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 2018  febbraio 09 Venerdì calendario

Il giallo di Consob. Nava vuole restare ancora a Bruxelles

ROMA C’è uno strano caso alla Consob.
Riguarda le due recenti nomine, quella di Mario Nava e Paolo Ciocca. Il primo dovrà sostituire alla presidenza della Commissione l’ormai scaduto Giuseppe Vegas e il secondo prenderà il posto di Paolo Troiano. La designazione di entrambi da parte del governo è avvenuta lo scorso 22 dicembre. Il 17 gennaio scorso il Parlamento ha espresso il parere favorevole. Per completare la procedura il consiglio dei ministri dovrebbe procedere alla formulazione della proposta di nomina ufficiale da portare al Quirinale per il decreto presidenziale che spetta al capo dello Stato. Ma l’iter si è improvvisamente bloccato. Sono passate più di tre settimane dal via libera delle commissioni Finanze di Camera e Senato e tutto (o meglio, quasi tutto, perché Ciocca ieri è stato ufficialmente “proposto”) è rimasto congelato. E non è un caso.
È infatti in corso ormai da giorni un vero e proprio braccio di ferro tra il presidente in pectore e l’amministrazione di Palazzo Chigi. Il motivo? Come trasferirsi dal punto di vista amministrativo da Bruxelles a Milano. Sì, perché Nava è al momento un alto funzionario della Commissione europea. Il suo ruolo è direttore per il monitoraggio del sistema finanziario e gestione delle crisi presso la Direzione generale dedicata ai servizi finanziari. E la disfida si concentra su due parole: aspettativa o distacco. Le autorità italiane, infatti, hanno fatto capire al nuovo presidente che la soluzione preferibile – anche per rispondere al requisito di indipendenza della Consob – sarebbe quella dell’aspettativa.
Una formula che garantisce una separazione netta tra i due incarichi.
Nava, invece, ha insistito fin dall’inizio per il distacco. Una strada che assicurerebbe qualche vantaggio in più dal punto di vista della carriera. Con il distacco tutti gli scatti di carriera interni alla Commissione europea non verrebbero persi nel periodo (il mandato dura sette anni) trascorso in Italia. Nel governo e in Consob hanno anche valutato in questi giorni che mantenere lo status di funzionario comunitario comporta qualche vantaggio fiscale. Il tetto dei 240 mila euro di stipendio previsto dalla legge italiana verrebbe comunque osservato e sarebbe in ogni caso l’organismo italiano a pagarlo ma con una tassazione ben più bassa rispetto alle nostre (i funzionari europei godono di una tassazione agevolata).
Alla fine Nava ha ricevuto la garanzia di poter usufruire dell’ipotesi preferita, quella appunto del distacco. A Palazzo Chigi sono dovuti ricorrere a due precedenti del 2011, simili ma non identici. Quando entrò in carica il governo di Mario Monti, l’allora presidente del consiglio portò con se due collaboratori: Betti Olivi (ufficio stampa) e Stefano Grassi (consigliere economico).
Entrambi erano dipendenti della Commissione europea ed entrambi ottennero il distacco.
Che la tensione sia ancora in corso, però, lo dimostra una circostanza che si è verificata proprio ieri al Consiglio dei ministri. Che ha proceduto alla formalizzazione della proposta per Paolo Ciocca. Solo per lui.
Quest’ultimo infatti, fino a dicembre ricopriva l’incarico di vicedirettore del Dis (il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). E con ogni probabilità non gradiva l’idea di rimandare troppo a lungo la nomina, anche perchè rischiava di non percepire lo stipendio né dal Dis né dalla Consob.
Ma c’è un altro motivo che sta facendo ritardare di un bel po’ l’insediamento di Nava. Il funzionario europeo sta lavorando a un progetto che riguarda una forma molto embrionale di eurobond. Si chiamano Sbs (Sovereign backed securities). Si tratta di bond europei collateralizzati, ossia garantiti, dai titoli di Stato nazionali. Senza dunque una vera responsabilità comune dell’Unione. Nava avrebbe chiesto di arrivare in Italia una volta concluso il lavoro sugli Sbs. Non a caso molti ritengono che sarà effettivamente presidente della Consob non prima di aprile, lasciando così l’Autorità incompleta per almeno cinque mesi. E così c’è una questione ulteriore in via di valutazione. Se l’idea dei nuovi bond europei collateralizzati prenderà effettivamente forma, chi dovrà autorizzarli sul mercato italiano?
La Consob.