La Stampa, 9 febbraio 2018
Dalla Bocconi alla Generalitat. Elsa Artadi alla guida della Catalogna
Un presidente a Bruxelles e una presidentessa a Barcellona. La prossima leader della Catalogna potrebbe essere Elsa Artadi, economista di 42 anni, fedelissima di Puigdemont ed ex professoressa della Bocconi. Con lei al comando, la regione ribelle potrebbe uscire dalla paralisi istituzionale, generata dall’impossibilità di nominare presidente Carles Puigdemont, in Belgio da oltre 100 giorni con un mandato di cattura emesso dai giudici spagnoli. La soluzione sul tavolo dei partiti indipendentisti però non escluderebbe il leader. Puigdemont, infatti, avrebbe ottenuto di essere investito ufficiosamente a Bruxelles da un «Consiglio della Repubblica» formato dai deputati indipendentisti, una carica simbolica senza effetti legali, per sfuggire alle certe conseguenze penali della giustizia di Madrid.
Artadi è stato il volto della campagna elettorale vittoriosa di Junts per Catalunya, la lista voluta da Puigdemont, che nelle urne, lo scorso dicembre, ha superato Esquerra Republicana e ha garantito la maggioranza assoluta ai separatisti. Professoressa di Macroeconomia, Artadi ha un curriculum molto solido, con studi ad Harvard, consulenze alla Banca mondiale e una cattedra alla Bocconi, (contratto firmato da Mario Monti, allora rettore dell’Ateneo), «insegnavo in inglese, il mio italiano non è così buono», raccontava dopo un comizio lo scorso dicembre. Nel 2009 l’allora governo catalano la chiama a dirigere un dipartimento economico della Generalitat. Il profilo tecnico si fa politico soltanto negli ultimi mesi, quando Puigdemont la vuole a capo della nuova formazione. L’obiettivo dell’esule è di smarcarsi dai due grandi partiti del nazionalismo catalano, Esquerra republicana e il PDeCat, quest’ultimo macchiato da sentenze per casi di corruzione. Sin dagli ultimi drammatici giorni del suo governo infatti, Puigdemont si muove con un piccolo cerchio di fedelissimi, nessuno dei quali (Artadi inclusa) con una marcata connotazione partitica.
Se l’accordo tra le diverse anime dell’indipendentismo sarà confermato, Artadi potrebbe essere eletta a fine febbraio dal Parlamento catalano. Prima, però, ci sarebbero due passaggi da completare. Il primo dovrebbe essere un voto della Camera di Barcellona per riconoscere il ruolo di Puigdemont senza eleggerlo formalmente (la Corte costituzionale ha chiarito che serve la presenza fisica in aula). Seconda mossa, stando agli accordi ancora non ufficiali, sarà quella di celebrare una sorta di investitura simbolica a Bruxelles dell’ex presidente. Si tratta, come detto, di escamotage politici per non infrangere le leggi spagnole, un rischio che in molti non possono correre (specie gli ex ministri liberi su cauzione che potrebbero tornare in carcere in caso di nuove disobbedienza).
Nelle prigioni alle porte di Madrid sono rinchiusi da oltre tre mesi l’ex vicepresidente Oriol Junqueras, il responsabile dell’Interno Joaquim Forn e i due leader della società civile indipendentista, Jordi Cuixart e Jordi Sànchez. Misure preventive, il processo è ancora lontano, che stanno cominciando a far discutere anche all’estero. Amnesty International ha chiesto la scarcerazione di Sànchez: «La sua è una detenzione eccessiva e sproporzionata». La magistratura però va avanti e il Partito popolare, guidato dal premier Rajoy, propone una legge per escludere anche in futuro qualsiasi ipotesi di amnistia.