La Stampa, 11 febbraio 2018
Nelle strade di Macerata ventimila No al razzismo
Benvenuti a Macerata, epicentro della campagna elettorale. La manifestazione antifascista e antirazzista che non si doveva fare e poi s’è fatta, è stato un successo con almeno 20 mila persone a sfilare, manco una cartaccia in terra, nessun accenno di violenza. La città, che si era barricata temendo un’invasione di barbari, tira un sospiro di sollievo. I pannelli di legno a protezione delle vetrine non sono serviti. S’è creato un solco difficilmente rimarginabile a sinistra, però, tra chi c’era e chi no. In piazza, comunque, nessun accenno a Pamela, o cartello o striscione
Il compagno Alvaro, 74 anni, fazzoletto dell’associazione partigiani al collo, appena arrivato da Roma, è lì orgoglioso sotto lo stendardo della sezione Anpi di Castro Pretorio che grida: «Partigiani sempre. Per la messa fuorilegge delle organizzazioni fasciste». Alvaro si accalora: «Io non lo capisco, Minniti. Ma come, permetti ai fascisti di sfilare e a noi no? Dire che sono amareggiato è poco». Che le cose non siano affatto così, e che anzi quelli di Forza Nuova sono stati manganellati e denunciati, non lo sfiora.
Più in là ci sono quelli della Fiom, felpe orgogliosamente ostentate. I compagni Domenico e Palmiro, 55 e 54 anni, sono scesi a Macerata da Brescia. Della Cgil che è rimasta fuori, non vogliono granché parlare. E del governo? «Oh, qualcuno mi deve spiegare come è possibile che questi fascisti ancora non sono fuorilegge. Ma la Costituzione che dice? E invece Minniti gli permette di partecipare alle elezioni». Giri lo sguardo e c’è Gino Strada, il fondatore di Emergency: «Chi ha cercato di stoppare questa manifestazione è ideologicamente corrotto e colluso».
Benvenuti a Macerata, dunque, per un giorno capitale dell’antifascismo, ma soprattutto dell’antiminnitismo. Di Matteo Salvini infatti te lo aspetti. Quel Salvini che dice «da italiano mi vergogno di quella manifestazione. Il pericolo sono gli antifascisti». Ma a sorpresa è il ministro dell’Interno a raccogliere la maggiore ostilità. Passa un cartello: «Minniti uomo nero». Poi un altro: «Minniti = Kossiga». Un terzo: «Ministro Minniti, fascisti garantiti». La gente applaude. E alla fine arriva persino lo striscione con le facce contrapposte di Salvini e Minniti, e lo slogan «contro i fascisti e chi li ha sdoganati».
Se si ascoltano le voci che si alternano al megafono, sul Pd renziano è un continuo tiro al piccione. Loro quelli che hanno cercato di vietare la manifestazione. Loro che invitano al silenzio quando ci sarebbe solo da manifestare. Loro che spalleggiano il sindaco Romano Carancini che aveva chiesto di soprassedere. Fino all’acuto finale, dell’anarchico milanese Lello Valitutti, una star del mondo antagonista, protagonista di ogni corteo da 50 anni anche se ora è costretto a una sedia a rotelle: «Quel miserabile (Luca Traini, ndr) ha ferito sei persone... Ma Minniti ne uccide a migliaia bloccandoli in Libia».
Eppure all’appello ad esserci contro il fascismo e il razzismo hanno risposto in tanti anche del Pd locale. C’è il consigliere comunale Ulderico Orazi, quello con il bar davanti al monumento dove Traini si era arreso: «Certo che sono qui. E con orgoglio piddino». Oppure il capogruppo dell’Udc, Ivano Tacconi, che qui appoggia il sindaco, portando la bandiera con lo scudo crociato: «Lavoravo all’Eni; ho conosciuto Enrico Mattei. Noi abbiamo sempre rispettato l’Africa». Passa Cecile Kyenge, eurodeputata del Pd: «No, oggi di politica non parlo». C’è anche Angelo Bonelli, dei Verdi. C’è Riccardo Magi, della lista Più Europa.
Alla fine prevale l’incomunicabilità tra le due sinistre. Il disegnatore Sergio Staino si dice tradito: «Di questa Italia repubblicana, il Pd dovrebbe essere l’asse di riferimento. Invece non c’è. Ci ha spiazzati tutti». Adriano Sofri si guarda attorno un po’ spaesato: «Io avrei voluto telefonare nella notte a Renzi per dirgli: vieni pure in incognito, ma vieni». Dice anche Paolo Bernabucci, il patron dell’associazione Gus, protagonisti assoluti nell’assistenza ai richiedenti asilo: «Noi siamo sotto attacco, ma questa piazza piena di gente ci dà forza. Assurdo equiparare chi manifesta per la Costituzione con i fascisti. Noi siamo la parte buona, non dimentichiamolo».
Fin qui, la sinistra-sinistra che compete con il Pd alle elezioni, punzecchia Renzi, usa Minniti come un ariete. Per intenderci, i Nicola Fratoianni, i Pippo Civati, i Marco Furfaro. Oppure quelli di Potere al popolo, con la staffetta partigiana Lidia Menapace, 94 anni e ancora in piazza. Ci sono però anche gli altri, quelli dell’area antagonista, che per fortuna ieri non hanno dato il minimo problema di ordine pubblico. E dal gruppetto padovano di «Aktion antifascista» si leva il coretto: «Ma che belle son le foibe/da Trieste in giù». Oppure lo slogan truculento: «I covi dei fascisti/si chiudono con il fuoco. Ma con i fascisti dentro/sennò è troppo poco». Gelo generale.