Libero, 6 febbraio 2018
Ve la raccontiamo noi Giorgia Meloni
L’idea è di Giorgia Meloni, 41 anni, presidente di Fratelli d’Italia. Ha organizzato una kermesse nazionale contro «l’inciucio». Si farà il 18 febbraio. Questa pensata dice molto di lei. È la politica meno manovriera d’Italia. Non ha tattiche. Nessun machiavellismo. «Non ci fa, ci è», dicono pure quelli di sinistra che la invitano ai talk show. Urla ma non si sovrappone, studia le cose da dire, non quelle che sarebbe opportuno ripetere. Ingenua o pura, vedete voi. Desidera che il centrodestra, in tutti i suoi elementi, proclami che se la coalizione non ha la maggioranza assoluta dei seggi chieda e ottenga nuove elezioni. Vuole una specie di giuramento coram populo. Come Muzio Scevola, Giorgia appoggerebbe la mano (destra, ovvio) sul braciere. Berlusconi invece mette le mani avanti, verso il medesimo braciere, ma per prudenza le tiene un metro indietro. Dice che non si porrà il problema. Si vincerà alla grande. Dunque giurare sull’impossibile mena gramo. Poi però nel momento in cui invita a non chiamare inciucio una faccenda che è nobilitata da 60 anni in Germania con il nome di «Grosse Koalition», capiscono tutti che un pensierino ce l’ha. E lei si arrabbia. Matteo Salvini ovvio, l’ha detto e ridetto, che non accetterà compromessi, ma il raduno, siccome non è una sua trovata, lo entusiasma poco. La quarta gamba invece è d’accordo, era pronta a firmare il patto nella sede di Libero. Probabilmente parteciperebbe però anche a una manifestazione a favore delle larghe intese, «per senso di responsabilità-tàtà».
SIMPATIA BIPARTISAN
E forse la cosa più politica sarebbe essere meno tetragoni nel predire i propri comportamenti futuri. Ma Giorgia Meloni è così. E la sua sincerità piace a tutti, scavalca gli schieramenti. Persino a sinistra e tra i grillini raccoglie simpatia. Sarebbe un’arma di attrazione di massa persino nella gremita platea degli astenuti. Accade così per le squadre di centro classifica nel calcio: una volta era il Chievo, poi l’Empoli. Tanto non vincono mai. E ci si permette la battuta da club nautico per la popolana. Antonio Polito, di solito politically correct come tutto il suo Corriere della Sera, ma anche acuto, con lei è sprofondato nella spiritosaggine da club nautico. «È una ragazza pon pon, prima di Fini, poi di Berlusconi, ora di Salvini». Giorgia ha replicato: «Con un uomo non avrebbe mai usato l’immagine di una in mutande». Non dice slip, body, scosciata, dice mutande. La gente dice mutande. Il fatto è che la sottovalutano tutti. Noi no. La nostra tesi è che se avesse un partito, e non una semplice e simpatica compagnia di ex camerati, più il gigante buono Guido Crosetto, potrebbe davvero essere la prima premier donna. Non una Thatcher non ha gli stessi natali nei piani alti, ma una nostra Golda Meir sì.
La sua storia è bellissima, come il suo presente. Ci sarebbe da costruirci una storytelling (o narrazione) che farebbe impazzire gli spin-doctor americani. Dicono di Giorgia Meloni, mamma di Ginevra, compagna di Andrea, sia troppo romana, con quell’accento della Garbatella a chiuderla a chiave tra il Tevere e l’Aniene. È una panzana degli invidiosi. Tutti i leader naturali non riescono a stingere la propria origine, salvo perdere l’anima. Non se ne vergognano. Così come hanno i loro sentimenti ma non ne abusano, e ci fanno su un po’ d’ironia.
MAMMA PATRIOTA
Invito a cercare un video. Dura poco. Mattino Cinque, ore 9,23, 29 gennaio. Le chiedono della piccola Ginevra. Lei è così lontana, lei gira a far politica. Subito si chiude, mette conserte le braccia, per pudore, e così si scopre di più. Le chiedono, cosa vorrebbe scrivesse di lei in un tema sua figlia tra qualche anno: «Che ha una mamma patriota, una persona che ha fatto tutto quello che poteva per lei e per il posto dove abita. Cerco di tenere in bilico le cose». Insistono: ma non c’è il rischio che sua figlia dica che sua madre è una patriota ma che la vede poco? E lei? Dice in un sospiro: «Certo». E gira la faccia, si morde le labbra col rossetto, e non sa più dir nulla, piange e sorride, risorride.
Fantastico.
Viene in mente tutta la sua vita. Mescolanza di affetti e politica, inscindibili, impastati in lei: fata e lupa.
