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 2018  febbraio 10 Sabato calendario

APPUNTI SU ISRAELE PER GAZZETTA

L’OSSERVATORE ROMANO –

Tel Aviv, 10. Un caccia israeliano f-16 che partecipava a un’azione in Siria è precipitato appena rientrato nello spazio aereo israeliano. I piloti si sono lanciati fuori dall’abitacolo e sono stati recuperati e ricoverati in condizioni stabili. «Durante l’attacco in Siria contro i velivoli israeliani sono stati lanciati numerosi missili di antiaerea», ha confermato un portavoce militare.

L’attacco all’f-16 è avvenuto nel corso di un’operazione che l’esercito israeliano ha avviato dopo l’avvistamento di un drone iraniano che stava oltrepassando il confine. In risposta a quella che è stata definita una «provocazione», ha fatto sapere l’esercito, sono stati attaccati obiettivi iraniani in Siria e l’f-16 impegnato nell’azione è finito nel mirino dei missili siriani.

Secondo l’agenzia di stampa «Sana» il sistema di difesa siriano ha colpito «più di un velivolo». Il portavoce dell’esercito israeliano, generale Ronen Manelis, ha annunciato che «il drone iraniano è stato intercettato e abbattuto da un elicottero». «Il drone è caduto nel nostro territorio ed è in nostro possesso», ha aggiunto. Manelis ha quindi spiegato che nel paese «sono state attivate le sirene, ma non c’è stato nessun pericolo per gli abitanti di Beit She’an», dove è avvenuto l’incidente. Si è trattato, ha denunciato ancora il portavoce, di «un grave attacco iraniano al territorio israeliano».

Da Damasco giunge intanto la notizia che tre combattenti delle forze filoregime sono rimasti uccisi nei raid condotti da Israele contro una base aerea in Siria. Nel bombardamento, sferrato nella provincia centrale di Homs, è stato distrutto un deposito di munizioni. La base attaccata, nota come aeroporto militare t-4, è una struttura utilizzata dalle forze di governo e dalle milizie sue alleate.


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VINCENZO NIGRO, LA REPUBBLICA –

L’ABBATTIMENTO di un caccia F-16 dell’aeronautica militare israeliana (Heyl Ha’Avir Le Israel, HHA) è una escalation seria nel confronto militare che da mesi vede impegnati da una parte Israele e dall’altro una coalizione militare fra Siria, Iran ed Hezbollah libanese che ormai è chiaramente una minaccia diretta per Israele dal Libano ma anche dal confine siriano.

L’aereo abbattuto stamattina dalla difesa contraerea siriana volava assieme a una squadriglia con due obiettivi. Il primo era quello di intercettare e abbattere il drone iraniano che era stato fatto entrare nello spazio aereo israeliano. Un volo di ricognizione, ma anche una "provocazione" per saggiare la difesa aerea israeliana e la sua capacità di reazione.

Secondo obiettivo distruggere "bersagli iraniani", come dicono i portavoce militari di Gerusalemme. Un tipo di missione che gli israeliani hanno eseguito segretamente da mesi: colpire depositi e impianti di produzione di missili destinati agli Hezbollah oltre che alle forze governative siriane, distruggere installazioni di guerra elettronica siriane e iraniane.

A memoria è la prima volta nella decennale storia di guerra aerea Israele-Siria che la HHA lamenta la perdita in azione di un aereo pilotato. Finora siriani o hezbollah o qualunque forza militare schierata a fianco di Damasco erano solo riusciti ad abbattere droni da ricognizione israeliani, cioè quelli più piccoli e leggeri e lenti della flotta di droni militari a disposizione di Israele. Finora, fin dalla battaglia nei cieli della valle della Bekaa in Libano che si concluse 82 a zero cioè con l’abbattimento di 82 MiG 29 e 21 siriani da parte degli israeliani, in ogni impegno sia di duello aereo sia di bombardamento tutti gli aerei israeliani avevano fatto ritorno indenni alle loro basi.

L’ultima volta che forze arabe erano riuscite ad abbattere jet militari pilotati israeliani risale alla guerra dello Yom Kippur quando almeno un F4E Phantom della HHA era stato distrutto dalla difesa aerea egiziana sul Sinai grazie ai missili terra-aria russi SA-6.

