La Stampa, 7 febbraio 2018
Intesa dimezza i crediti dubbi e converte i titoli di risparmio
L’ambizione non manca. «Vogliamo diventare la banca numero uno in Europa», dice l’ad Carlo Messina presentando il nuovo piano d’impresa di Intesa Sanpaolo che indica per il 2021 una strada che diversifica i ricavi puntando sulla gestione dei patrimoni e sulle polizze danni. Dopo aver portato a casa i precedenti obiettivi – anche i più sfidanti, come la distribuzione in 4 anni di 10 miliardi di euro in cedole, 3,4 miliardi l’anno passato – e aver chiuso il bilancio 2017 con 7,31 miliardi di utili (3,8 miliardi, senza il contributo pubblico di 3,5 miliardi per l’accollo di Veneto Banca e Popolare di Vicenza) ora si guarda al 2021 con l’obiettivo di arrivare a 6 miliardi di profitti. Utili che saranno da distribuire all’85% nel 2018, 80% nel 2019, 75% nel 2020 e 70% nel 2021. Cifre complessive, però, il banchiere non le dà, anche se c’è chi ipotizza 14 miliardi, cedole generose anche grazie a indici patrimoniali (Cet1 al 13,1% al 2021) che non temono impatti dalle nuove regole. Il mercato apprezza, il titolo di Intesa resiste (+0,66% a 3,10 euro) in una giornata nera per le Borse. E con 52 miliardi di capitalizzazione sfila all’Eni il primato di Piazza Affari. Meglio ancora fanno le azioni di risparmio che balzano del 7,34% a 3,20 euro, con l’annuncio dell’istituto di voler sottoporre all’assemblea la conversione obbligatoria in ordinarie: lo scambio avverrà sulla base di un rapporto pari a 1,04 azioni ordinarie per ogni risparmio, senza conguagli. Ma «gli elementi qualificanti» del piano sono riduzione del rischio, taglio dei costi e crescita dei ricavi, «molto più del pagamento dei dividendi», avverte Messina. Anzitutto la banca si adopererà nel «togliere di mezzo una volta per tutte il problema» dei crediti dubbi (npl). Per Intesa si tratta di fare «i compiti a casa», dice il banchiere, «ma ora è tempo che sia fatto lo stesso lavoro per Francia e Germania» e i loro istituti carichi di attività illiquide finora rimaste fuori dal faro della Bce. Intesa intanto dimezzerà gli npl, da 52,1 miliardi lordi di fine 2017 a 26,4 miliardi nel 2021. L’incidenza sul totale dei crediti scenderà dall’11,9 al 6% e, al netto, dal 5,5% al 2,9%. L’aumento della copertura degli npl al 57% permetterà di mantenere una strategia flessibile tra la gestione interna dei crediti dubbi o la vendita («senza costi per gli azionisti»), per cui sarebbero in corso trattative su stock di 10 miliardi o più. «La pressione del regolatore è diventata così forte che è meglio diversificare la capacità di riduzione». La piattaforma di «servicing» per gli npl sarà societarizzata e aperta a possibili partnership: da tempo si parla di Intrum Justitia.
Giù anche i costi. Verranno meno 1.100 filiali, 12 banche saranno fuse nella capogruppo (tra cui Imi e Banco di Napoli). Possibili cessioni immobiliari per 1-1,5 miliardi. A Milano sorgerà la nuova sede in una cittadella nell’area dell’Expo o lì vicino. C’è poi la crescita dei ricavi. Intesa vuole diventare la prima compagnia di assicurazioni danni retail «non motor» (veicoli esclusi), passando da 400 milioni di premi a 2,5 miliardi nel 2021. Forte spinta al risparmio gestito: l’obiettivo per Eurizon è che da 314 raggiunga 400 miliardi di masse. Si cerca poi un’alleanza, già nel 2018, con un operatore industriale globale. Previste partnership nel wealth management anche in Cina. Non manca l’impegno sociale, su cui la banca cerca di divenire «un modello di riferimento a livello mondiale». Erogherà 1,2 miliardi di prestiti a categorie con difficoltà di accesso al credito. Intanto la Fabi apre alla nuova strategia: «Se l’ad Messina continuerà ad avere la sensibilità e l’attenzione fin qui dimostrate verso il personale – dice il segretario Lando Sileoni -, il nuovo piano potrà avere successo e la nostra condivisione».