IL VOLO DEI GABBIANI
Il padre era comunista, la madre di una destra alla Predappio. L’uomo prende una barca a vela, ci investe i risparmi, e se ne va alle Canarie dove apre un ristorante, e addio. Lascia due sorelline. Che giocando ai fiammiferi e alle candele incendiano la casa. Sul serio. A quindici anni, dinanzi allo spettacolo della politica ladra, e dopo gli assassinii di Falcone e Borsellino bussa a una sezione del Movimento sociale. Non è nostalgica di niente. Sogna «una politica candida come la neve». Ideali, valori, purezza. E lì s’imbatte in qualcosa che corrisponde al suo desiderio. La comunità politica detta i Gabbiani, il cui leader è Fabio Rampelli, un giovane architetto, nazionale di nuoto e intellettuale. I Gabbiani, con quel nome alato, non fanno solo politica, ma è un circolo umanamente totalizzante. Sono quella che i nemici chiamano una setta, ma che è anzitutto un’amicizia con un’idea forte e cristallina del mondo, e il sogno di cambiarlo, mantenendosi uniti e il resto accada. Parsifal, gli Hobbit. Giorgia fonda un gruppo studentesco che si chiama spiritosamente «Gli Antenati», nulla di manganellatorio né militaresco. Una leader nata. Ce n’erano altre di comunità politiche di destra, ma non hanno resistito allo strappo di Gianfranco Fini e Alleanza nazionale. Loro invece erano troppo amici per sparpagliarsi. C’era un sottofondo umano di fidanzamenti, amicizie, studi, politica che consentì loro di resistere nel nuovo contenitore.
Si ritrovavano (ancora oggi?) tutti i lunedì alle 7 della sera al «Richiamo del corno», nella sede storica di Colle Oppio. A condurre le meditazioni oltre a Rampelli, ci sono Marco Marsilio, Marco Scuria... Hanno idee di destra? Sì ma imprevedibili nelle applicazioni. Si ritrovano a leggere un articolo di giornale, dopo di che interventi liberi. Oppure una pagina di Tolkien o Jünger, e fin qui siamo nel consueto, ma anche di Buzzati, Pasolini. Nel 2000, Giorgia si innamora di una causa apparentemente tipica della sinistra: il Fronte del Polisario! Va in tenda, a difendere i neri Sharawi nella loro volontà d’indipendenza dai maghrebini del Marocco e dagli spagnoli. Islamici sì ma diversi. Si mantiene facendo la cameriera alla discoteca Piper (gli altri politici della sua generazione lo frequentavano dall’altro lato dell’aperitivo), fa la babysitter e capita in casa di Fiorello, che avendola conosciuta sul lavoro, brava e capace, fa una dichiarazione di voto a suo favore.
TRADIZIONE E MODERNITÀ
È stata vicepresidente della Camera a 29 anni: la stessa età di Luigi Di Maio. Ma che differenza, un’altra categoria. Non solo per i congiuntivi, ma per la testa. La stessa che conserva da ministro per la Gioventù. Ha in mente l’esperienza dei suoi coetanei sbalestrati e dei Gabbiani. Fa stanziare trecento milioni per circoli, borse di studio, percorsi formativi, non dà mance alla Renzi. Si stacca da Fini, ma anche da Berlusconi sin dal 2012. Ma non smette di ragionare in termini di alleanze. Non si sposta di un millimetro dalle sue convinzioni. Tradizione e modernità. Niente aborto, no a matrimoni omosessuali, e soprattutto niente adozioni gay. Asili nido gratuiti. Presepi nelle scuole (e a casa sua), guai a chi tocca i crocifissi. No all’immigrazione, disponibile a fare però la missionaria in Africa per difendere le culture aborigene dall’invadenza delle multinazionali.
Adesso la prendono in giro perché dalla coda di cavallo e dai blue-jeans e giacca a vento è passata al tailleur e al fondotinta, persino ai tacchi. Dice che lo fa un po’ per piacere agli altri, ma soprattutto al suo uomo. La rimproverano perché sarebbe incoerente. È a favore del matrimonio tradizionale, poi però convive senza sposarsi. Chi le vuol bene dice di lei: lei si sposerebbe subito, ma toccherebbe all’uomo farle la proposta. I consiglieri d’immagine sostengono che farebbe bene a convolare a nozze, e sarebbe perfetta per un’ascesa di consensi. C’è qualcosa di più prezioso dell’immagine, dice lei: ed è il rispetto di chi ami. D’accordo. Ma Andrea, che aspetti? Hai paura di fare la figura del marito della Merkel? Sbagliato. Giorgia le larghe intese non le farebbe mai...