La Stampa, 11 febbraio 2018
Rafael Ramirez, chavista ed ex capo del colosso petrolifero Pdvsa: Non sono scappato, ma in Venezuela vogliono mettermi in cella
«Correrò per la presidenza del Venezuela». Tra le rovine della crisi e i fuochi delle barricate è questa l’ultima sfida a Nicolas Maduro in vista delle elezioni presidenziali del 22 aprile. È la sfida di Rafael Ramirez, l’ex zar del greggio bolivariano per dieci anni alla guida di Pdvsa, il colosso energetico nazionale. Moglie di sangue italiano e amicizie che contano, Ramirez non ha mai lesinato critiche a Maduro, senza rinnegare però l’amicizia con Hugo Chavez. Costretto all’esilio dorato della Rappresentanza all’Onu, sul suo capo pende un’accusa di corruzione relativa al suo passato incarico. Ma lui è determinato a tornare nel suo Paese e sfidare Maduro. Lo raggiungiamo al telefono mentre si trova in una località non precisata 24 ore dopo che Tarek Saab, il superprocuratore che gli dà la caccia, ha chiesto all’Interpol di spiccare un mandato di cattura internazionale.
«Faccio una doverosa premessa. Mi hanno accusato di essere scappato nella notte da New York con un aereo privato diretto in Ecuador. Nulla di tutto questo. Non potevo andare in Venezuela, Caracas aveva preso la decisione politica di mettermi in prigione».
Perché questa persecuzione nei suoi confronti?
«Ho trascorso 12 anni con il presidente Chavez e sapevo molte cose, sono cosciente dei problemi che affliggono il nostro Paese e di come possono essere risolti. Ho espresso le mie idee più volte in patria e all’Onu. Poi a novembre, dopo una durissima discussione con Maduro, lui mi ha chiesto di lasciare il mio incarico come ambasciatore presso il Palazzo di Vetro. Io ho accettato, non volevo essere complice di un governo repressivo. Subito dopo il procuratore ha emesso l’incriminazione».
Come risponde alle accuse?
«Avevo risposto anni fa, ottenendo il proscioglimento dalla Corte suprema, quando fu l’opposizione a muovere le stesse accuse».
Da Chavez a Maduro cosa è cambiato?
«Chavez era un leader democratico, sentiva tutti. Maduro no, o si è con lui o contro. Molti ministri di Chavez sono stati fatti fuori, Maduro si è circondato di «yes man» senza capacità. E ora la produzione di greggio è calata di 1 milione di barili al giorno, l’iperinflazione è divenuta cronica, l’economia è collassata, la corruzione è devastante e il popolo è ridotto alla fame. E poi ci sono i massacri come quello di Óscar Pérez».
C’è chi dice che lei abbia un conto in sospeso con Maduro.
«Maduro è sempre stato geloso di me. Quando era ministro degli Esteri, Chavez si rivolgeva a me, in quanto capo di Pdvsa, per gestire rapporti importanti, con cinesi, russi e italiani. Del resto, i nostri Paesi hanno rapporti molto stretti, c’è una grande comunità oriunda in Venezuela».
Cosa intende fare quindi?
«Voglio correre per la presidenza del Venezuela, e voglio farlo all’interno del Partito socialista, sfidando Maduro alle primarie».
L’opposizione ritiene che queste elezioni rischino di legittimare Maduro.
«Il rischio c’è, come il rischio che ci siano brogli. Ma dobbiamo correrlo, la situazione è al collasso, l’opposizione è molto divisa. In molti mi hanno detto che ce la posso fare, ecco perché ho chiesto di tornare in Venezuela, fare campagna elettorale e combattere per le mie idee e il mio popolo».