la Repubblica, 9 febbraio 2018
La scalata di Cairo diritti tv e pubblicità una trama da 120 mln
ROMA Raccontano che fino a poco tempo fa Urbano Cairo non si vedeva quasi mai, nelle infuocate assemblee della Lega di A. Poi, improvvisamente, da un anno a questa parte, ha cominciato a essere sempre più presente, i suoi interventi si sono fatti più densi e precisi e il suo ruolo sempre più importante. Fino a diventare, oggi, il personaggio centrale, il kingmaker – addirittura della nuova governance della Lega di Serie A che lui vedrebbe bene nelle mani dell’ad spagnolo Javier Tebas, già grande capo della Liga.
Quella di Tebas è una piccola fissazione, per Cairo. Si è innamorato dei risultati conseguiti dal manager nel mercato spagnolo e si è convinto che possa replicarli anche da noi, dicono. Per questo, pur di averlo al comando, ha accettato di scendere a patti lasciando al suo ex nemico Claudio Lotito la facoltà di scegliere il presidente.
E però c’è dell’altro. Anche i nuovi padroni dei diritti sono spagnoli e Cairo in Spagna controlla un autentico impero dei media, che annovera, tra gli altri pezzi pregiati, giornali di peso come El Mundo e Marca. Ecco perché una Lega a trazione iberica davvero non gli dispiacerebbe. Tanto più che questa Lega potrebbe trovarsi presto a maneggiare una partita molto interessante. Quella della raccolta pubblicitaria per il nuovo canale della Lega di Serie A.
Per capire cosa possa aver improvvisamente destato l’attenzione del presidente del Torino, può dunque essere utile partire dal calendario e dalla rassegna stampa. Si scopre così che il rinnovato attivismo di Cairo coincide con la diffusione delle prime bozze del progetto del “Serie A Channel”: un canale televisivo, con un palinsesto da ventiquattro ore al giorno, attraverso il quale la Lega avrebbe potuto distribuire le proprie partite nel caso in cui i bandi per l’assegnazione alle emittenti dei diritti tv fossero andati male. Il tempo ha poi dimostrato che quell’idea era valida e che valeva la pena investirci tempo ed energie.
Il progetto, che in quella fase embrionale era affidato nella realizzazione alle strutture di Discovery Channel, prevedeva che della raccolta pubblicitaria se ne sarebbe dovuta occupare la stessa emittente americana. Ed è stato quando questo dettaglio è divenuto di dominio pubblico in via Rosellini che qualcuno ha cominciato a collegare i puntini: «Quando lo ha scoperto, Cairo era tra lo stizzito e l’offeso – raccontano maliziosi dalla sede della Lega – evidentemente ci aveva fatto un pensierino pure lui». La torta della pubblicità di un canale del genere, secondo le prime stime ufficiali, dovrebbe aggirarsi intorno ai 120 milioni di euro l’anno.
Più volte interpellato dai giornali, Cairo ha sempre negato di aver pensato di poter raccogliere con la propria concessionaria la pubblicità per il canale tematico della Lega. «Una volta – diceva in una intervista a Repubblica il 18 gennaio scorso – facevo il concessionario per conto terzi. Ma adesso raccolgo solo per le mie aziende: con La7, Cairo Editore e Rcs fatturiamo 420 milioni abbondanti. Raccogliere per terzi, col mercato in contrazione, non ci interessa».
In Lega tuttavia sono sicuri che l’editore abbia fatto le sue mosse per “preparare” l’affare, e raccontano addirittura di una recente trattativa con gli spagnoli di Mediapro, quelli che hanno appena vinto il bando per la distribuzione dei diritti ma che in realtà sognano ancora di poter realizzare il canale: «Impossibile – smentisce Cairo – io gli spagnoli non li ho mai visti se non in assemblea quando hanno presentato il loro progetto. Poi basta».
Un coinvolgimento di Cairo come partner del canale farebbe esplodere l’ennesimo conflitto di interessi del calcio italiano. E però stavolta si scontrerebbe con il nuovo statuto varato dalla Lega che, proprio per limitare i conflitti di interesse, prevede esplicitamente (al punto 4) che per l’approvaizone di ogni «operazione con parti correlate» occorre passare per il voto dell’assemblea ( ci vogliono almeno i due terzi, cioè 14 voti).
La cosa, considerando i venti presidenti di cui quasi nessuno è esente da tali conflitti, anche in forma lieve, non rassicura. Decisamente più efficaci promettono di essere i veti incrociati ( già partiti) da settimane da Sky e soprattutto da Mediaset, dove Cairo non è visto proprio di buon occhio.