La Stampa, 7 febbraio 2018
Trent’anni dopo il geometra Antonacci duetta con Baglioni
Trent’anni fa, come oggi, Biagio Antonacci era sulla strada di Sanremo, dove avrebbe esordito con Voglio vivere in un attimo. «Lavoravo come geometra, ogni mattina mi svegliavo all’alba, aprivo il cantiere alle 6.30 nella nebbia della periferia sud di Milano. Avevo 24 anni, due giorni prima avevo firmato il contratto con la casa discografica ed ero andato con mia madre a comprarmi la giacca per il Festival. Non ero mai stato in tv. Il pezzo l’avevo scritto con Ron, l’album uscì solo l’anno dopo. Passai all’una meno venti, mio fratello già dormiva, fu svegliato da mio padre: “Vieni, che c’è Biagio a Sanremo”. Fui subito eliminato, due giorni dopo ero di nuovo in cantiere. Ho pensato che fosse finita lì, ma le voci amiche mi dicevano di non mollare, che ce l’avrei fatta. Ed erano voci importanti, come quella di Ron, Massimo Luca, Vince Tempera. Curioso, oggi come allora Ron era in gara: nel 1988 cantava Il mondo avrà una grande anima».
Un sì dopo tanti no
Trent’anni dopo, Biagio Antonacci torna a Sanremo come ospite, anzi, super-ospite: «Dopo quella volta – racconta – in più d’una occasione al Festival ho detto no. Volevo farcela da solo, cavalcare il sogno, e oggi sono qui, con una storia in ascesa partita da una delusione. Perché poi, tornato a casa, ripresi a fare il geometra: lasciai il cantiere a 29 anni, quando il mio terzo album entrò nella Top 20 e con le serate guadagnavo più dello stipendio da geometra. E non fu facile cancellare quel senso di responsabilità che mi portavo dentro: mi sentivo in colpa con me stesso per i tempi morti del mio nuovo lavoro, le giornate in cui stavo fermo, mi mancava il cantiere. Che gavetta, che bello poterlo raccontare».
Trent’anni dopo, Biagio duetta con Claudio Baglioni in Mille giorni di te e di me, dall’album Oltre, uscito a fine 1990: «È il periodo in cui io iniziai a seguirlo, fino a diventare un suo fan, non ho vergogna a dirlo. Sono cresciuto con il rock e con un po’ di Dalla e Venditti, Baglioni lo seguo di più da quando scrivo canzoni. Racconta i sentimenti in chiave poetica, l’ho studiato e visto dal vivo molte volte, ma è difficile, forse impossibile, da imitare. Divide le parole in modo molto moderno, i testi sono intelligenti e inusuali, ed è un interprete eccellente, con bassi profondi e tonalità anche altissime. Con lui ho cantato diverse volte, abbiamo duettato in Se io, se lei, quando abbiamo provato per questo Festival Mille giorni l’abbiamo cantata tre volte. Gliel’ho chiesto io di rifarla, mi gasava, io pensavo alla tecnica, lui ce l’aveva dentro: alla fine l’ho abbracciato».
Elogio alla generosità
Per Baglioni, Biagio ha parole dolci: «Bisogna fare un elogio a quest’uomo. Intanto, perché è un uomo gentile, una delle persone più gentili che io abbia incontrato, e non solo nell’ambiente della musica. Si mette in gioco dopo un Sanremo di grande successo, fa condurre gli altri, lui si occupa della musica. Questo Festival è un’impresa, ardua, di cui non aveva bisogno. Forse perché anche a me piacerebbe un giorno fare qualcosa di simile, riconosco a Claudio una generosità enorme».
Il che ci porta all’altra canzone che Biagio canterà stasera: «È Fortuna che ci sei (dall’album Dediche e manie, ndr), un inno alla generosità, alle persone che hanno fatto qualcosa per gli altri, che gli hanno regalato il potere che non avevano. Sono impegnato in un tour che mi sta dando soddisfazioni al di sopra delle aspettative. E il futuro? Per me si chiamerà “semplicità”, sarà la possibilità di prendere la chitarra e portare le mie canzoni ovunque. In macchina ora ho sempre una chitarra pronta all’uso».