Corriere della Sera, 9 febbraio 2018
Barzagli accende un Faro in Sicilia. «Pronto a comprare nuovi vigneti»
Andrea Barzagli ha appena concluso l’allenamento a Vinovo. Sulla maglia 33 scudetti, in cantina 3 premi del Gambero rosso, il massimo punteggio (3 bicchieri), dal 2016 ad oggi per il suo vino di punta, il Faro dell’azienda Casematte. Si è innamorato in fretta del mondo del vino. Perché «l’amore, come ogni buon rigorista, prima di tirare in porta non piglia troppa rincorsa» (Gesualdo Bufalino).
Il campione del mondo azzurro (Germania 2006) mostra i suoi vini anche allo stadio. «Ho portato il mio vino a tutta la squadra – racconta – molti l’hanno apprezzato. Chi ne capisce di più? Claudio Marchisio e Mario Mandžuki. Al di là dei gusti personali, il mio Faro è un vino facile da capire». Niente brindisi collettivo dei bianconeri. «Siamo atleti e non possiamo bere vino ogni giorno – spiega – ma quando siamo liberi qualche bottiglia la stappiamo».
Trentasei anni, toscano, Barzagli ha eletto la Sicilia (di Bufalino) come suo pianeta del vino. È sbarcato in una piccola Doc, Faro, di fronte al mare di Messina. Tra Capo Faro e Monte Poverello le viti crescono da secoli. Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera e Nero d’Avola. Nell’Ottocento c’erano 40 mila ettari di filari. Lo scrive il barone Placido Arena-Primo nella «Storia civile di Messina»: in «questa parte di lido l’occhio contempla le ridenti colline; e tutto ché sabbiose, l’arte vi giunge a farle fruttificare, e producono quella squisitezza di vini che provvedono le laute mense del Tamigi». Poi la fuga. Alla fine degli anni Ottanta era sopravvissuta una manciata di vignaioli. Fino a quando un architetto, Salvatore Geraci, si fece convincere da Luigi Veronelli a «salvare le vigne eroiche». E la Doc, varata nel 1976, è risorta. L’arrivo di Barzagli è la consacrazione di questa rinascita. Ora una decina di aziende occupa 30 ettari.
«Ho iniziato questa avventura per caso, grazie al mio amico siciliano Gianfranco Sabbatino, un commercialista», dice il calciatore. Era arrivato in Sicilia, al Palermo, dopo il debutto in serie A con il Chievo. Ricorda: «Sono entrato nella cantina come socio, poi quella del vino è diventata una vera passione». «Passo alle Casematte le mie estati, durante l’anno affido tutto a Gianfranco, all’enologo Carlo Ferrini, gli impegni sportivi mi impediscono di seguire da vicino l’attività». Non è stata un’annata semplice, l’ultima. «Come molti abbiamo dovuto ridurre la quantità prodotta, ma siamo comunque a quota 40 mila bottiglie. Possiamo contare su 6 ettari vitati, ma puntiamo a crescere. Ci abbiamo messo un po’ per arrivare alla qualità su cui puntavamo, ce l’abbiamo fatta».
Nello spogliatoio juventino c’è una gara non dichiarata sul vino. Perché anche il nome del capitano, Gigi Buffon, campeggia su tre etichette, sulle bottiglie pugliesi del dirigente sportivo Fabio Cordella: Negramaro, Primitivo e Chardonnay. Barzaglidribbla: «Sì, so che anche Buffon ha qualche etichetta». A differenza del compagno di squadra, Barzagli è socio della cantina nata nel 2008. Si è fatto trasportare. Nel suo profilo Instagram si raffigura in cantina con citazioni ispirate. Come quella di Salvador Dalí: «I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti».
Oltre alle uve della Doc Faro nei 6 ettari di proprietà e nei due in affitto (tutti in regime biologico) crescono filari di Carricante e Grillo. Il nome dell’azienda deriva dalle tre casematte usati nella Prima e Seconda guerra mondiale, inamovibili nel vigneto principale, a 500 metri d’altezza. Il Faro di Casematte è fresco e succoso, profuma di rose e spezie. Con il giusto slancio, «come ogni buon rigorista».