Gli esperti militari si chiedono con quale ordigno l’F-16 sia stato abbattuto. Forse un missile antiaereo degli ultimi modelli (SA-300, SA-400 o simili) forniti dai russi a Damasco e anche all’Iran. Abbattere un F-16 israeliano infatti non è cosa tecnicamente facile, sia per la preparazione dei piloti sia perché tutti gli aerei della HHA dispongono di contromisure elettroniche particolari, più avanzate di quelle standard sui jet degli altri paesi del mondo libero, contromisure elettroniche costruite in Israele da aziende militari, difficili da spiare o hackerare.

L’aviazione israeliana dispone di un totale di 224 F-16, in diverse versioni. I meno recenti sono i monoposto, chiamati ’Netz’ dai piloti e nel codice della HHA che ha ribattezzato ogni tipo di aereo (sono quasi tutti aerei Usa) in servizio. Ma molto piú importanti sono i nuovi F-16, a livello della serie "bloc 52" americana, con motore elettronica e armamento avanzati e ben superiori capacità di missione multiruolo. Questi velivoli (cui evidentemente apparteneva quello abbattuto) sono di solito biposto, hanno una forma diversa con la fusoliera e il timone "ingrassati" per far posto ad apparecchiature elettroniche".


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ROBERTO BONGIORNI, ILSOLE24ORE.COM – 

Questa volta ci sono anche le immagini: i frammenti della carcassa di un aereo militare. E la stessa radio dell’esercito israeliano lo ha riconosciuto: un caccia F16 impegnato in un raid militare contro postazioni militari in Siria è caduto in territorio siriano. Con ogni probabilità intercettato e abbattuto dalla contraerea di Damasco. I due piloti sono riusciti a paracadutarsi in territorio israeliano, ma uno di loro due versa in gravi condizioni.

Le due versioni dei fatti 

È la prima volta che un aereo militare israeliano viene abbattuto in territorio siriano. Non era mai accaduto dall’inizio degli anni 80. Questo episodio rischia ora di innescare un’escalation militare in un conflitto dove si sono già aperti nuovi e pericolosi fronti.

Come accade di frequente le due versioni dei fatti divergono: “Un elicottero da combattimento ha intercettato con successo un drone iraniano lanciato dalla Siria e infiltrato Israele”, ha dichiarato il portavoce dell’esercito israeliano, aggiungendo: “In risposta, le Forze di difesa israeliane hanno preso di mira obiettivi iraniani in Siria”. Durante questa rappresaglia però un caccia è stato colpito, presumibilmente da un moderno missile terra aria, forse un (SA-400), armamenti letali che da tempo Israele sostiene siano stati forniti dalla Russia a Siria ed Iran. Israele ha inoltre accusato l’esercito siriano di aver lanciato con la sua contraerea missili sul suo territorio, facendo scattare le siriene nella Galilea. All’aeroporto internazionale di Tel Aviv questa mattina i voli sono stati sospesi per circa 40 minuti. 

Damasco e Teheran hanno invece negato lo sconfinamento in territorio israeliano del drone iraniano. Il regime siriano ha poi parlato di due attacchi israeliani separati, uno anche recente, respinti con successo.

Per Israele si tratta di una grave violazione della sua sovranità, un’aggressione imputata direttamente all’Iran. Dopo l’abbattimento del caccia, è stato dunque riunito lo stato maggiore delle forze armate per un summit di emergenza a cui hanno partecipato il premier Benyamin Netanyahu, il ministro della difesa Avigdor Lieberman e il capo di stato maggiore Gadi Eisenkot.

Israele-Siria: un conflitto a bassa intensità che dura da anni 

Non si tratta comunque di un episodio isolato. Ormai da tempo il ministro israeliano della Difesa, Lieberman, ha reso noto che dallo scoppio guerra civile in Siria, nel 2011, l’aviazione israeliana ha compiuto “centinaia di raid aerei” contro obiettivi dell’esercito siriano e, soprattutto, di Hezbollah e dei Pasdaran iraniani. Spesso si è trattato spesso di depositi di armi o convogli destinati ad Hezbollah, il movimento sciita libanese alleato di Damasco e Teheran nemico di Israele.

Finora Gerusalemme non aveva mai annunciato di aver perso un aereo, nonostante in più occasioni il regime siriano avesse dichiarato di aver abbattuto caccia israeliani. L’ultima volta risale allo scorso 9 gennaio, quando gli F-16 israeliani avevano colpito postazioni degli Hezbollah vicino alla frontiera tra Libano e Siria. Allora l’agenzia si stampa Sanaa, organo di informazione del regime siriano, aveva reso noto l’abbattimento di un caccia israeliano impegnato in un raid contro postazioni militari nei dintorni di Damasco. Dall’esercito israeliano non era arrivata tuttavia alcuna conferma.

