La Stampa, 9 febbraio 2018
Non piove. A gennaio precipitazioni diminuite di un terzo rispetto alle medie storiche
Se pensate che quest’inverno sia piovuto sin troppo vi sbagliate di grosso. A gennaio, rispetto alle medie storiche, le precipitazioni sono infatti calate del 31%, con punte del 50% nel Centro Italia e del 45% nel Mezzogiorno. Solo il Nord, dove quest’anno le nevicate sono state certamente molto abbondanti, si salva (si fa per dire) mettendo a segno un aumento del 5%. Troppo misero per ipotizzare che anche la prossima estate, dopo un 2017 destinato a passare alla storia, non dovremo misurarci per l’ennesima volta con la siccità. Il maltempo di inizio anno, con nevicate e piogge che hanno caratterizzato una diffusa «percezione d’inverno», spiegano dall’Associazione nazionale delle bonifiche, l’Anbi, hanno ristorato territori “assetati” ma non hanno risolto lo squilibrio idrico generato da uno dei periodi più caldi ed arsi della storia d’Italia.
Sud sempre più assetato
In questo avvio di 2018 è soprattutto la situazione del Sud a destare preoccupazione: le riserve idriche del Mezzogiorno sono praticamente dimezzate. Dal 2010 ad oggi le scorte di quest’area del Paese sono passate da 3000 milioni di metri cubi ad appena 1200. Drammatica la situazione di Palermo dove da ieri per decisione del Consiglio dei ministri è in vigore lo stato d’emergenza.
La circostanza è generalizzata, ma le situazioni più gravi si registrano in Calabria dove sono disponibili appena 3,48 milioni di metri cubi d’acqua (contro i 5,8 di 12 mesi fa), in Sicilia (187,61 contro 351,61), in Basilicata (195,5 milioni di metri cubi contro 370,88), Puglia (140,58 contro 336,55) e Sardegna (675,77 milioni di metri cubi rispetto a 974,56 dello scorso anno). «Se consideriamo che gran parte degli invasi sono a riempimento pluriennale e che al Sud sta piovendo il 45% in meno della media del periodo, è facile capire che non solo ci aspettano mesi difficili, ma si stanno pregiudicando anche le disponibilità idriche per gli anni a venire» sostiene il presidente dell’Anbi, Francesco Vincenzi.
Grandi laghi ai minimi
Quello che sta accadendo al Nord conferma che questo è un pericolo sempre più concreto. Nonostante il maltempo i grandi laghi restano tutti al di sotto delle medie storiche stagionali (1950-2015) e stentano a ritrovare il loro equilibrio idrico. La situazione in assoluto più critica riguarda il bacino di Iseo, che a fronte di una capacità complessiva di 85,4 milioni di metri cubi d’acqua ne trattiene appena il 14% restando oltre 10 centimetri sotto lo zero idrometrico mentre storicamente il suo livello medio è fissato a quota 37,6. Il lago di Como è al 22,9% (a fronte di una capacità di 246,5 milioni di metri cubi) e a 0,6 centimetri sotto lo zero idrometrico (contro i +18 di media), il Garda invece è al 41,6% della sua capacità (458 milioni di mc) ed è l’unico un poco in crescita. L’ultima rilevazione lo dà a 66,5 centimetri sopra lo zero che son pur sempre 27,5 cm meno della media storica. Infine il lago Maggiore: questo invaso è al 53,5% della sua capacità (420 milioni di metri cubi) e 57,9 cm sopra lo zero idrometrico, ovvero 15 in meno della media storica.
È vero che è nevicato tanto, e questo potenzialmente rappresenta un’importante riserva idrica, ma viste le bizze del clima nulla è scontato. «Tutto dipenderà dall’andamento climatico – spiega Vincenzi -. Un repentino elevarsi delle temperature ed il conseguente scioglimento delle nevi sulle montagne comporterebbe non solo il perdersi di un’importante riserva idrica per i mesi a venire, ma anche un aumento di criticità idrogeologica per il contemporaneo fluire verso valle di ingenti masse d’acqua».
Inevitabile correre ai ripari. Per questo l’Anbi sollecita l’attivazione in ogni distretto idrografico di tavoli di concertazione fra tutti i soggetti interessati all’utilizzo della risorsa idrica «per conciliare le molteplici esigenze a partire comunque dalle priorità di legge e che cioè, dopo l’uso umano, viene quello a fini agricoli». E quindi insiste perché «al più presto vengano aperti i cantieri, sia per incrementare l’efficienza della rete irrigua sia per realizzare nuovi invasi in grado di trattenere le acque di pioggia per usarle nei momenti di bisogno rendendo operative risorse peraltro già stanziate».
Nel settore agricolo l’allarme è già scattato. In Sicilia, ad esempio, i vari consorzi di bonifica hanno già informato le associazioni dei produttori prospettando l’ennesima stagione irrigua difficile ed invitandoli, quindi, a valutare cosa seminare.
L’emergenza Sicilia
Nella sola provincia di Palermo, segnala infatti la Coldiretti, si è registrato un crollo del 43,3% delle precipitazioni nel mese di gennaio che è peraltro il sesto mese consecutivo a far registrare un deficit idrico. La situazione – sottolinea l’associazione – è grave in tutta l’isola dove le precipitazioni a gennaio sono state inferiori del 47,2% alla media storica dopo un 2017 che è stato il più siccitoso da 10 anni. Il risultato è che non solo bacini di raccolta e laghi sono vuoti ed i torrenti restano asciutti ma nei campi aridi le sementi non sono germinate, col rischio di un pesante impatto sulla raccolta di grano duro mentre sulle piante la dimensione delle arance è diminuita con un calo dei prezzi di vendita, nonostante sia stato necessario ricorrere alle irrigazioni di soccorso. E anche gli ortaggi devono essere irrigati come se fosse giugno. Gli allevatori, soprattutto nelle aree interne, stanno finendo le scorte di fieno e materie prime per l’alimentazione degli animali con effetti sulla raccolta del latte. L’andamento schizofrenico del tempo, i ripetuti sfasamenti stagionali ed il ripetersi di eventi estremi sono già costati molto cari alla nostra agricoltura che, stima Coldiretti, tra alluvioni e siccità negli ultimi 10 anni ha subito danni per un totale di 14 miliardi di euro.
Twitter @paoloxbaroni