la Repubblica, 7 febbraio 2018
Il pilota bambino in cui la Mercedes rivede Hamilton
C’è un Kimi che va veloce.
Ma corre per la Mercedes. Né Hamilton né Vettel né gli altri hanno motivo di preoccuparsi, però. Perché il Kimi di cui stiamo parlando loro non lo incroceranno mai: sono troppo vecchi.
Il nome completo del ragazzo è Andrea Kimi Antonelli, 12 anni da compiere ad agosto, e nei prossimi giorni firmerà un contratto con la casa di Stoccarda. Si chiama Kimi più per caso che per devozione al più noto Raikkonen: i suoi erano a Montecarlo pochi giorni prima del parto e un loro amico gli suggerì di aggiungere un tocco esotico al nome che avevano scelto. «Una cosa tipo Kimi. Andrea Kimi!» Quel nome ispirato al pilota finlandese non ancora in Ferrari (era solo il 2006, sarebbe arrivato l’anno successivo) si rivelerà una premonizione. Come è stato chiaro a tutti dieci anni dopo.
È il 2016 e siamo alla 24 ore di Le Mans. Andrea, dieci anni, è così piccolo che non arriva al volante.
Ma vuole guidare e così al giovedì gli sistemano un paio di cuscini sul sedile di una postazione al simulatore dei grandi e gli fanno fare una gara con i piloti (veri), quelli che avrebbero corso nel week end. E vince.
A ripensarci oggi è chiaro come quell’exploit fosse solo un altro segno del destino. Ma allora rimasero tutti sbalorditi. Tutti tranne una persona, Giovanni Minardi, figlio di Giancarlo il mitico fondatore dell’omonimo team, e talent scout di gente come Vettel e Alonso, ma anche come Fisichella, Trulli, Morbidelli e Nannini. Evidentemente la capacità di scoprire il talento è un dono di famiglia.
Giovanni non era per niente sorpreso: conosceva bene quel bambino e sapeva di cosa era capace.
Se ne era innamorato due anni prima. Una mattina d’estate del 2014. A Sarno. Durante il “Kart Summer Camp” organizzato dall’Aci. A raccontare i dettagli di un’epifania è proprio Giancarlo Minardi: «Ero a bordo pista con Giovanni. E appena lo vedemmo girare, capimmo. Cosa? E chi lo sa!
Dopo tanti anni posso dire senza paura di sbagliarmi che è impossibile spiegare cosa il talento mostri di sé a quell’età, quali corde questo mandi in risonanza dentro l’osservatore.
Vedi un ragazzino sotto il casco che corre sul kart e senti delle sensazioni. O almeno, io le ho sentite. Mi sono girato verso Giovanni e mi sono accorto che le aveva sentite anche lui».
«Di lui – prova a spiegare Giovanni – mi colpì la disinvoltura paradossalmente innaturale con cui un ragazzino di 8 anni conduceva un kart a 80 all’ora».
Pochi mesi dopo Giovanni propose quel talento alla Ferrari.
Che convocò Andrea Kimi e gli fece provare i suoi simulatori.
Sempre muniti di abbondanti cuscini. I risultati furono sorprendenti, su una F 4 arrivò a ridosso del record assoluto della pista di Fiorano (+6 decimi), su una F2 fece il miglior tempo di giornata sul circuito di Monza. Al dunque, però la Ferrari decise che era troppo rischioso investire su un ragazzino di dieci anni, nonostante l’exploit di Le Mans e nonostante già dall’età di sei anni avesse vinto sui kart. «Aspettiamo che salga su un’auto», dissero. «Poi ne riparliamo». Invece, ne ha riparlato la Mercedes. L’affare non è ancora concluso ma è già stato annunciato da Toto Wolff nei giorni scorsi al sito Motorsport.it.
Così il piccolo Antonelli si ritrova catapultato sulle orme di Lewis Hamilton. Anche l’inglese venne messo sotto contratto dalla McLaren di Ron Dennis a 12 anni, dopo un inizio di carriera identico. Sarebbe semplice a questo punto accusare il Cavallino di essersi lasciato scappare un talento cristallino cresciuto a 40 km di distanza dalla fabbrica. Ma sarebbe anche ingiusto: scommettere su piloti così giovani è molto complesso da ogni punto di vista. Sono come i baby calciatori. Non basta individuarne il talento; occorre anche la voglia e la possibilità di correre dei rischi: «Il percorso che si trova davanti un pilota come Andrea Kimi spiega Giovanni Minardi – è molto lungo e pieno di imprevisti».
Imprevisti che Antonelli sembra in grado di affrontare. Figlio d’arte – il papà è ex pilota di Superturismo – si è fatto notare oltre che per la velocità anche per doti molto poco infantili, come la gestione di gara e la serenità nelle situazioni più complesse. «Nel tempo libero – diceva di sè in un’intervista ad Autosprint – mi alleno al simulatore. Mi piacciono i videogame e il calcetto. Faccio anche nuoto. A scuola vado bene; la mia materia preferita è la storia».