La linea rossa di Israele: niente armi ad Hezbollah ed Iran 

Da anni Israele continua ad accusare il regime siriano di fornire armamenti sofisticati agli Hezbollah libanesi. Agli occhi di Gerusalemme rappresenta tutto ciò una grave minaccia alla sua sicurezza nazionale. E’ una linea rossa su cui Gerusalemme non intende retrocedere.

I diversi raid israeliani in territorio siriano sono proprio mirati ad impedire che gli Hezbollah dispongano di questi armamenti letali. 

Il problema è che anche il regime siriano ora dispone di armi molto più sofisticate, presumibilmente fornite dal Cremlino, il suo alleato più potente.

Colpire un caccia F-16 richiede sistemi militari tecnologici, come i missili terra aria s-400. Sui caccia israeliani sono infatti installati equipaggiamenti elettronici all’avanguardia, (che pochi eserciti al mondo possono vantare) che rendono molto più arduo la loro intercettazione ed il loro abbattimento. Senza contare l’alta preparazione dei piloti.

È una superiorità militare che Israele è decisa a mantenere sui Paesi arabi vicini proprio perché funge anche da deterrente. Le nuovi armi russe rischiamo ora di vanificare questo vantaggio militare.

Il rafforzamento militare di Hezbollah e il rischio di una nuova guerra 

Dall’estate del 2006, quando Israele ed Hezbollah si affrontarono in una guerra aperta, l’arsenale del movimento sciita libanese è stato pericolosamente potenziato con migliaia di missili, tra cui i razzi M600, scud Be D , capaci di colpire qualsiasi località in territorio israeliano. 

Da tempo il Governo di Gerusalemme è consapevole – ed in qualche occasione lo ha anche ammesso – che un confronto militare con Hezbollah non è più una questione di se ma di quando. 

Ma l’impressione è che nessuno se la senta di aprire un fronte militare, in un periodo in cui il Medio Oriente è in fiamme. Non sembra volerlo Israele, non sembrano volerlo gli Hezbollah, neanche l’Iran, e neppure il regime siriano, impegnato in un’offensiva su larga scala contro i ribelli in un momento in cui sta ottenendo importanti successi militari. Ma la storia insegna che in questa calda regione del Medio Oriente basta poco ad innescare un conflitto.


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IN SIRIA TUTTI CONTRO TUTTI – ROBERTO BONGIORNI, IL SOLE 24 ORE 8/2 

Tutti contro tutti. Col passare del tempo la guerra civile siriana sta assomigliando sempre di più al feroce conflitto che ha dilaniato il Libano dal 1975 al 1990. Le alleanze sono cangianti, difficili da classificare. Perché si forgiano e si disfano nel volgere di pochi mesi. E assumono connotazioni differenti a seconda della regione. In altre parole, due movimenti armati alleati in una certa area, o comunque non nemici, arrivano anche a scontri armati in un’altra regione.

Raid americani contro l’esercito di Damasco: oltre 100 vittime 

L’ultimo episodio risale a ieri. Gli Stati Uniti hanno lanciato un raid aereo contro le forze del presidente siriano Bashar al-Assad che avevano a loro volta cercato di attaccare le Syrian Democratic Forces (Sdf), la coalizione multietnica sostenuta e addestrata dal Pentagono nella guerra contro l’Isis, in cui i combattenti curdi siriani rappresentano la forza di gran lunga maggiore (circa l’80% degli effettivi) . I raid aerei americani avrebbero ucciso oltre 100 miliziani. Ci sarebbe da domandarsi perché il regime di Damasco abbia attaccato le Sdf, cosa che non aveva quasi mai fatto, e comunque non con un’aggressione su vasta scale (sarebbero stati utilizzati anche carri armati e 500 miliziani).

Ancora una volta la spiegazione è da ricercare nella delicatissima fase del dopo Isis. La guerra contro il Califfato aveva unito – temporaneamente –milizie e potenze regionali con interesse divergenti, se non diametralmente opposti. D’altronde, sulla carta l’Isis era nemico di tutti. Del regime di Damasco, degli Stati Uniti e delle forze dell’opposizione armata siriana, della Russia e dell’Iran. In teoria anche della Turchia. Una volta venuta meno la minaccia dei jihadisti – ormai frammentati in piccole cellule in un tratto della valle dell’Eufrate – è venuto anche meno il collante che aveva tenute insieme le diverse fazioni armate presenti in Siria.

