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 2018  febbraio 11 Domenica calendario

Alessandro Cattelan: Sono un uomo comune nel momento comune. Ma so di aver avuto culo

La miglior descrizione di Alessandro Cattelan, la dà lo stesso Alessandro Cattelan: “Credo di essere perfetto per il mio lavoro: ho l’età giusta, non sono troppo colto, non sono troppo ignorante, non sono troppo bello e non sono troppo brutto. Sono nella media giusta. Sono l’uomo comune al momento comune”. Falsa modestia ed eccessiva autocelebrazione restano fuori dalla porta della sua vita, lui però oggi ha superato anche il ruolo del talento emergente della televisione, oramai è conclamato, è il volto Sky per eccellenza (“È sicuro? In giro mi chiedono sempre di Diletta Leotta”): da anni presenta X Factor (confermato per la prossima stagione) ed è all’ottava edizione di E poi c’è Cattelan, abbreviato in Epcc per i più pigri, dove è riuscito a riportare in Italia l’eco dei Late show anglosassoni (tazza del caffè in mano, una scrivania, uno studio, un ospite, delle gag). Tutto bene. Tutto bello. Con il caso (“direi il culo”) come fonte propulsiva dell’attuale realtà.
Il celebre fattore “C”.
Apparso un pomeriggio di oltre 15 anni fa: squilla il telefono, non il cellulare, la linea fissa. Rispondo. Dall’altra parte sento una persona chi mi chiede la disponibilità per un provino da effettuare dentro gli studi di una nuova televisione.
Come ci era arrivato?
Avevo saputo che cercavano nuovi volti ed è nata una mia clip di un paio di minuti, realizzata a tempo perso, senza grandi aspettative. Invece, dopo mesi, ecco l’occasione grazie a uno degli autori: lo avevo colpito.
Ha capito subito l’occasione?
Abbastanza, ma in generale non ci pensavo, volevo diventare un calciatore. Comunque parto, destinazione Milano: il 15 aprile a mezzogiorno è il momento della prova decisiva; due ore dopo avevo ottenuto un programma in diretta. L’unico della rete. Poi quando ho cominciato mi sono reso conto che non mi pesava minimamente, niente ansia, stress, salivazione azzerata o corse al bagno. (Squilla il cellulare, è la convocazione per la partita della domenica, Cattelan gioca in prima categoria con il Derthona club di Tortona, cittadina dove è nato e vive la sua famiglia)
Quindi è un “piccolo” calciatore professionista…
Ho svolto tutta la preparazione estiva, grintoso e ruggente, ma la conduzione di X Factor mi ha tolto di mezzo da settembre a dicembre. Ora sono tornato.
Avrà i cori per lei…
Quando nella piazza del Duomo di Tortona abbiamo organizzato la presentazione della squadra, ci siamo trovati davanti a 3.000 persone.
E allo stadio?
Anche 700 spettatori, coreografie, striscioni; mi hanno dedicato un coro: ‘Che ce frega de Bonucci, noi c’abbiamo Cattelan!’.
Cosa le dicono gli avversari?
C’è stato un periodo nel quale iniziavo a essere un po’ conosciuto, quindi scattava la provocazione e poi la lite.
L’epoca del “Cugino del draghetto”?
Il mio momento più vergognoso in televisione. Era un programma anche bello, per bambini, la prima esperienza dopo quella con Rete A, e con una big come Mediaset; intimorito pensavo: ‘Oddio, chissà che ambiente’. Al contrario erano tutti carini e gentili e stavo bene, andava bene, fino a quando scattava il dolore: ‘Ale siamo pronti, andiamo in studio’.
E lì?
La morte nel cuore: mi vestivano come un cretino e il mio ruolo era quello del cugino di un drago di gomma piuma. Imbarazzante. La domenica in campo giocavo da duro, bisticciavo con il numero nove della formazione avversaria, poi il lunedì parlavo con un aggeggio di gomma piuma.
Ha delle prove di allora?
No! Ho qualcosa dei primi anni a Mtv, poi niente. Non mi riguardo, non serve, mi ricordo esattamente ciò che dicevo, il come, quando… Comunque quel programma andava in onda la domenica mattina, quelli della mia età erano ancora a letto per i dolori del sabato sera.
Come lei…
Fino alla nascita di mia figlia credo di non avere mai vissuto un weekend a Milano: ogni venerdì tornavo a Tortona.
Lei da ventenne si è definito un “tamarro”.
