Corriere della Sera, 9 febbraio 2018
Matilda De Angelis, stella a Berlino: sono un’attrice per caso
«L’ennesimo regalo che la vita mi sta facendo da due anni a questa». Si chiama Matilda De Angelis, bolognese, 22 anni, sarà la «Shooting star italiana» al prossimo Festival di Berlino, tra i talenti che i giurati dell’Efp (European Film Promotion) suggeriscono di tenere d’occhio. Finora, i segnalati, si sono fatti notare: tra gli stranieri, Daniel Craig o Alicia Vikander, tra i nostri, Alba Rohrwacher, Stefano Accorsi, fino al più recente Alessandro Borghi. «La lista fa venire la pelle d’oca – ammette la diretta interessata – prendo questo onore seriamente e insieme in modo spensierato». Anche perché la motivazione è piuttosto impegnativa: «C’è qualcosa che lei non sappia fare? Attrice, cantante, musicista, Matilda De Angelis ha lasciato i membri della giuria sbalorditi con la forte interpretazione in Veloce come il vento …».
Ovvero il film che le ha cambiato vita. «Tutto è successo abbastanza per caso, cercavano attori non professionisti e io già da un paio d’anni suonavo in una band, i Rumba de Bodas, pensando che la musica sarebbe stato il mio futuro». Non fosse stato per sua madre, forse non avrebbe neanche attraversato questa sliding door. «Un bel paradosso, io per niente mammona che vado al provino spinta dalla mamma. Lei stava facendo il cammino di Santiago di Compostela, al telefono mi ha convinto a partecipare. Mi sono affidata all’istinto e il regista, Matteo Rovere, mi ha scelto. Sul set ero come in apnea, mi lasciavo guidare da lui, Accorsi e Roberta Mattei». Non ha più smesso di recitare: le tre stagioni di Tutto può succedere, la trasferta veneziana per Una famiglia di Sebastiano Riso, di recente Il premio di Alessandro Gassmann. In uscita, Youtopia di Berardo Carboni.
«La musica è stata il mio primo palcoscenico, sui set avevo paura di non essere preparata e sento la voglia di meritarmi di far parte di questo mondo, studiare, diventare un’attrice vera, superando l’appellativo lusinghiero di rivelazione».
La musica resta la sua linfa vitale. «Non potrei smettere di suonare, come non potrei smettere di respirare». Bolognese di collina («Dalla parte opposta dei colli cantati da Cremonini»), a suo modo figlia d’arte. «I miei genitori sono persone creative, mio padre fa il grafico pubblicitario e fumettista, arrivò a Bologna dal Veneto negli anni di Andrea Pazienza, quando la città bruciava di menti geniali, arte e cultura. Sono cresciuta in un ambiente libero, anche musicalmente ho avuto molte influenze familiari».
Da bambina ha iniziato a suonare chitarra e violino, con la band ha suonato in tutta Europa, come artista di strada. «Continuo a scrivere canzoni, sogno prima o poi un album più intimo e cantautorale».
Da Bologna nel frattempo si è trasferita a Roma. «Pensavo di venirci ogni tanto per lavoro, ma il cambiamento mi ha investito come un’onda di Hokusai. Il passaggio però non è stato traumatico, abito con la mia migliore amica dai tempi del liceo, lei è stata presa al Centro Sperimentale, studia direzione della fotografia, condividiamo questa città, bellissima e terrificante». E tanti sogni. «Per me, da una serie internazionale per Netflix a un film con il regista Xavier Dolan. Non mi pongo limiti».