I nuovi fronti di guerra nella Siria del dopo Isis 

Sembra che questo sia il momento per consolidare le posizioni, o conquistarne delle altre. Se l’esercito turco sta conducendo un’offensiva militare contro il distretto di Afrin, enclave nordoccidentale della Siria controllata dai curdi, l’esercito di al-Assad sta ora cercando di riprendersi quei territori controllati dalle Forze democratiche siriane. Il fiume Eufrate rappresenta la linea di demarcazione tra l’esercito siriano, che controlla la parte occidentale al di là del grande corso d’acqua, e le forze dell’opposizione siriana che agiscono sotto l’ombrello del Sdf, nella parte orientale. L’attacco di ieri è stato sferrato qualche chilometro a Est dell’Eufrate, 10 chilometri a sud est di Deir al-Zour, l’ultima grande città in mano all’Isis liberata dall’esercito siriano nel novembre del 2017. Nessuno lo ha mai ufficializzato, ma da tempo vige un tacito accordo tra Russia e Stati Uniti secondo cui nelle zone controllate dalle Sdf (e quindi dagli Stati Uniti) l’esercito siriano e i suoi alleati (Russia e Iran) non possono operare, nemmeno con l’aviazione. Viceversa nella regione a occidente del fiume.

Inevitabile, è arrivato il duello diplomatico tra Mosca e Washington. Se Damasco ha accusato gli Stati Uniti di crimini di guerra e il Cremlino ha comunque criticato aspramente il raid aereo definendolo un’azione «deplorevole», i vertici militari Usa hanno cercato di minimizzare: «Le nostre forze hanno il diritto di auto-difesa. Ma noi non stiamo cercando di aprire un conflitto con il regime siriano», ha dichiarato Dana White, portavoce del Pentagono.

La posta in gioco (che tutti vogliono): il controllo dei giacimenti petroliferi 

Al seguito delle truppe attaccate si trovavano anche dei militari americani. Non vi sarebbero stati né vittime ne ferite (solo un combattente curdo siriano ferito).

Non è un dettaglio che in quell’area si trovino giacimenti di petrolio e gas naturale di cui il regime siriano vorrebbe riappropriarsi: il giacimento di Khusham, che dal 2014 al 2017 rappresentava una delle maggiori fonti di entrate per l’Isis, e il giacimento di gas di Conoco.

Non è facile mettere ordine al caos che regna in Siria. Forti di una sorta di accordo tacito i curdi siriani non sono stati sostanzialmente mai impegnati in scontri armati con l’esercito di Damasco. E da anni amministrano i loro distretti in modo autonomo. Ma la campagna internazionale contro l’Isis, in cui le milizie curdo siriane (Ypg) hanno dato il maggior contributo, ha permesso loro di controllare, insieme all’opposizione araba sunnita, anche altri territori strategici come Raqqa, liberata dalle Syrian democratic forces in ottobre . Se nell’enclave di Afrin, contro cui la Turchia ha scatenato un’offensiva per spazzare via le Ypg, il regime siriano sostiene (tacitamente) le milizie curdo siriane - consentirebbe loro, attraverso un corridoio, di far passare rinforzi dai territori curdi della Siria orientale - l’escalation tra l’esercito siriano e le Sdf rischia ora di degenerare in un guerra aperta. Il motivo è semplice: il controllo dei giacimenti di petroliferi. In queast’area fornivano oltre 300mila barili al giorno. Un tesoro a cui nessuno vuole rinunciare.




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GIORDANO STABILE, LASTAMPA.IT –

Battaglia all’alba nei cieli della Siria e di Israele. Un drone di fabbricazione iraniana è penetrato nello spazio aereo israeliano, al confine con il Golan. Un elicottero israeliano lo ha intercettato e abbattuto. In rappresaglia per la violazione alcuni cacciabombardieri dello Stato ebraico hanno compiuto raid sulle postazioni dell’esercito siriano e delle milizie sciite alleate. 

