Avvenire, 7 febbraio 2018
Sport e abusi, un continente sommerso
Il rapporto tra le molestie sessuali e lo sport è poco indagato, non solo in Italia, ma anche a livello internazionale. Lo sport è un ambiente che viene identificato come sano per principio, i genitori consegnano con grande fiducia i propri figli, fin dalla più tenera età, agli allenatori perché provvedano a formarli attraverso la pratica sportiva. Il mister diventa una figura spesso mitizzata, sostitutiva di quella paterna, inoltre è investito di un enorme potere, perché è in grado di decidere chi gioca e chi siede in panchina anche per più partite, chi gioca l’intero match e chi solo pochi minuti. Episodi di abusi o molestie sessuali nello sport ai danni di minorenni, negli ultimi anni si sono moltiplicati, grazie alle denunce dei genitori per far processare i responsabili di questi gravi reati.
Non vogliamo generalizzare, il mondo dello sport è ricco di persone che grazie al volontariato e alla propria formazione, consentono ad alcuni milioni di bambini e ragazze di crescere attraverso lo sport, ma l’ambiente sportivo è uno degli ambiti meno vigilati e quando si manifestano episodi di violenza o abusi sessuali su minori, si tende a tacere perché la notizia non rovini la reputazione della società o della federazione sportiva.Enrico Cataldi Procuratore generale dello sport, in un recente convegno promosso dal Coni sul tema “Donne e minori lo sport contro la violenza”, ha dichiarato: «Da quando è stata istituita la Procura generale sono stati esaminati 47 casi di abusi su minori o su ragazze. L’atleta, soprattutto nei primi anni della sua vita, individua nel proprio maestro-allenatore una sorta di guida, il modello al quale si ispira. Lo spirito emulativo determinata una sorta di dipendenza psicologica maggiore nello sport di quanto non lo sia in ambiente didattico, come a scuola. Quello dell’abuso sui minori è tema che crea imbarazzo ma non si deve avere paura di parlarne, se si ignora questo fenomeno si rischia di finire nella tacita complicità in gravissimi episodi di questo genere». Spesso incorrono in processi sportivi allenatori già condannati dalla giustizia ordinaria e finiti in carcere, ma in Italia scontata la pena gli allenatori possono tranquillamente tornare ad allenare negli ambienti sportivi dove hanno commesso abusi sessuali e molestie su minori, perché non vi è l’obbligo di presentare il certificato antipedofilia, perciò chi ha subito condanne non è identificabile. Lombardia e Lazio, seguite da Piemonte sono le regioni dove sono stati istituiti il maggior numero di processi sportivi, nella prima soprattutto nel calcio, mentre nel Lazio le molestie si verificano prevalentemente nella pallavolo e nel tennis (dove il rapporto maestro-allieva non prevede la presenza di altre persone), ma processi sportivi sono in corso anche in tutte le altre regioni italiane. Spesso gli allenatori condannati dalla giustizia ordinaria dopo aver scontato la pena, operano in regioni limitrofe dove non sono conosciuti, come ha fatto un allenatore di calcio che, scoperto e condannato in Piemonte, ha poi allenato in Lombardia dove non lo conosceva nessuno, devastando sul piano psicologico la vita di numerosi ragazzini. Giovani vittime di abusi si registrano anche nell’equitazione e nella pallacanestro. Sull’argomento non ha mancato di far sentire la sua voce Federica Pellegrini: «Le mo-lestie sessuali? Purtroppo ci sono anche nel mondo dello sport, se succedesse a me verrebbe fuori, invece accade a povere ragazzine e nessuno lo sa». La campionessa del nuoto, dopo l’oro di Budapest nei 200 stile libero, ha denunciato il fenomeno con coraggio e invitato le ragazze a non postare foto nude sul web. Il fenomeno non è solo italiano, lo testimonia il recente rapporto sul calcio femminile pubblicato dall’associazione mondiale dei calciatori. Al fianco della crescita del fenomeno e dei diritti delle calciatrici, non sempre rispettati, vi è la denuncia degli abusi sessuali subiti dalle calciatrici su scala mondiale, anche professioniste, ma il fenomeno è alquanto diffuso soprattutto tra le donne dilettanti. L’Associazione mondiale calciatori fa sapere che circa il 3,5% delle donne impegnate nel gioco del calcio sono oggetto di abusi, una su cinque è abusata da dirigenti del club dove giocano, mentre circa il 40% degli abusi provengono dall’allenatore o dal suo staff, il 30% dai tifosi. A testimonianza di questo dato c’è la decisione della Federcalcio inglese, che ha decretato pochi mesi fa l’allontanamento dell’allenatore della nazionale giovanile di calcio femminile under 18 Mark Simpson, per aver abusato di giovani calciatrici quando allenava la Bristol Academy. Due anni fa sono state 900 le denunce raccolte dalla polizia di 19 contee per violenze sessuali verificatesi ai danni di minori nei campionati di calcio inglesi. La decisione di condurre indagini approfondite sugli abusi sessuali che si verificano nel mondo dello sport ai danni di minori, è stata recentemente presa anche in Olanda dal ministro dello sport, che ha deciso di raccogliere le denunce dei famigliari di bambini e bambine abusati. Senza criminalizzare tutto lo sport italiano, anche nel nostro Paese occorrerebbe incentivare le famiglie a denunciare episodi di abusi sia presso le forze dell’ordine sia presso gli organismi sportivi federali e associativi. Provvedere alla formazione di personale specializzato è un passo indispensabile per il mondo dello sport, insieme a campagne di informazione promosse in collaborazione con le istituzioni. Il silenzio e l’omertà nello sport italiano sull’abuso e le molestie sessuali sono ancora grandi, ma non c’è più tempo da perdere perché di mezzo ci sono vite di bambini e bambine che hanno avuto conseguenze devastanti e soprattutto si potrebbero evitare nuove vittime.