Il Sole 24 Ore, 7 febbraio 2018
Niente corsa all’oro. Petrolio e rame resistono alla bufera
La bufera sui mercati finanziari non ha scatenato una corsa all’oro, né ha travolto il comparto delle materie prime, che nel complesso ha subito ribassi moderati, persino nei momenti più convulsi del flash crash a Wall Street. Il lingotto in particolare non ha guadagnato più dell’1% lunedì, spingendosi al massimo fino a 1.341 dollari l’oncia, rialzi più che cancellati ieri, quando è tornato a scambiare sotto quota 1.330 $. Su petrolio e metalli industriali c’è stata qualche vendita (il Brent è sotto 68 $), ma niente di paragonabile a quello che si è visto sui listini azionari. La fuga dal rischio insomma c’è stata, ma gli investitori non sono scappati a gambe levate.
Uno spavento contenuto
Segno che i mercati non stanno ancora spaventando troppo, nonostante l’impennata del Vix. A spiegare la tenuta delle commodities (e forse anche la fiducia in una ripresa delle Borse) è soprattutto la forza dell’economia reale: la crescita globale non solo è la migliore dal 2011 – il Pil dovrebbe salire del 3,9% sia quest’anno che il prossimo secondo il Fondo monetario – ma è anche sincronizzata, ossia non sta lasciando indietro nessuna area del mondo. Per le materie prime si tratta di un volano importante, a maggior ragione perché i consumi corrono in un momento in cui l’offerta non sta facendo altrettanto. Gli investimenti in nuove miniere e giacimenti sono stati tenuti a freno negli ultimi anni, quando i prezzi delle commodities crollavano.
La variabile Opec
E nel caso del petrolio c’è stato un intervento decisivo da parte dell’Opec, che con la Russia e altri alleati ha tagliato la produzione. Se il rally del barile sta perdendo qualche colpo è soprattutto a causa dello shale oil americano, che si è rimesso a crescere all’impazzata, e non tanto (o non ancora) perché si è guastato il clima sui mercati finanziari. Anche per i metalli industriali – che di recente sono in gran parte saliti a record di prezzo pluriennali – la correzione di questi giorni non viene percepita come l’avvio di un’inversione di tendenza. Citi l’addita anzi come un’opportunità di acquisto, invitando gli asset manager ad accrescere l’esposizione al comparto «a spese di obbligazioni e altri strumenti a reddito fisso». Per l’oro lo scenario è più complesso e si intreccia con le sorti del dollaro e dei Treasuries. Il riemergere di timori inflazionistici in teoria dovrebbe favorire il lingotto, ma l’ipotesi che la Fed acceleri la stretta monetaria non aiuta di certo.