La reazione dell’anti-aerea siriana è stata questa volta molto intensa. Un missile, probabilmente del sistema S200, ha colpito un F-16. Il jet è precipitato nel Nord di Israele. I due piloti sono riusciti a lanciarsi con il paracadute. Sono feriti leggermente, ma «in buone condizioni», e sono stati portati in un ospedale militare. Il portavoce dell’esercito israeliano, generale Ronen Manelis, ha precisato che «un drone iraniano è decollato dal territorio siriano, è stato identificato e abbattuto da un elicottero, è caduto sul nostro territorio ed è in nostro possesso». Sarà esaminato per valutazioni tecniche. 

Difesa accanita  

I missili anti-aerei lanciati dalla difese intorno a Damasco sono penetrati nello spazio aereo israeliano è hanno fatto suonare a lungo le sirene di allarme in tutto il nord del Paese. È la prima volta che un sistema antiaereo russo riesce ad abbattere un jet israeliano nel corso della guerra civile in Siria, che ha visto decine di raid dell’aviazione dello Stato ebraico contro obiettivi dell’Hezbollah libanese in territorio siriano. Alcuni fonti, da confermare, dicono che in realtà sarebbero entrati in azione i più potenti S300, che in teoria però sono sotto diretto controllo di Mosca. Almeno 25 missili hanno preso di mira l’F-16, che alla fine è stato colpito. 

Seconda ondata di raid, 12 obiettivi colpiti.  

Poco dopo l’abbattimento dell’F-16 è partita una seconda ondata di raid israeliani di rappresaglia. Questa volta gli obiettivi erano postazioni e depositi di armi di Hezbollah, e forse iraniani, vicino alla base aerea T4, a Ovest di Palmira, e a Jabal Manaa, a Sud di Damasco. Abitanti della capitale riferiscono di forti esplosioni vicino al sobborgo di Al-Kiswah, nella zona. Damasco ha risposto con il lancio di decine di missili anti-aerei che si sono diretti anche verso lo spazio aereo israeliano e hanno fatto scattare per la seconda volta le sirene di allarme nel Nord di Israele. Secondo le forze armate israeliane sono stati colpiti «dodici obiettivi». 

Riunito lo stato maggiore  

Israele ha riunito lo stato maggiore delle forze armate per un summit di emergenza: la situazione “sul fronte Nord è considerata seria”. 



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DAVIDE FRATTINI, CORRIERE.IT –

Tutti in piumino nero, le lenti dei binocoli orientate verso i villaggi siriani giù nella piana, i ministri israeliani si sono riuniti martedì sulle alture del Golan. Una scarpinata di gruppo per osservare il caos dall’altra parte e per avvertire: «Non metteteci alla prova», ha minacciato il premier Benjamin Netanyahu.


La prova

Il test è arrivato cinque giorni dopo, ha attraversato in volo il confine questa mattina sotto forma di un drone che i radar di Tsahal hanno subito individuato, gli occhi dei soldati hanno seguito sugli schermi e un elicottero ha abbattuto quando ormai era nel cielo sopra la valle di Beit Shean, nel nord del Paese: volevano scoprire dove andava, non volevano che andasse troppo avanti. La risposta è stata immediata.


Centro di controllo

I jet israeliani hanno colpito e distrutto il centro di controllo mobile – iraniano dicono i portavoce – da dove il velivolo comandato a distanza era partito. E’ l’area di Palmira, l’antico bivio tra l’Oriente e l’Occidente, la città archeologica che nei sette anni di guerra in Siria è stata anche catturata e devastata dai miliziani dello Stato Islamico. Adesso è sotto il controllo del regime di Bashar Assad, le basi sparpagliate nel deserto sono già state bombardate dagli israeliani. Questa volta le batterie anti-aeree siriane riescono a centrare uno dei jet che partecipa al raid ed è nello spazio aereo israeliano, i piloti fanno in tempo a schiacciare il pulsante di espulsione automatica prima dello schianto, la televisione mostra i rottami del caccia in fiamme tra gli ulivi della Galilea. Uno degli aviatori è molto grave, l’altro ha ferite lievi.


