apartheid c’è chi vive senz’acqua e chi, invece, l’acqua in bottiglia è pronto a pagarla il doppio, così dicono alcuni distributori. Tra l’élite bianca sono in pochi a voler sperimentare l’ebbrezza di una vita a secco e il panico si sta iniziando a diffondere. A qualche chilometro di distanza dalla fonte, una delle catene di ipermercati della città è stata presa d’assalto. I corridoi dove si vendono le bottiglie d’acqua sono vuoti ed i rifornimenti non riescono a stare dietro alla domanda crescente. Violando la legge, c’è chi, poi, sta cercando di costruirsi dei pozzi privati all’interno di ville e condomini, per essere già pronti al momento del bisogno.