Avevo i capelli con le meches, ero un po’ ignorante. La questione è che mi è sempre piaciuto il pop, e negli anni ’90 si traduceva indossando il peggio del periodo, compresi i pantaloni larghi e le felpe con i marchi scritti giganti.
Oltre a Sky, lei è il volto di una celebre pubblicità.
Ancora mi fermano e dicono: ‘Tu sei il tipo dell’Enel?’. Delle signore sono arrivate a domandarmi se potevo andare a casa per sistemare la caldaia. No signora. ‘Ah, scusi, ha dei ragazzi che vengono al posto suo?’. Mi prendevano come Ennio Doris per banca Mediolanum, o Giovanni Rana per i tortellini.
La scambieranno anche per Maurizio Cattelan, l’artista…
Soprattutto sui social: magari leggono ‘Il Guggenheim ha offerto il bagno di Cattelan a Trump’, e quindi si scatena la qualunque tra favorevoli e contrari. Ah, una volta mia madre ha prenotato in un ristorante: ‘Che nome, signora?’. Cattelan. ‘Ah, l’artista’. E lei: ‘Sì’, convinta mi avessero preso per tale.
Poi avrete svelato l’arcano al ristoratore…
Neanche tanto: dico di sì a tutti, anche a chi mi scambia per Daniele Bossari, Giorgio Pasotti, o Alvin. Insomma, un po’ per tutti quelli che hanno più o meno la mia età, i capelli saldi in testa: per il pubblico siamo tutti la medesima persona.
L’ego non si offende.
Firmo pure autografi per gli altri. Poi, in qualche modo, le persone hanno una visione strana, è come se credessero che i personaggi della televisione siano dei soggetti riuniti sotto lo stesso tetto. Una comune molto allargata.
A chi ha chiesto l’autografo?
Per ora solo a Damon Albarn (cantante dei Blur, ndr). Ad altri no. Mi è capitato di domandarlo ai giovani, i non ancora famosi.
Investimento sul futuro.
Vedremo tra vent’anni quanti ne ho azzeccati.
Con chi ha già vinto la scommessa?
La prima intervista in televisione di Tiziano Ferro è con me, ai tempi di Viva: come Tv non avevamo una lira, eravamo i parenti sfigati di Mtv, quindi costretti a inventarci le magie per non cadere nella loro scia. Da loro i già famosi, da noi tutto il resto, dalla porcheria ai diamanti.
Tipo?
Ho conosciuto Amy Winehouse e Shakira prima della loro esplosione. Comunque, un giorno di fine estate ero in macchina, accendo la radio, ascolto Perdono di Tiziano, non lo conoscevo, il pezzo mi sembrava una bomba. Lo chiamiamo. E lui si presenta con lo zainetto, arrivato a Milano da solo e in treno, tutto molto semplice…
Quanto studia?
Inconsciamente tanto, ma non per arrivare a un obiettivo: guardo molti programmi esteri, e solo per piacere; leggo molto e per lo stesso motivo. E tutto ciò viene poi sintetizzato dentro Epcc: in trasmissione arriva quello che mi appassiona, senza strategia. Ed è una fortuna.
Lei piace.
Però all’inizio ho suscitato qualche leggera perplessità, specialmente il primo anno di X Factor: in diretta mi presentavo con le mani in tasca, poi smussavo gli scontri tra i giudici, mantenevo dei toni verbali mai alti; se un concorrente piangeva gli dicevo, e dico, ‘non lacrimare, non ne vale la pena’.
Una bestemmia…
Infatti le indicazioni interne erano altre: l’atteggiamento opposto al mio già funzionava allora e regge oggi. Ma non sono in grado. Mi imbarazzo se uno accanto a me piange, penso: ‘Fai un favore a te stesso, smettila, ti rendi ridicolo’.
Sempre stato così, anche da ragazzo?
A scuola mi interessava solo che mi lasciassero perdere, e stavo bene. Seduto all’ultimo banco, defilato verso la finestra, al fianco di uno dei miei migliori amici, lo stesso amico che oggi cura i miei interessi economici.
Diplomato?
Con 62.
Sente mai la soggezione dei suoi ospiti?
Raramente. Forse De Gregori e solo la prima volta. Di base non sono uno che cerca la confidenza immediata, mi piace la gradualità in ogni rapporto.
Non si è amici a prescindere.
No, e secondo me questa impostazione non aggressiva facilita e accelera la confidenza successiva.
All’avventore-tipo del bar di Tortona che domanda com’è Milano, cosa risponde?