La seconda incursione

Dal quartier generale a Tel Aviv – dove arriva anche Netanyahu per una riunione d’emergenza – lo Stato Maggiore ordina un’incursione più devastante, vengono colpiti dodici obiettivi alla periferia di Damasco, quattro sarebbero basi iraniane. I generali minacciano «Siria e Iran giocano con il fuoco», allo stesso tempo provano a congelare il rischio di guerra, almeno per ora: «Israele non vuole un’escalation». Quello che vuole – come ribadisce Harry Koren, ambasciatore in Russia – è che i consiglieri militari spediti dagli ayatollah e le truppe irregolari di Hezbollah, manodopera armata dell’Iran, «si ritirino dal sud della Siria», si allontanino dal confine con Israele. Lo dice a Mosca perché il presidente Vladimir Putin sembra l’unico che può intervenire per calmare la situazione o alimentare le fiamme, dovesse un conflitto tra Israele e Siria-Iran servire i suoi interessi in Medio Oriente. Come scrive Anshel Pfeffer, analista del quotidiano israeliano Haaretz su Twitter: «Il drone iraniano è decollato da una base sotto controllo russo, i soldati siriani addestrati dai russi hanno sparato missili russi, Israele coordina i raid in Siria con la Russia e adesso chiede alla Russia di evitare una guerra. Gli Stati Uniti non sono mai stati così irrilevanti».


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TEL AVIV - Sale la tensione nei cieli del Medio Oriente: un F16 israeliano è stato abbattuto dai sistemi di difesa siriani, precipitando nei pressi del villaggio israeliano di Harduf. Secondo il portavoce dell’Esercito israeliano Jonathan Conricus il jet abbattuto era di ritorno dalla Siria, dove alle prime luci del mattino Israele ha condotto 12 raid su diversi obiettivi militari. Poche ore dopo, aggiungendo un nuovo elemento ad una giornata già convulsa, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha riferito che un elicottero militare turco è stato abbattuto durante un’operazione contro le milizie curde nel nord della Siria. 


• ELICOTTERO TURCO ABBATTUTO  "Uno dei nostri elicotteri è stato abbattuto", ha detto Erdogan in dichiarazioni trasmesse in televisione, minacciando ritorsioni e promettendo che i responsabili pagheranno "un prezzo alto". Durante l’azione due militari turchi sono rimasti uccisi, ha aggiunto il primo ministro Binali Yildrim. L’agenzia di stampa di Stato turca Anadolu riferisce che l’incidente è avvenuto nella provincia meridionale di confine di Hatay. E’ dal 20 gennaio che le forze armate turche, insieme ai ribelli siriani alleati, sono impegnate nell’operazione "Ramo d’ulivo" nella regione di Afrin, enclave curda nel nordovest della Siria, che ha aperto di fatto un nuovo fronte nella guerra siriana. 

In una delle giornate più calde dall’inizio del conflitto siriano nel 2011, il premier Benyamin Netanyahu è accorso oggi al ministero della difesa a Tel Aviv per una riunione sulla situazione al confine con la Siria. Sul posto anche il ministro della difesa Avigdor Lieberman e il capo di stato maggiore Gadi Eisenkot. 

Secondo la tv di stato di Damasco, l’aereo israeliano è stato "abbattuto" dopo essere stato colpito dalla contraerea siriana ed è caduto "in Galilea, nella Palestina occupata", secondo la terminologia ufficiale siriana. I due piloti a bordo del jet sono riusciti a lanciarsi col paracadute. Uno dei due è in gravi condizioni ed è stato trasportato in ospedale, riferisce il portavoce militare israeliano.


• SCAMBIO DI ACCUSE L’attacco israeliano contro obiettivi siriani e iraniani è partito dopo che l’esercito israeliano ha intercettato un drone iraniano lanciato dalla Siria che, secondo Tel Aviv, era entrato nello spazio aereo israeliano. Da qui la risposta israeliana nella zona di Tadmor, da cui, secondo Israele, era partito il drone iraniano.

Accuse respinte da Teheran, dalla Russia e da Hezbollah, che, in una dichiarazione congiunta, hanno negato la violazione dello spazio aereo e accusato Israele di aver mentito per giustificare gli attacchi di risposta in Siria, promettendo anche una "risposta dura e ferma a ogni nuova aggressione". Da Teheran il portavoce del ministro degli Esteri, Bahram Ghasemi, ha difeso il diritto alla legittima difesa della Siria.

Ferma la posizione di Israele: il portavoce militare, generale Ronen Manelis, ha denunciato un "grave attacco iraniano in territorio israeliano", accusando Teheran di trascinare la regione in una situazione che non si sa come andrà a finire, aggiungendo però di non volere un’escalation con la Siria, mentre il colonnello Jonathan Conricus, parlando con i giornalisti stranieri, ha avvertito che "Siria e Iran stanno giocando col fuoco", precisando che le operazioni israeliane odierne avevano un "carattere difensivo".

