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 2018  febbraio 11 Domenica calendario

  Buste paga Classifica dei dieci italiani più ricchi di Svizzera, «un patrimonio complessivo di poco inferiore ai ricavi aggregati di Telecom e Intesa San Paolo», vale a dire 40 miliardi di franchi, 35 mld di euro («con l’Erario dei Cantoni siamo ancora ai vecchi tempi: quelli delle aliquote a bassa quota; delle dichiarazioni fiscali rapide e indolori; delle agevolazioni; degli accordi preventivi per non incappare in accertamenti»)

 

Buste paga

Classifica dei dieci italiani più ricchi di Svizzera, «un patrimonio complessivo di poco inferiore ai ricavi aggregati di Telecom e Intesa San Paolo», vale a dire 40 miliardi di franchi, 35 mld di euro («con l’Erario dei Cantoni siamo ancora ai vecchi tempi: quelli delle aliquote a bassa quota; delle dichiarazioni fiscali rapide e indolori; delle agevolazioni; degli accordi preventivi per non incappare in accertamenti»). Fonti: i giornali Bilan (Ginevra) e Bilanz (Zurigo-Berna), che si riferiscono, in franchi svizzeri, sull’anno 2017. Famiglia Bertarelli (farmaceutico, settimo posto nella classifica assoluta) 13-14 miliardi (+10-12 rispetto al 2012). Famiglia Aponte (Msc Crociere) 9-10 miliardi (+80%). Famiglia Perfetti (gomma del ponte) 6-7 miliardi (+20%). Famiglia Zegna (abbigliamento) 2-3 miliardi (stabile). Famiglia Agnelli de Pahlen (Margherita, figlia di Gianni e madre di John e Lapo) 1,5-2 miliardi (stabile). Famiglia Malacalza (finanza), Andrea Bonomi (finanza), famiglia Fossati (dado Star) tutti stabili a 1,5-2 miliardi, Loro Piana (abbigliamento) 1-1,5 miliardi, Giuseppe Zocco (venture capital) 1-1,2 miliardi. Più in basso Carlo De Benedetti, stiamto a 500-600 milioni (ha perso un terzo del capitale sul 2012) e Sergio Marchionne, 600-700 milioni, che per ragioni fiscali s’è trasferito da Walchwil a Schindellegi pur di mantenere la tassazione forfettaria [Parietti, Giornale].

 

Malacalza

I Malacalza, «un patriarca, due figli, quattro nipoti», «liquidità enorme e luci della ribalta a “zero virgola”», oggi primo socio della Cassa di risparmio di Genova (Banca Carige), Vittorio 80 anni, i figli Davide (52) e Mattia (50), in Carige hanno messo un miliardo e per ora perdono 200 milioni. Però si sono diluiti con l’ultimo aumento di capitale, versando 112,6 milioni hanno ridotto il valore di carico delle azioni da 1,8 a 0,033 euro. Storia che comincia nel 1960. «Vittorio Malacalza, dopo la scomparsa del padre, si trasferisce dalla sua Bobbio, in provincia di Piacenza, a Genova e inizia a lavorare nell’edilizia e nei cantieri stradali. Passano così 20 anni, in cui nascono i due figli e la famiglia - tutta di origine piacentina, anche la moglie Carmelina Bellocchio è di Bobbio - si stabilisce definitivamente nel capoluogo ligure. D’inverno, s’intende, perché per le (brevi) vacanze estive si torna a Bobbio. In passato come oggi. Insieme a qualche giorno su “Maidomo”, la barca di Vittorio. A Genova dicono che il nome si riferisca a quando il capofamiglia, sui campi da tennis, non si arrendeva mai. 1980: negli Stati Unitivince Reagan, che promette più spazio alle nuove attività imprenditoriali. A San Desiderio, sulle alture di Genova, Vittorio dà il via al suo primo piccolo stabilimento. Allora si producevano valvole oleopneumatiche, oggi un filo conduttivo per il Cern di Ginevra. Negli stessi anni l’imprenditore sbarca nel settore che frutterà alla famiglia 1,2 miliardi di euro: l’acciaio. Inizia infatti a occuparsi di trading siderurgico ed entra in Duferco. Fino al 1995, quando esce dalla società - di cui era azionista - e rileva e rilancia insieme ai figli le acciaierie Trametal e Spartan Uk, la prima a San Giorgio di Nogaro (Udine) e la seconda a Newcastle (Regno Unito). Nel 2001 è il turno della divisione Magneti di Ansaldo, ribattezzata Asg Superconductors che fornirà - per esempio - i magneti per il tunnel Lhc (l’acceleratore di particelle) del Cern. Intanto Trametal e Spartan salgono al 5% del mercato dell’acciaio al carbonio per lamiere da treno, finché nel 2008 arriva il grande realizzo dei Malacalza: le ziende, adesso di proprietà delle holding di Davide (che vive a Genova come il padre) e di Mattia, da tempo in Svizzera, sonl vendute al colosso ucraino Metinvest del Paperone Rinat Achmetov per una cifra - mai ufficialmente confermata - che supera 1,2 miliardi di euro. Non è un addio all’acciaio: parte una joint-venture (sede a Genova) con la cinese Baosteel - secondo gruppo siderurgico al mondo per volumi di produzine/fatturato - per la distribuzione in Italia. Al miliardo abbondante si aggiunge la plusvalenza dell’avventura in Pirelli, iniziata nel 2010 quando la holding di famiglia investe in Gpi e Camfin diventando azionista lungo la catena di controllo del gruppo di pneumatici. La mossa, sfociata in una lunga contesa legale, rende comunque alla Malacalza investimenti (Vittorio ha il 4%, Davide e Mattia il 48% ciascuno) 300 milioni di euro. Senza contare i 30 milioni di cedole. Poi è il turno di Carige, dove il noto tempismo di Vittorio e famiglia, questa volta, non arriva al tempo giusto. Malacalza Investimenti, infatti, entra nella banca genovese nel marzo del 2015, quando le quotazioni erano sì già scese molto, ma avrebbero poi continuato a calare ancora, e tanto. Acquisiti dopo acquisti, con tanto di accesi confronti con due amministratori delegati poi usciti, la Investimenti sale fino al 20,6%. E fino alla “normale dialettica tra azionisti e management” di questi giorni, come l’ha definita il ceo attuale, Paolo Fiorentino, dopo la lettera di critica sull’ultimo aumento di capitale inviata al board della banca da Malacalza Investimenti.

Se nell’investimento Carige la perdita è potenziale, alla vicentina Omba in liquidazione è ormai un fatto. Come la procedura di licenziamento collettivo per tutti i 119 lavoratori della carpenteria meccanica pesante. Di proprietà dei Malacalza, Omba è stata messa in crisi da crediti inesigibili verso clienti per decine di milioni. Tutta un’altra storia è quella di Asg Superconductors, che nel nuovo stabilimento di La Spezia produce il magnete più grande e sofisticato  del mondo per la macchina a fusione nucleare Iter» [Giovanni Stringa, Corriere Economia 5/2/2018].