Avvenire, 10 febbraio 2018
Dell’Utri, in 20 anni 11 processi e una condanna per mafia
Una maratona giudiziaria lunga vent’anni terminata con la condanna in via definitiva di Marcello Dell’Utri a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Una delle vicende processuali più discusse e dilatate nel tempo della storia d’Italia, ma non è l’unica per l’ex senatore del Popolo delle libertà, cofondatore di Forza Italia con Silvio Berlusconi, di cui è stato stretto collaboratore negli anni 70 in Publitalia e in Fininvest. Palermitano, ex dirigente d’azienda prestato alla politica, bibliofilo e collezionista di volumi antichi, ha aggiunto ai suoi molteplici guai giudiziari anche un rinvio a giudizio con l’accusa di peculato per la sottrazione di diversi volumi antichi dalla biblioteca dei Girolamini a Napoli. La condanna che lo vede detenuto a Rebibbia affonda le sue origine nel marzo 1994 quando il nome di Marcello Dell’Utri, all’epoca amministratore delegato di Publitalia, vie- ne messo in relazione con ambienti di mafia. Ne aveva parlato ai magistrati di Caltanissetta il pentito Salvatore Cancemi, aprendo scenari nuovi sui rapporti tra Cosa nostra, finanza e politica: da poche settimane Silvio Berlusconi aveva annunciato la sua ’discesa in campo’ con Forza Italia. Dopo oltre due anni di indagini, il 26 giugno 1996 Dell’Utri viene sentito per oltre 11 ore. Il rinvio a giudizio arriva il 19 maggio 1997 con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Con lui viene rinviato a giudizio Gaetano Cinà, che lo avrebbe messo in contatto con lo stalliere mafioso Vittorio Mangano. Il 9 maggio 2014 la prima sezione penale della Corte di Cassazione conferma la condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa inflitta dalla Corte d’appello di Palermo. Dopo un periodo di latitanza viene arrestato a Beirut ed estradato in Italia. Il 7 dicembre scorso il Tribunale di sorveglianza di Roma rigetta la prima richiesta di sospensione di pena presentata dai legali per problemi di salute. Cosa che si ripete pochi giorni fa. Ma i legali puntano anche su un’altra possibilità per tirare fuori dal carcere l’ex senatore. La procura generale di Caltanissetta, il 22 dicembre scorso, ha chiesto la sospensione della pena nel corso del processo di revisione in Corte d’appello. I legali di Dell’Utri da tempo sostengono che il suo caso sia sovrapponibile a quello di Bruno Contrada, ex numero due del Sisde, la cui condanna per concorso esterno in associazione mafiosa è stata dichiarata illegittima dalla Corte di giustizia di Strasburgo. La Cedu ha sostenuto che all’epoca della condotta contestatagli il reato di concorso in associazione mafiosa non era sufficientemente tipizzato, fissando al 1994, anno della sentenza Demitry, lo spartiacque oltre il quale il reato ha assunto connotazione chiara. E anche Dell’Utri è stato condannato per fatti avvenuti fino al 1992, inducendo gli avvocati dell’ex manager a parlare di storie identiche. La Corte d’Appello di Caltanissetta ha rinviato all’8 marzo sia la decisione sull’eventuale scarcerazione di Dell’Utri, sia quella sulla revisione del processo.Su 11 procedimenti penali affrontati o ancora in corso (in due casi è stato assolto in via definitiva), quello che suscita maggiore attesa è il processo di primo grado, ormai giunto alle battute finali a Palermo, sulla trattativa Stato-mafia, ossia sui presunti rapporti indebiti fra Cosa nostra e alcuni esponenti delle istituzioni, durante il periodo delle stragi del ’92 e del ’93, nel quale figurano 10 imputati. Il 26 gennaio scorso i pm palermitani hanno formulato le richieste di condanna, al termine di una dura requisitoria, chiedendo 12 anni per Dell’Utri, accusato di minaccia a corpo politico dello Stato.