Damasco ha fatto poi sapere di aver respinto un secondo attacco aereo di Israele nei pressi della capitale siriana, qualche ora dopo il primo. Ad annunciarlo è stata l’agenzia ufficiale Sana. Fonti di Damasco hanno reso noto che nei raid israeliani sono morti tre combattenti delle forze fedeli ad Assad.


• L’INCURSIONE DEL DRONE

Lo scontro si era acceso in seguito a quella che Israele ha definito l’incursione di un drone. "Un elicottero da combattimento ha intercettato con successo un drone iraniano lanciato dalla Siria e infiltrato in Israele: il velivolo è stato identificato dai sistemi di difesa aerea in una fase iniziale ed è rimasto sotto sorveglianza fino all’intercettazione. In risposta, le Forze di difesa israeliane hanno preso di mira obiettivi iraniani in Siria", hanno dichiarato i militari israeliani. In una successiva dichiarazione un portavoce militare ha aggiunto che Israele considera "l’Iran responsabile per questa grave violazione della sovranità israeliana". Secondo i media, la base da cui è partito il drone iraniano si trova a Tadmor, nel deserto siriano.


• L’AEREO ABBATTUTO

E’ stata la radio militare israeliana, subito dopo, a rendere noto che un aereo israeliano F16 che partecipava all’azione in Siria è caduto mentre si trovava in territorio israeliano. L’incidente all’F16 potrebbe essere stato causato dal massiccio fuoco antiaereo partito dalla Siria. L’abbattimento dell’F16 è stato confermato anche da una fonte militare siriana che ha parlato di "aggressione israeliana e della riposta delle forze di difesa che hanno colpito uno o più velivoli".

I media israeliani sottolineano che quello di sabato è il primo caso di un intervento diretto dell’Iran contro Israele, senza passare per Hezbollah, Hamas o altri gruppi.


• AEROPORTO TEL AVIV CHIUSO PER 20 MINUTI

Dopo l’abbattimento del jet israeliano, per circa 15 minuti i voli in partenza e in arrivo all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv erano stati sospesi. Lo scalo ha ripreso a funzionare a pieno ritmo dopo essere stato chiuso per breve tempo. Lo ha fatto sapere, citata dai media, la direzione dello scalo, secondo cui i decolli erano stati sospesi per 20 minuti. Ora, secondo la stessa fonte, tutto è rientrato nella normalità.


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= IL PUNTO = M.O.: nuovi venti di guerra tra Libano e Israele = 

(AGI) - Beirut, 10 feb. - "Le notizie arrivate oggi hanno reso necessaria una discussione tra il presidente (il cristiano maronita, ndr) Michel Aoun, il premier (sunnita, ndr) Saad Hariri e lo speaker del Parlamento, (lo sciita, ndr) Nabih Berri. Sulla base degli sviluppi di queste ore, si prenderanno delle decisioni. Finora, il territorio libanese non e’ coinvolto. Tuttavia, questa volta, sembra che la situazione sia diversa rispetto agli usuali scontri (tra Israele e Siria, ndr). C’e’ un jet israeliano abbattuto, e ci sono le minacce di Israele (verso il Libano, ndr)". Queste le parole, riportate dal quotidiano libanese Daily Star, da una fonte interna alla presidenza della Repubblica libanese, in merito all’incontro urgente avvenuto in tarda mattinata tra le tre piu’ importanti cariche istituzionali del Paese dei Cedri. Il vertice tra le tre piu’ alte cariche ufficiali dello Stato, e’ avvenuto perche’ alle prime ore dell’alba un aereo israeliano e’ stato abbattuto dai sistemi di difesa siriani - con alcuni frammenti di missile caduti nel villaggio libanese di Kaoukaba - dopo aver bombardato 12 obiettivi militari in Siria, violando lo spazio aereo libanese. Un portavoce dell’Esercito israeliano, Jonathan Conricus, ha affermato che i raid compiuti in Siria dagli aerei israeliani sono una risposta allo sconfinamento di un drone iraniano - partito da una base siriana nei dintorni di Homs - intercettato e abbattuto da un elicottero nello spazio aereo di Israele. La violazione dei cieli libanesi da parte dei jet dello Stato ’ebraico’ e’ stata condannata dal ministero degli Esteri del Paese dei Cedri, che ha ricordato come il Paese abbia diritto a "difendersi dalle aggressioni israeliane". Ministero che ha poi annunciato di aver chiesto alla missione Unifil nel sud del Libano di denunciare al Consiglio di Sicurezza Onu la violazione israeliana. "Le azioni israeliane minacciano la stabilita’ regionale", si legge nella nota del ministero. L’argomento "difensivo" e’ stato usato da tutte le parti in causa: il Libano rispetto all’ingresso di jet israeliani nello spazio aereo libanese; Israele rispetto all’ingresso di un drone iraniano in territorio israeliano; la Siria rispetto ai raid compiuti da Israele nei dintorni di Damasco e di Homs, che portano a oltre 100 i bombardamenti effettuati da Tel aviv in Siria dal 2011 ad oggi. Il rischio di una terza guerra tra Israele e Libano e’ sempre piu’ concreto, e secondo la gran parte degli analisti - israeliani, in particolare - promette di essere molto piu’ devastante di quella dell’estate del 2006 durata 34 giorni. Per tre motivi, in particolare: il primo sta nel fatto che gli sciiti di Hezbollah, alleato sia di Assad che degli iraniani che li armano, e’ nel governo libanese, e lo scorso maggio 2017 le sue milizie sono state dichiarate dal presidente Aoun "complementari all’Esercito libanese e fondamentali per la difesa del Paese". Per questo motivo, i rappresentanti del governo e delle Forze armate israeliane hanno sempre ribadito che nel prossimo conflitto riterranno "l’intero Libano responsabile", e non solo Hezbollah. Il secondo motivo e’ l’accresciuta forza militare del Partito di Dio, sia in termini di preparazione (la guerra in Siria in questo senso ha avuto una funzione altamente "allenante" per i miliziani sciiti) che di equipaggiamento. (AGI) Lby/Red/Red/Gis (Segue) 101846 FEB 18  NNNN
= IL PUNTO = M.O.: nuovi venti di guerra tra Libano e Israele (2)= 

