Libero, 7 febbraio 2018
Le amazzoni dell’aria, incubo dei nazisti
Le chiamavano «streghe della notte», in tedesco Nachthexen. Perché agivano di notte, precise, audaci, imprendibili. Coi loro piccoli aerei di legno e di tela, all’apparenza quasi dei giocattoli, sfrecciavano nel buio, invisibili ai radar e alla contraerea tedesca. E perciò più efficaci dei grossi aerei militari. Ma chi si nascondeva in quei bimotori? Ragazze. Giovani donne russe. Studentesse, operaie, madri, single. Un reggimento tutto al femminile, il 588, nato in circostanze eccezionali. Un gruppo di donne che dà origine a un’avventura, umana oltre che politica e militare, per molti versi straordinaria. Ritanna Armeni racconta questa storia in Una donna può tutto (Ponte delle Grazie, 16 euro), in libreria dall’8 febbraio. Un libro che nasce da lunghi pomeriggi invernali passati dall’autrice nella casa moscovita dell’ultima “strega” vivente, Irina Rakobolskaja, 96 anni, vicecomandante del reggimento, poi diventata una fisica riconosciuta, morta poco prima che il libro fosse stampato.
Il primo aspetto avvincente del libro è proprio il doppio filo narrativo attraverso cui ci accompagna: la storia di queste ragazze-pilota, ma anche la storia del suo personale incontro con Irina, dei tè con pasticcini che intervallavano le lunghe chiacchierate, del cappellino di lana sotto cui l’anziana donna raccoglie i capelli, dei suoi silenzi, delle risate, della determinazione con cui sceglie, a dispetto degli appunti fitti di domande dell’autrice, cosa raccontare, cosa no e quando, del dolore trattenuto che accompagna e seleziona i suoi ricordi. È la voce di questa donna, pare di sentirla e di vederla, che ci introduce nell’eccezionalità di questa storia e che, nello stesso tempo, evita ogni ideologia o sentimentalismo, restituendo anche l’eroismo alla complessità delle vicende umane.
ARMATA RUSSA
Tutto inizia nel giugno 1941, quando Irina è una studentessa di Fisica e i tedeschi avanzano inesorabilmente. Nemmeno la potenza dell’Armata russa riesce a fermarli. Stalingrado è assediata, le campagne distrutte, ormai la Wehrmacht, l’esercito di Hitler, è a poche decine di chilometri da Mosca. Stalin chiama il popolo russo a un impegno eccezionale per difendere la patria.
Irina, come tutti gli studenti, è ansiosa di fare qualcosa. Lei come i suoi due amici, Dmitrij e Michail, con cui si crea un rapporto che ricorda “Jules e Jim” di Truffaut. La prima svolta del destino arriva con Marina Raskova, leggendaria eroina dell’aviazione sovietica, che decide di andare da Stalin con una richiesta che pare irricevibile: arruolare le donne per il fronte. Farle volare come gli uomini. Lì per lì il capo dell’Urss non ne vuole sapere. Le donne devono stare a casa a curare i figli, aspettare i mariti, al massimo sostituirli nelle fabbriche. Alla fine, incredibilmente, cede alla determinazione di questa donna. Si costituiscono tre reggimenti femminili: il primo formato da cacciabombardieri, il secondo da bombardieri, il terzo da Polikarpov, aerei leggeri e perciò più agili. Tutti al femminile, dai piloti ai navigatori ai meccanici, per evitare una promiscuità che avrebbe potuto creare problemi organizzativi. Partono per il fronte.
“LE PRINCIPESSINE”
Ma il primo ostacolo non è il nemico e nemmeno la morte. È la diffidenza dei colleghi maschi, che all’inizio le chiamano «le principessine». Inizia la sfida delle “streghe”. Come dice Irina, «noi non volevamo essere uguali (agli uomini, n.d.r.), volevamo essere migliori, volevamo fare di più e meglio». E poi quel ritornello attribuito a Marina Raskova e che le ragazze ripetono quando tutto sembra perduto: una donna può tutto. Ma non c’è retorica. Armeni (anzi Irina) non censura affatto le sconfitte, i momenti bui, le perdite umane, gli errori. Eppure, sostenute dalla fortissima amicizia che si crea da loro, pian piano ce la fanno. Diventano veloci, precise, capaci. Arrivano a fare 90 voli a notte, sfidando la morte e la paura. Dormono sull’aereo per sprecare meno tempo. Si inventano nuovi modelli organizzativi per migliorare le prestazioni. Pronte al sacrificio, creative, alla fine vincono la loro personale guerra, dimostrando non solo di non essere da meno dei maschi. Ma di essere, per certi aspetti, migliori. E sono decisive nel costringere alla resa i tedeschi, come alla fine devono riconoscere anche i generali.
Non c’è, in tutto questo, alcun femminismo agiografico. Con una scrittura che trasforma l’accurata indagine storica in un romanzo che non ti molla fino all’ultima pagina, Armeni fa emergere come Irina, le streghe, sono donne tutte intere, perciò complesse. Irriducibili a uno schema. Non tace l’autrice degli amori che, alla fine della guerra, si scopre ci sono stati tra reggimenti femminili e maschili. E perfino della nascita di un bambino che una “strega” porta in grembo per nove mesi, nascondendolo a tutti. Non tace la femminilità che queste donne mantengono, i ricami fatti nelle notti di attesa, la spensieratezza di un bagno in mare. Non tace degli stupri fatti dai soldati russi alle donne tedesche. Finita la guerra, portato a successo questo avanzato esperimento di emancipazione, il reggimento è sciolto. Per ordine di Stalin. Altra delusione e bagno di realtà. Le nostre eroine si trovano a dover combattere un’altra guerra, non meno dura. Trovare la propria strada in tempo di pace, senza ordini e senza nemici alle porte.