La Stampa, 10 febbraio 2018
Ginsburg, la giudice star che non può dimettersi
«Ma lei lo mangia il kale?». Quando una signora di quasi 85 anni, giudice della Corte Suprema americana, si sente chiedere dai suoi fan adoranti se consuma l’erba magica che allunga la vita, è chiaro che qualcosa di singolare sta accadendo. Se poi i fan insistono per farsi i selfie con lei, la chiamano come un rapper, e affollano le serate organizzate per presentare il documentario sulla sua esperienza di magistrata, più che singolare la faccenda si fa eccentrica. Eppure questa è oggi la vita di Ruth Bader Ginsburg, la donna che non può mollare.
Prima di diventare la «Notorious R.B.G.», Ruth aveva seguito la parabola lineare di una studiosa seria e modesta. Nata nel 1933 a Brooklyn da immigrati ebrei russi, si era laureata a Cornell University, poi aveva sposato il suo amore universitario Martin Ginsburg, messo al mondo due figli, e solo allora era tornata a studiare legge ad Harvard, dove si era sentita chiedere: «Come giustifica lei il fatto di aver preso il posto di un uomo qualificato?». Gli studi infatti li aveva terminati alla Columbia University, diventando giudice della Corte d’Appello grazie a Jimmy Carter, e della Corte Suprema nel 1993 grazie a Clinton. Una liberal, anche nell’interpretazione del suo ebraismo, ma moderata. Al punto da criticare la sentenza Roe vs. Wade, che aveva legalizzato l’aborto, come un passo troppo lungo del massimo tribunale americano. Col tempo però è diventata la decana dell’ala progressista della Corte, e ora non ha più scampo. I liberal volevano che si facesse sostituire da Obama, ma lei ha rinunciato pensando che avrebbe vinto Hillary, e nella campagna del 2016 ha violato ogni regola etica attaccando il candidato Trump. Adesso quindi non può mollare, perché se si facesse da parte il presidente la sostituirebbe con un giudice vicino a lui, creando un’insuperabile maggioranza di sei voti conservatori contro tre progressisti. Questo cambierebbe l’America per diverse generazioni, molto più di qualunque legge o decreto annullabile.
Il 21 gennaio scorso al festival Sundance è stato presentato il documentario «RBG» sulla sua vita, e da allora in poi la pacata Ruth è diventata una rockstar. Una presentazione dietro l’altra, al punto che gli impegni l’hanno costretta a rinunciare a partecipare al discorso sullo stato dell’Unione di Trump. I fan, spesso adolescenti, vogliono sapere tutto di lei: come ha fatto carriera, cosa pensa, quali esercizi ginnici pratica per tenersi in forma, e naturalmente se mangia abbastanza kale. Lei sta allo scherzo, sottolineando che in effetti è nata a Brooklyn come il rapper Notorious B.I.G., ma intanto promuove la sua agenda. Ha detto che «era ora» di vedere il movimento #MeeToo, appoggiando un emendamento costituzionale per garantire gli stessi diritti a uomini e donne.
Senza mai citare Trump, lamenta la spaccatura del paese che sta indebolendo il sistema giudiziario, rendendolo uno strumento di battaglie partitiche. Promette di restare almeno fino al 2020. Ruth è sopravvissuta a due tumori, al colon e al pancreas, ma ora i suoi tifosi le chiedono di diventare immortale.