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 2018  febbraio 09 Venerdì calendario

Anche Shakespeare copiava: un software lo dimostra

Il divino Shakespeare copiava. Grazie a un software utilizzato dai professori sospettosi per scoprire gli studenti colpevoli di plagio nei compiti in classe, due ricercatori americani hanno identificato una nuova fonte utilizzata dal Bardo per compilare undici dei suoi drammi più famosi, come Riccardo III, Re Lear e Macbeth. E hanno scoperto che alcuni passi sono stati riprodotti tali e quali.
Il libro A Brief Discourse of Rebellion & Rebels by George North, che uscirà la prossima settimana per la casa editrice accademica D. S. Brewer, con la British Library, è firmato da Dennis McCarthy e June Schlueter. Il primo è un autodidatta molto smanettone, definito dalla seconda, professoressa specialista in letteratura inglese ed autrice di molti studi sull’argomento (insegna presso il Lafayette College in Pennsylvania), «lo Steve Jobs della comunità shakespeariana». McCarthy, pur senza parlare apertamente di plagio, ha indicato, in una intervista al New York Times, l’opera di North citata nel titolo come «continuamente ricorrente» nell’opera del massimo autore inglese. Il testo condiziona il linguaggio, ma darebbe anche forma alle scene e influenzerebbe, in una certa misura, «la stessa filosofia alla base dei drammi». È stata così individuata una nuova fonte di Shakespeare, dopo quelle, già note, delle cronache di Holinshed e Hall e delle Vite di Plutarco. Per ottenere le prove del copia e incolla, McCarthy ha utilizzato WCopyfind, un software utilizzato per riconoscere i casi di plagio. E ha scoperto che, nel famoso soliloquio che apre il Riccardo III – ora è l’inverno del nostro scontento – Shakespeare utilizza la stessa successione di parole per indicare chi è brutto ma, sfidando la natura, cerca di vedersi riconosciuta una sorta di bellezza interiore. Si tratta di parole piuttosto rare, che vengono ripetute nello stesso ordine del manoscritto di North preso in esame. «È come vincere alla lotteria», ha commentato McCarthy.
IL PRECEDENTE
Un simile sistema informatico – scrive il giornale – è quello usato da Brian Vickers, un altro accademico americano, per identificare Shakespeare come coautore del dramma Edoardo III. McCarthy, vero segugio di biblioteche, si era messo sulle tracce del manoscritto di North dopo avere appreso della sua esistenza in un catalogo d’asta. Il testo, scritto nel 1576 dalle parti di Cambridge – mentre il fratello dell’autore, Thomas, lavorava alla traduzione di Plutarco letta poi da Shakespeare – è un saggio sulla ribellione. Tra i casi presi in esame, c’è quello di Jack Cade, che si rivoltò contro Enrico VI. Quando il Bardo descrive i suoi ultimi giorni in Enrico VI parte seconda, afferma che, alla fine dei suoi giorni, stava morendo di fame; poi fu ucciso, e il suo corpo dato in pasto ai corvi. Per secoli gli studiosi si sono chiesti dove Shakespeare avesse trovato queste informazioni. Bene: venivano dal testo di North. Secondo McCarthy lo stesso autore sarebbe alla base dell’ispirazione del celebre buffone di Re Lear. Sarà veramente così? L’era dello studio elettronico è appena iniziato.