La Stampa, 9 febbraio 2018
Il tesoro di Bergamo. Il grande assalto alla falda sotterranea più grande d’Europa
Lo scroscio dell’acqua incessante rimbomba nel buio dell’Abisso Bueno Fonteno, a settecento metri di profondità, tra le grotte delle montagne carsiche che incoronano il lago d’Iseo, tra Bergamo e Brescia. Il complesso di gallerie, scoperto nel 2006, potrebbe estendersi per duecento chilometri di lunghezza, sostengono gli speleologi, rendendolo tra i più grandi d’Europa. E con un immenso tesoro nascosto al suo interno: l’acqua.
Istituzioni locali, fondazioni e la società idrica Uniacque Spa, hanno recentemente manifestato il loro interesse per l’area. C’è chi parla di sfruttamento delle cascate per produrre energia elettrica e chi guarda invece al turismo. Si è ora iniziato a lavorare alla mappatura dei torrenti che scorrono nell’Abisso. A ottobre, in accordo con la Regione Lombardia, verranno versate nell’acqua sostanze traccianti, con l’obiettivo di vedere dove riemergeranno. L’azienda Uniacque, invece, avrebbe messo a disposizione dei fondi per capire se ci sono possibilità che quel bacino idrico possa essere sfruttato in futuro per la sua rete di distribuzione. I test condotti finora hanno detto che l’acqua non è potabile e andrebbe filtrata, ma l’interesse non è scemato. «Si deve stare attenti, però, perché quelle sono riserve strategiche», avverte lo speleologo Massimo Pozzo, tra i primi a scoprire una delle entrate del grande canyon sotterraneo. In superficie, infatti, i laghi iniziano a prosciugarsi e i ghiacciai arretrano. «I bacini idrici delle zone carsiche sono diventati le nostre ultime risorse e vanno tutelati», sostiene lo speleologo. E non solo per questo. L’Abisso Bueno Fonteno è infatti «un vero e proprio pianeta sotterraneo, con il suo ecosistema», che va preservato il più possibile dall’invasione dell’uomo.
«Noi speleologi siamo abituati a strisciare nei cunicoli delle grotte», racconta Pozzo, «mentre qui, nei 35 chilometri di gallerie finora perlustrati, potrebbero passare dei camion. I tunnel scavati dall’acqua portano a sale immense, capaci di contenere il Duomo di Milano, tanto che la luce delle torce spesso non riesce a illuminarne il fondo». E poi, ci sono fiumi «navigabili con un canotto» e «insetti dall’aspetto preistorico, trasparenti come il vetro perché non hanno mai visto la luce».
C’è chi, tra speleologi e biologi, rimane in grotta per dieci giorni per arrivare in fondo a gallerie lunghe decine di chilometri. Si allestiscono campi-base, come nelle scalate in montagna, e quando alla fine si esce alla luce del sole, i colori dei boschi sono vividi, quasi accecanti. Tanto che in altre grotte d’Europa effettuano la loro preparazione gli astronauti dell’Esa. Nell’Abisso Bueno Fonteno, invece, c’è qualcuno che ha sofferto di attacchi di panico, «ma stare a lungo lì dentro può anche far bene», assicura Pozzo. L’aria, infatti, è asettica e con tasso di umidità del 98 per cento: «È come vivere in un grande aerosol».