La questione si pone spesso con i miei compagni di calcio, tutti ragazzi con almeno 15 anni in meno di me, i quali vivono la metropoli come la terra promessa del divertimento, e per me lo è stata, non oggi.
E allora, com’era?
Non mi fermavano neanche i cannoni, sempre in giro, la cucina di casa non l’ho mai utilizzata per cinque anni; non avevo armadi, vivevo sempre in giro, meno il week end…
E allora cosa risponde ai ventenni?
Ripropongo il racconto di quei tempi: ‘Ragazzi, Milano è pazzesca, festa perenne, quando venite chiamatemi’.
Se poi la contattano?
Nel caso non rispondo, io resto a casa.
Da lei, quali consigli vogliono i ragazzi dei talent?
Se mi chiedono qualcosa, cerco sempre di smontare tutto, di togliere un’inutile e dannosa aurea: ‘Tranquilli, nessuno muore, non è detto che se vincete siete i numeri uno. Divertitevi. È probabile che non tornerà più’.
Niente drammi.
Si esibiscono dentro una struttura pazzesca che a parte uno o due concorrenti in grado di portare avanti una carriera importante, per tutti gli altri resterà un unicum. Un momento irripetibile e da raccontare.
Lei è un mattatore…
Rispetto al mio ruolo a X Factor, non sono un granché d’accordo: lì sono un pezzo di meccanismo, un ingranaggio della macchina, cerco di tenere un po’ il ritmo, ho quel vocabolario a disposizione dove non posso esprimere la mia opinione. Epcc sì, è sulle mie spalle, funziona se funziono.
È celebre per la sua parlantina a “mitraglia”.
Ma non è adrenalinica, è attitudine, anche quando sento mia mamma ho una velocità alta, stessa storia ai tempi di scuola: secondo me i professori non capivano, mi assegnavano un sei sulla fiducia.
Come ha imparato l’inglese?
Con le canzoni, prendevo i testi e traducevo. Ma non lo parlo benissimo, grammaticalmente sbaglio, ne sono certo: le mie frasi sono parti di brani celebri (e intona i Beatles).
Da intervistato come ci si sente?
Meglio quando sono dall’altra parte, ho sempre il timore di dire cose poco interessanti o di venir frainteso, e poi mi rendo conto che quando parlo, il prossimo si aspetta sempre di esser stupito.
Accade spesso ai comici…
E poi non sempre condivido i gusti del mio pubblico, a volte arrivano complimenti per delle performance che neanche mi piacciono, e nonostante questo cerco di non farmi influenzare.

Epcc
ha come ospiti anche i calciatori: le loro interviste nel dopo-partita sono agghiaccianti.

Invece da me sono i migliori, Vieri in primis, perché le persone si aspettano pochissimo da loro, poi hanno un umorismo di genere, da spogliatoio, e conosco il loro dizionario.
Cosa legge?
Narrativa. Quest’anno mi ha colpito Kent Haruf in generale, poi La ferrovia sotterranea di Colson Whitehead, ma il preferito è L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel. E sono contento sia di una donna, difficilmente mi colpiscono.
Come mai?
La loro sensibilità e i riferimenti, li trovo molto più evidenti rispetto agli scrittori uomini.
La storia delle molestie ha cambiato il suo approccio al programma per evitare fraintendimenti o polemiche con le donne?
In generale no, solo in alcuni casi ci poniamo delle domande e alcuni ragionamenti. Niente di particolare. E tutto è fraintendibile.
Dipende anche dall’orecchio di chi ascolta…
Una volta in radio ho impostato la puntata sulle cene aziendali; poco dopo mi hanno scritto accusandomi di scarsa sensibilità: ‘Si deve vergognare nei confronti di chi non ha lavoro: i disoccupati non possono andare a quelle serate’.
Sua figlia la guarda?
Non le interessa, si annoia. Mentre tutte le sue compagne seguono X Factor e quando torna a casa mi dice: ‘Ma è vero che fai questa cosa qui?’.
E quando andate in giro, sua figlia cosa pensa di chi la ferma?
Inizialmente niente, poi in una fase si è ingelosita, adesso a volte si diverte, non comprende perché alcuni vogliono un selfie con me.
Quante ore dorme?
Almeno otto.
Con due figlie piccole?
Ma prima toccavo anche quota dodici, e senza problemi. Comunque ci vuole culo, come nel lavoro, anche in questo, anche nell’avere due figlie che ti permettono di dormire. E non sentire lo stress.
(Amen)
Twitter: @A_Ferrucci