Corriere della Sera, 10 febbraio 2018
Quelli che sono andati in Corea del Sud ad ogni costo
PYEONGCHANG Storie speciali (o pazzesche) di atleti ai Giochi invernali, spesso luogo di sacrifici o situazioni paradossali. Come quella della pattinatrice colombiana di velocità Laura Gomez Quintero, che ha scoperto la scorsa settimana di essere convocata e di dover partire per la Corea con il connazionale Pedro Causil. Fino a ieri non aveva ancora la divisa e, soprattutto, ha scoperto di non essere attrezzata per il freddo di questi giorni. «Passare dal clima della Colombia a quello di Gangneung non è facile, mi sto arrangiando. Mi scaldo con l’idea di essere nel posto giusto per la nostra passione».
Passione, certo. E cuore. Sono le parole chiave di ragazzi che gareggiano senza ambizioni, salvo quella di ben figurare. Lien te-an, 23 anni, slittinista di Taiwan nonché portabandiera del suo Paese nella cerimonia inaugurale, è sicuro di migliorare il 39° posto di Sochi («Ora ho più esperienza e coraggio»), anche se mercoledì ha passato brutti momenti per il terremoto che ha colpito l’isola. Ma lui appartiene all’etnia Atayal, guerrieri fieri che erano usi tatuarsi il viso quando portavano la testa di un nemico. Una volta appreso che la famiglia stava bene, è così tornato a pensare ai Giochi, alla sua personale medaglia d’oro («Essere il primo tra gli asiatici») e al suo modo di allenarsi: a Taiwan non ci sono piste gelate, quindi lui leva i pattini dallo slittino e monta le ruote, scendendo da strade in pendio. «Trovo chi regola il traffico, ma mi capita di sfrecciare a fianco di auto e camion, lasciando di stucco chi guida».
Pensate che sia una rarità? Sbagliato. Lo fa pure Victor Santos, 27 anni, diventato il primo fondista brasiliano della storia dopo essere riuscito a superare con una disciplina invernale la sua ossessione per il calcio. Si allena per strada, non sulla neve. E uomo «d’asfalto» è pure Shiva Keshavan, 36 anni, indiano, un altro slittinista. Storia davvero pazzesca la sua. È del Kerala, la madre italiana e nel 2002 l’Italia gli offrì di diventare azzurro. Rifiutò, salvo scoprire che l’India non gli avrebbe dato nemmeno un soldo. Così lui, per venire ai Giochi, ricorre al crowdfunding via Internet. Nel 2014 raccolse 50 mila donazioni, più o meno le stesse che gli hanno consentito di venire in Corea. Ebbene, anche dalle sue parti non ci sono piste da slittino, quindi Shiva per allenarsi usa le strade dell’Himalaya, piazzando birilli per gimkane e sfidando capre, armenti, camion e macchine: il filmato dei suoi zig-zag è virale su Youtube.
Massì, il bello dell’Olimpiade sta anche nelle stranezze. Ve ne proponiamo ancora un paio, partendo da Julian Yee, 21 anni, pattinatore di figura, il primo malese della disciplina a centrare l’Olimpiade: si allena in un centro commerciale di Kuala Lumpur. La seconda ci porta all’universo dell’halfpipe (snowboard), terra di personaggi originali. Scotty James, 23 anni, australiano, arrivò secondo in una gara della Coppa del mondo. Tornò a Melbourne e pensò a qualcosa di speciale per salutare il suo essere arrivato al vertice. Da un rigattiere trovò due guanti da pugilato, uguali a quelli del canguro-mascotte dell’Australia. Indossandoli, vinse gli «X Games» del 2017. Da quel giorno non li molla più. Li avrà anche in Corea e se dovesse andare male, chissà, magari si metterà a boxare contro i giudici. Quando i Giochi invernali si trasformano in estivi…