(AGI) - Beirut, 10 feb. - Secondo stime israeliane, Hezbollah e’ oggi in possesso di circa 150.000 razzi a corto, medio e lungo raggio (tra gli altri: gli M-600 con un raggio di 300km e testate da mezza tonnellata, repliche dei Fateh-110, missili iraniani di terza generazione, e i B032 siriani, con un raggio di 100 km e testate da 175kg), oltre a 50.000 uomini, riservisti compresi. Lo scorso settembre, un comandante di Hezbollah aveva dichiarato che sono circa 10.000 i combattenti sciiti nel sud della Siria, pronti a combattere. Secondo gli analisti israeliani, il Partito di Dio in una eventuale guerra con Israele sarebbe in grado di lanciare 1.500-2.000 missili, molti di piu’ dei 130-180 lanciati durante la guerra del 2006. Il terzo motivo e’ la crescente convergenza tra Israele, Arabia Saudita e Stati Uniti, il cui presidente Donald Trump ha ultimamente inasprito la retorica anti-iraniana. Lo scorso agosto, attraverso l’ambasciatrice americana all’Onu, Nikki Haley, Washington aveva "rimproverato" la missione Unifil, definendola "cieca" di fronte alle accresciute attivita’ del Partito di Dio nel sud del Libano. Secondo l’International Crisis Group, ha preso forma una strategia trilaterale sempre piu’ assertiva nei confronti dell’Iran, che mira a fare pressioni militari, diplomatiche ed economiche. Sin dalla visita di Trump a Riad a maggio 2017, le prospettive di un’alleanza israeliana con l’Arabia saudita, col sostegno americano, sono diventate sempre piu’ realistiche, e da parte sua la Russia sembra aver assunto un atteggiamento perlomeno tiepido, defilato rispetto ad una eventuale escalation: da una parte e’ alleata dell’Iran in Siria, dall’altra la visita di Netanyahu a Mosca la scorsa settimana dimostra rapporti solidi anche con Tel Aviv. E’ d’altro canto, anche nell’ipotesi in cui Mosca fosse esplicitamente piu’ vicina alle posizioni israeliane, potrebbe non avere la capacita’ di "leverage", il potere d’influenza sulle strategie e sulle priorita’ geopolitiche iraniane. "Nella prossima guerra, non vedremo piu’ fotografie come quelle durante la guerra del 2006, in cui gli abitanti di Beirut erano in spiaggia. Se gli abitanti di Tel aviv saranno costretti a rifugiarsi nei bunker anti missile, anche gli abitanti di Beirut lo saranno", ha dichiarato ieri al Jerusalem Post il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman. (AGI) Lby/Red/Red/Gis 101846 FEB 18 NNNN